Il SACRO GRA – la recensione di DETTI E FUMETTI

 

Chiamare “sacro” il grande raccordo anulare di Roma, anello d’asfalto dove ogni giorno centinaia di migliaia di romani smadonnano, imprecano, sudano, si ammucchiano in un fiume ininterrotto di lamiere. Nell’apparente ossimoro del titolo sta tutta la genialità di Gianfranco Rosi, che ha saputo narrare la poesia nascosta su una strada circolare di 70km, la più estesa autostrada urbana d’Italia. Nascoste agli occhi distratti, stanchi o annebbiati dalla fatica degli automobilisti, il GRA raccoglie storie talmente umane da sembrare inventate. Persone invisibili perché outsiders rispetto agli stili di vita imperanti, rappresentati da quelle tante, troppe auto che portano in grembo vite annoiate e spesso inutili.

Ed è così che in un film che è riduttivo chiamare documentario, scorrono le vite di Cesare “l’anguillaro”, Paolo “il nobile piemontese”, Roberto “il barelliere”, Francesco “il palmologo”, Filippo e Xsenia “Il principe e la consorte”, Gaetano “l’attore di fotoromanzi”. Tutti accomunati non solo dalla residenza più o meno lecita presso il Gra, ma anche dall’aver mantenuto un legame con valori e stili di vita antichi e dimenticati.

«La mia è un po’ La grande bellezza di Sorrentino al contrario: va verso fuori, non si cura del centro di Roma”. Così Gianfranco Rosi ha definito il suo capolavoro in una recente intervista. Ed è stato bello vedere i losers di Rosi sfilare a Venezia per ritirare il Leone d’Oro: un riconoscimento all’arte di un Maestro ma anche a quelle vite di confine, con la loro dignità e umiltà, che costituiscono il vero baluardo alla dissoluzione che minaccia di corrodere da dentro (e dal centro) il nostro mondo.

[Stefano Milani per DETTI E FUMETTI – Sezione cinema – Articolo del 20 settembre 2013]-[Illustrazioni di Filippo Novelli] -tutti i diritti riservati

 

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