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WILLY ALIAS DARIO SANTARSIERO INTERVISTA FERNANDA PINTO PER DETTI E FUMETTI

Cari Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti, oggi intervisterò l’attrice Fernanda Pinto. Buona lettura!

La Fernanda Pinto di Filippo Novelli

Allora Fernanda la protagonista della serie web “Casa Surace”, Casa di produzione sul web con 400 milioni di visualizzazioni, enfatizzando l’eterno campanilismo t, sei nata a Napoli il 22/07/95.Ti sei fatta conoscere dal grande pubblico come ra nord e sud. Il tuo primo debutto è a teatro all’età di 16 anni nel musical “Rent in Neapolitan Language”, regia di Enrico Maria Lamanna, in scena al Festival di Benevento Città Spettacolo e al teatro Trianon di Napoli. Partecipi a diversi Stage con Mimmo Borrelli, a teatro, Francesco Munzi, al cinema e con altri esponenti del Musical Italiano. Ti formi presso il laboratorio teatrale Artefia con il maestro e attore Vincenzo Maria Saggese.Con la sua regia partecipi a diversi spettacoli nei maggiori teatri napoletani e al Festival della Filosofia di Velia. Nel 2013 inizi il tuo percorso di formazione come performer presso il laboratorio di Musical Mind the Gap a Napoli, una tra le prime scuole di Musical in Italia, diretto da Fabrizio Miano. Nel 2015 vinci una borsa di studio nella prestigiosa Accademia MTS MUSICAL THE SCHOOL di Milano, scegli però di restare a Napoli, perché nello stesso anno inizi a lavorare con la Casa di Produzione sul Web. Nel 2017 frequenti per circa un anno il Nuovo Teatro Sanità e lavori come attrice protagonista a diversi spettacoli con la regia di Mario Gelardi.  Successivamente: “Ritorno del Mammasantissima” con la regia di Luciano Saltarelli. Nel 2018 ti sei laureata presso l’Università Suor Orsola Benincasa con indirizzo Comunicazione e attualmente prosegui i tuoi studi presso l’Università Federico II di Napoli. Nel  2023 hai lavorato nella compagnia di Vincenzo Salemme con lo spettacolo scritto diretto e interpretato da Vincenzo Salemme dal titolo “ Napoletano? E famme ‘na pizza!”. Hai preso parte in alcune fiction Rai e Mediaset, come un Posto Al Sole, Rosy Abate 2. E come ospite Vip nel programma Pizza Girls in onda su La5.

W. Perché hai deciso di fare l’attrice?

In realtà non ho mai deciso di fare l’attrice. Direi che piuttosto è successo e basta. Ho iniziato un po’ per gioco a casa, poi a scuola, e poi non ho più smesso di giocare!

W. Che senso ha recitare?

Per me più che avere un senso credo sia una risorsa. Ho la possibilità di dare voce a quello che c’è dentro di me, e soprattutto, spesso a quello che non ho. Mi fa sperimentare e soprattutto mi diverto. Sai che c’è finzione, immaginazione, eppure c’è un tacito patto col pubblico, ci crediamo insieme e diventa tutto vero. Ed è bellissimo!

W.Chi ti tenta di più il teatro il cinema o la televisione? E perché?

Ho sempre lavorato maggiormente a teatro e mi piace davvero tantissimo. Però mi tenta tanto il cinema, e spero presto di farne esperienza!

W.Perché hai rinunciato alla borsa di studio dell’Accademia MTS MUSICAL THE SCHOOL di Milano, per la Casa di Produzione Web?

A malincuore rinunciai alla borsa di studio perché si, iniziavo il mio lavoro con Casa Surace, è stato istintivo, anche se non sapevo bene dove mi avrebbe portata quella scelta. Alla fine direi che è andata bene e oggi nonostante mi dispiaccia per non aver iniziato un percorso a Milano, non me ne pento. Il musical è stata una parte importantissima della mia vita e lo è ancora oggi, quindi mai dire mai!

W. E poi Casa Surace, ce ne vuoi parlare?

Faccio parte di Casa Surace da otto anni ormai. All’epoca avevo solo 19 anni ed ero l’unica donna del gruppo. È stato un fulmine a ciel sereno nella mia vita, in senso positivo ovviamente. Inaspettato. Ho imparato molto grazie a questa esperienza insieme a loro e ho ricordi bellissimi. Oggi andiamo avanti, spero con progetti sempre più grandi!

W. Cimentarti come pizzaiola nel programma Pizza Girls in onda su La5, ti ha aperto nuove prospettive?

L’esperienza a Pizza Girls è stata divertente, per una ragazza del SUD atipica che non sa cucinare, soprattutto. Nuove strade non saprei, ma sono una curiosa nel mio lavoro e cerco sempre di impegnarmi in quello che faccio. Non mi dispiacerebbe condurre un programma!

W.Il tuo sogno nel cassetto?

Mi hanno insegnato a non svelare i sogni, si sciupano e poi non si avverano.. posso dire però che è ancora lì nel cassetto. Incrociamo le dita!

W. Bene Fernanda, grazie anche a nome delle Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti per questa interessante chiacchierata!

(DARIO SANTARSIERO PER DETTI E FUMETTI SEZIONE TEATRO – articolo del 2 luglio 2023)

L’ISCHIA FILM FESTIVAL, ARRIVARE CON LA RONDINE

Cari lettori di DETTI E FUMETTI oggi siamo all’ Ischia film festival che si tiene presso la fantastica location del castello aragonese ad Ischia.

L’Ischia Film Festival è un festival cinematografico internazionale specificamente dedicato alle location del cinema. Il festival è realizzato dall’Associazione Culturale Art Movie e Music e il suo ideatore e direttore artistico è Michelangelo Messina.

La prima edizione del festival si è tenuta nel 2003 presso l’isola d’Ischia con il nome di Foreign Film Festival. La manifestazione è nata con l’intento di conferire un riconoscimento artistico alle opere, ai registi, ai direttori della fotografia e agli scenografi che hanno valorizzato luoghi italiani o stranieri per invogliare lo spettatore a visitarne le bellezze.

Il festival, che si svolge in luglio, organizza annualmente il convegno nazionale sul cineturismo. La rassegna cinematografica si compone di tre sezioni competitive dedicate ai cortometraggi e ai documentari, una sezione speciale denominata Primo Piano dedicata ai lungometraggi e una sezione fuori concorso denominata Scenari.

Il festival fa parte dell’AFIC, l’Associazione Italiana Festival di Cinema, cui appartengono altre analoghe manifestazioni nazionali di promozione del cinema italiano. La diciassettesima edizione ha ottenuto l’alto patrocinio del Parlamento Europeo e l’adesione del Presidente della Repubblica con una targa onorifica (fonte wikipedia).

Se volete avere maggiori informazioni sulla edizione del 2023 fate click al link

https://www.ischiafilmfestival.it/index.php/it/i-film/category/best-of-lungometraggi-2023

A noi di DETTI E FUMETTI e’ rimasta impressa la performance di ELODIE, oramai divenuta una artista a tutto tondo, che ha debuttato nel bellissimo film TI MANGIO IL CUORE, gangster movie ambientato in una puglia atavica e pastorale, a mezzastrada tra la Fonteamara di Silone e il Kill Bill di Tarantino, con cui il regista Pippo Mezzapesa ha vinto il Nastro d’argento.

La visita al Castello aragonese vale il viaggio ad Ischia.

In epoca medioevale il castello fu sempre indicato come Insula Minor per distinguerlo dall’Insula Major (l’Isola d’Ischia) che andava lentamente popolandosi.
È a questo periodo che risale l’attuale cripta della Cattedrale dell’Assunta con i suoi pregevoli affreschi.

Due ne ricordiamo:

-La cappella di Maria Maddalena che i Caracciolo fecero erigere per ingrazarsi i reali Angioni dell’epoca

-La cappella di san Gioacchino ( padre di Maria) con illustrata la storia della sua vita: dalla cacciata da Gerusalemme perche’ sterile, alla annunciazione del concepimento di Anna della Vergine Maria.

Il nome attuale di CASTELLO ARAGONESE ha origine dalla dinastia che più delle altre ha impresso all’isolotto la fisionomia che lo caratterizza: Alfonso I d’Aragona che trasformò nel XV secolo d.C. il preesistente Maschio angioino, costruendo le poderose mura difensive, fece scavare nella roccia la galleria di accesso pedonale.

Riferimenti: https://www.castelloaragoneseischia.com/it/news/cappella-dangi%C3%B2-e-cappella-caracciolo-nuove-scoperte-sugli-affreschi-del-castello-aragonese-d

Non puoi dire di aver visto il castello se non lo hai circumnavigato.

Noi di DETTI E FUMETTI lo abbiamo fatto nel miglior modo, ospiti del veliero LA RONDINE, in compagnia dei capitani Virginia e Pietro (figlia e padre)

Una straordinaria storia accompagna il veliero La Rondine

Negli anni venti il nonno di Virginia trasformo’ una delle prime navi cargo a vela (pensate portava persino le auto e il bestiame) in un vero e proprio veliero per navigare il tirreno.

Ci ha raccontato Virginia che trasportava gli ischitani fino in Sardegna e in Sicilia.

Oggi puoi salpare con loro pranzare a bordo e goderti le meraviglie dell’isola accompagnato dal racconto del vulcanico capitano che conosce mille e uno aneddoti dell’isola. L’autenticita’, l’avventura, il romanticismo in una parola: La Rondine.

Cercatela su instgram “larondinechart”

https://instagram.com/larondinecharter?igshid=MzRlODBiNWFlZA==

Ecco alcune foto dei panorami che potete ammirare dalla Rondine.

(Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI – SEZIONE CINEMA – articolo del 2 luglio 2023)

willy il bradipo alias Dario Santarsiero intervista Paola Tiziana Cruciani

Paola Tiziana Cruciani di Filippo Novelli

Cari lettori di Detti e Fumetti, oggi scambierò quattro chiacchiere con l’attrice Paola Tiziana Cruciani

Allora Paola Tiziana sei nata a Roma nel 1958, dal 1979 al 1981 frequenti il primo Laboratorio di Esercitazioni Sceniche diretto da Gigi Proietti, presso il Teatro Brancaccio di Roma, dove ti diplomi. Con i tuoi  colleghi del corso [Patrizia Loreti, Shereen Sabet, Rodolfo Laganà, Massimo WertmüllerSilvio Vannucci]fondate il gruppo comico La Zavorra, iniziando così la tua carriera teatrale e televisiva. Conclusasi nel 1984 l’esperienza con La Zavorra, inizi a lavorare come attrice, autrice e regista. Sono molte, le tue opere portate in scena per citarne alcune [Torno a casa lessa, Cose di casa, Sole 24 ore] o che sono state interpretate da altri. Nella stagione 2008-2009 sei in Ultima chiamata di Josiane Balasko, con Pino Quartullo. A novembre del 2010 impersoni al Teatro Sistina Eusebia nella commedia musicale di Garinei e Giovannini Rugantino, diretta da Enrico Brignano. Nel novembre 2013 sei di nuovo con Enrico Brignano dei panni di Eusebia, in scena nei teatri di Roma, Milano, Firenze e New York.Debutti al cinema nel film Fatto su misura del 1984. Da allora ti ritroviamo caratterista in numerose pellicole; hai collaborato con i registi: Paolo Virzì , Alessandro D’Alatri, Giovanni Veronesi. Nel 1999 sei candidata al David di Donatello come miglior attrice non protagonista per il film Baci e abbracci di Paolo Virzì. Ancora con Virzì reciti in Tutta la vita davanti del 2008. Debutti in Straparole, per la regia di Ugo Gregoretti nel 1981. Seguono diversi varietà come Attore amore mio, Io a modo mio, A come Alice, Al Paradise, Un altro varietà di Antonello Falqui su Rai 2 e molti altri. La tua prima apparizione come attrice in una fiction è in Aeroporto internazionale nel 1985.Nell’ottobre 2008 sei in Anna e i cinque. Nell’aprile 2012 sei con a Gigi Proietti tra i protagonisti della fiction Rai L’ultimo papa re. Nel 2015 sei narratrice di una puntata del programma Techetechete’. Nel gennaio 2019 va in onda la serie La dottoressa Giò, dove interpreti la caposala Gigliola Ardenzi. Negli ultimi anni ti sei dedicata all’insegnamento del mestiere ai giovani aspiranti attori.

DS. Perché hai voluto fare l’attrice?

PTC. Ho sempre amato il teatro e la capacità comunicativa degli attori.

Nel 1976 vidi Gigi Proietti in “A me gli occhi, please”. Andavo ancora al liceo. Tornai a casa e incollai il biglietto sul mio diario, accanto scrissi “ Ho deciso, da grande voglio fare l’attrice”. La fortuna è stata incontrare proprio Gigi.

DS. La scuola di Gigi Proietti cosa ti ha lasciato?

PTC. Tutto quello che so, se so qualcosa, lo devo a Gigi. E’ stato l’incontro più importante della mia vita.

DS. La zavorra è stato il tuo trampolino di lancio

PTC. Decisamente sì.

DS. Quali sono le differenze tra la comicità degli anni 80 e quella attuale?

PTC. All’epoca il varietà si faceva con gli autori e i copioni. Si facevano le prove. Adesso è tutto affidato all’improvvisazione.

DS. Se ti venisse proposto di formare nuovamente un gruppo comico la tua risposta quale sarebbe e perché

PTC. Ogni volta che formo una compagnia per mettere in scena una commedia scritta da me, in fondo creo un un nuovo gruppo comico.

DS. Tu e Rodolfo Laganà avete formato un duo molto affiatato ce ne vuoi parlare?

PTC. Eravamo e siamo molto amici. Abbiamo una comicità simile e ci divertiamo a lavorare insieme. Il segreto è tutto qui.

DS. Che sensazioni provi nel vedere i tuoi allievi muovere i primi passi sul palcoscenico?

PTC. Sono molto orgogliosa. Tifo sempre per loro.

DS. Il tuo sogno nel cassetto?

PTC. Riuscire ad andare in pensione.

DS. Bene Paola Tiziana grazie anche a nome dei lettori di Detti e Fumetti per questa interessante chiacchierata, aspettiamo con impazienza un tuo nuovo spettacolo!

PTC. Non dovrete aspettare molto. Grazie a voi.

[DARIO SANTARSIERO PER DETTI E FUMETTI -SEZIONE CINEMA E TEATRO- ARTICOLO DEL 28 novembre 2022]

WILLY IL BRADIPO ALIAS DARIO SANTARSIERO INTERVISTA RODOLFO LAGANA’

Cari lettori di Detti e Fumetti, oggi scambierò quattro chiacchiere con l’attore e regista Rodolfo Laganà.

Rodolfo Lagana’ – Ritratto di Filippo Novelli

Allora Rodolfo, sei Nato e cresciuto a Roma il 7 marzo 1957, da padre calabrese e madre abruzzese, nel 1979 hai iniziato la tua carriera nel laboratorio teatrale di Gigi Proietti. Dopo esserti diplomato, insieme a Massimo Wertmüller, Paola Tiziana Cruciani, Giorgio Tirabassi e Patrizia Loreti avere creato il sodalizio La Zavorra. Avete partecipato a diverse trasmissioni televisive: il varietà di Rai 1 Al Paradise, i principali autori erano Antonello Falqui e Michele Guardi, riscontrando un notevole successo. Nel 1984 La Zavorra si sciolse. La tua carriera è andata avanti tra il teatro cinema e qualche passaggio nella pubblicità; fino al 2015 quando ti viene diagnosticata la sclerosi multipla. Nonostante la malattia tu continui la tua attività di attore.

W. Perché hai deciso di fare l’attore?

RL Era il 1978 andai al teatro Brancaccio a prendere i biglietti per vedere uno spettacolo di Gigi Proietti “ Gaetanaccio” mi accorsi che da una parte c’erano dei ragazzi in fila; incuriosito mi avvicinai e gli chiesi come mai erano in fila e mi risposero che stavano riempiendo una scheda per partecipare al Primo Laboratorio di Esercitazioni Sceniche diretto dallo stesso Proietti. Risposi ad una serie di domande che mi fece una elegante e garbata signora (Annabella Cerliani); lasciai i miei recapiti pensando” ma figurati se chiamano a me?” Mi chiamarono per telefono e mi dissero di presentarmi il 26 giugno ( e chi se la scorda quella data) per presentarmi al provino di ammissione per la scuola . Lo feci lo superai e mi presero . Incontrai Gigi e la mia vita cambiò. Devo tutto a Gigi. Immediatamente scattò tra noi un rapporto di grande simpatia e complicità che negli anni si e’ trasformato in un grande affetto. Ci volevamo e ci vogliamo un bene infinito.

W. Cosa ti ha lasciato la scuola di Gigi Proietti?

RL Professionalità Serietà Lavoro e tanta umiltà. Valori che ci ha trasmesso il maestro.

W. Negli anni ’80 nasce il sodalizio La Zavorra ce ne vuoi parlare?

RL La zavorra nasce da una intuizione di Antonello Falqui. Facemmo con lui “ Come  Alice” Con tutti i ragazzi della scuola.  Poi ci scelse a noi sei ( Cruciani- Wertmuller- Loreti- Vannucci- Sabet- Lagana’) e ci chiamò per fare Al Paradise varietà di rai 1 e ci chiamammo la Zavorra. Fu un successo pazzesco. Rappresentavamo per quell’epoca una assoluta novità.

W.nell’83 inizi la carriera cinematografica con “Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada” regia di Lina Wertmüller. Com’è stato lavorare con la Wertműller?

RL Fu il mio primo film. Ero molto emozionato tremavo come una foglia. Mi ritrovai a girare scene con Ugo Tognazzi  Gastone Moschin  Enzo  Iannacci e Valeria  Golino anche lei alla sua prima esperienza cinematografica. Lina era una grande regista dirigeva gli attori in maniera fantastica

W.Nell’85 la televisione e nell’89 il teatro: dove hai avuto la possibilità di esprimerti al meglio?  

RL Il teatro e’ la mia grande passione che spero di fare tutta la vita. Il palcoscenico il contatto diretto con il pubblico. A teatro non si bleffa o funzioni oppure il pubblico non torna.  

W. Cosa si prova ad avere un figlio che decide di fare l’attore?

RL Non ho mai forzato a fargli fare l’attore, e’ stata una sua libera scelta. Sono felice di questa sua scelta.  Credo lo possa fare perché ( anche se non dovrei dirlo io) e’ proprio bravo. Cercherò di dargli dei consigli e dei suggerimenti che ho maturato e carpito in 42 anni di mestiere. Ma la libertà di fare le sue scelte sarà sempre la sua. Mi tranquillizza la sua serietà e impegno.

W. nel 2015 una battuta d’arresto la sclerosi multipla

RL Quando mi hanno diagnosticato la malattia mi e’ caduto il mondo addosso e ho  pensato “ E mo’? Smetto di fare l’attore.” Ma ho anche pensato immediatamente che non ce penso per niente. Il palcoscenico per me e’ la migliore medicina che possa prendere e l’unica che mi fa bene infatti non smetto e anche quest’anno sarò in scena con due spettacoli in due teatri diversi.

W. Il tuo sogno nel cassetto?

RL Non mi basta un cassetto per contenere tutti i miei sogni continuo a farne ancora molti. La malattia può impedirmi di fare delle cose ma non potrà mai impedirmi di sognare. Grazie alla vita che e’ meravigliosa. E grazie a voi per questa intervista.

W. Bene Rodolfo, facci sapere quando andrai in scena e grazie anche ha nome dei lettori di Detti e fumetti, per questa bella chiacchierata.

[DARIO WILLY SANTARSIERO PER DETTI E FUMETTO -SEZIONE CINEMA E TEATRO- ARTICOLO DEL 5 NOVEMBRE 2022]

l’inizio di una nuova rubrica: LA MEMORIA con Graziano Marraffa

Cari lettori di Detti e Fumetti, il cinema ha da sempre affascinato il pubblico fin dagli esordi. I fratelli Auguste e Louis Lumière nel 1887 proiettarono i primi brevi cortometraggi precorritori del moderno cinema. Le reazioni degli spettatori di allora ci fanno sorridere e intenerire allo stesso tempo, come il panico che scoppiò nella sala,  quando fu proiettato l’arrivo del treno: molti scapparono terrorizzati perché credevano che il treno l’avrebbe travolti. Ma il cinema è fatto anche di attori, che ci fanno commuovere o entusiasmare con la loro professionalità e bravura; ed è proprio degli attori che voglio parlarvi. Lo faccio con una  nuova rubrica intitolata La Memoria. Dove verranno ricordati appunto personaggi che hanno fatto la storia del cinema fini primi del novecento Attrici e Attori ormai dimenticati dai più che sarà interessante riscoprire e valorizzare. Ho coinvolto in questo nuovo appuntamento, il mio amico esperto di cinema Graziano Marraffa che periodicamente ci presenterà un’attrice o un attore dimenticati o sconosciuti ai più. 

Ritratto di Graziqno Marraffa di Filippo Novelli

Il primo ritratto per simpatia e riconoscenza vede Graziano Marraffa come protagonista.

Buona lettura. Ci ritroviamo qui. Tra poco. Rimanete connessi.

NOTE BIOGRAFICHE

Nato a Roma il 18 Ottobre 1975, è

Fondatore  e Presidente dell’Archivio Storico del Cinema Italiano – Associazione Culturale Onlus, costituito da un patrimonio illimitato di materiali cinematografici originali dagli anni ’30 ai giorni nostri, suddivisi in varie sezioni :

Cineteca, Videoteca, Manifestoteca, Biblioteca, Emeroteca, Fonoteca, Scenografia e Costumi.

Consulente e curatore di mostre iconografiche, retrospettive e Festival realizzati in collaborazione con prestigiose istituzioni internazionali.

Consulente internazionale per vari laboratori di sviluppo, stampa e post-produzione esperto in teoria e pratica del restauro cinematografico su supporti originali in pellicola b/n e colore.

(DARIO SANTARSIERO PER DETTI E FUMETTI SEZIONE CINEMA E TEATRO – ARTICOLO DEL 29 ottobre 2022)

DARIO SANTARSIERO ALIAS WILLY IL BRADIPO intervista MAURO CONCIATORI, un documentarista prestato al Cinema

Oggi cari lettori di Detti e Fumetti, oggi esploriamo un nuovo ambito del Cinema, facendo quattro chiacchiere con il mio amico Mauro Conciatori.

W. Allora Mauro ti presento al nostro pubblico: sei nato a Roma il 18 giugno 1957; sei un regista cinematografico, sceneggiatore e critico cinematografico. Sei stato direttore della rivista on-line di cinema Zabriskie Point, attiva dal 1999 al 2013. Come documentarista realizzi Sinfonia di una città, Architetti italiani del 900, L’oro di Dino – (Dino De Laurentiis, Giuseppe Rotunno) – L’architettura delle luci e La città garbata, prodotto dall’Istituto Luce, sul quartiere romano della Garbatella.

Aiuto regista di Michelangelo Antonioni su due progetti purtroppo non completati, hai lavorato come assistant director negli Stati Uniti negli anni Ottanta. Nel 2019 realizzi il film documentario L’intelligenza del cuore – dedicato all’attrice Ilaria Occhini. Sempre nello stesso anno finisci il montaggio di Amore a prima vista – dedicato all’attrice Elena Cotta. I due film documentari fanno parte di un progetto teso a omaggiare le grandi interpreti del cinema, televisione e teatro italiano.

Nel 2021 giri la serie animata “Le Visioni di Tim” per Tim Vision. Nel 2022 ultimi il docufilm “Over The Rainbow”, storie di ragazzi con la sindrome di Down. Nello stesso anno il cortometraggio H2NO. Gli ultimi anni sono particolarmente fecondi!

W. Perché hai deciso di fare il regista?

MC. A 4 anni, esattamente nel 1961, mentre la mia governante francese mi portava a spasso sui vialetti del laghetto dell’EUR la mia attenzione fu rapita da una visione del tutto particolare: una gru stava mettendo dentro l’acqua una spider. Chiesi alla mia governante che cercò di spiegarmi per bene cosa stesse accadendo, ma non mi capacitavo del perché far scivolare sul fondale un’automobile e non fare il contrario; alla fine, anche lei stordita dalle mie domande pressanti tagliò corto dicendomi “stanno girando un film, questo è il cinema “. Bene, risposi “da grande voglio fare il regista!”. Può sembrare una fiaba ma già da allora sapevo cosa avrei fatto. Ma non per vocazione reale (non potevo capire più di tanto) ma soltanto per il piacere di fare un qualcosa di anticonvenzionale come immergere una bellissima automobile nelle acque di un lago (a me sembrava gigante).

In qualche modo, a posteriori, il potere di fare qualcosa che agli altri non era permesso. All’epoca per me il cinema era una sala buia dove ammirare i miei eroi preferiti. Adoravo il cinema western, dove “tifavo” sempre per i “pellirossa”. Sempre dalla parte dei “deboli” e delle culture con rispetto della natura.

Ah. Dimenticavo di dire che il film in questione era L’eclissi di Michelangelo Antonioni. Già un segno del destino?!

A 17 anni, quindi 13 anni dopo, ero già su un set con Pupi Avati . Ero il 3 aiuto scenografo, ma per me respirare l’aria del set era magia pura. Il mio incanto iniziava a prender forma.

W. Cosa ti affascina in un documentario?

MC. La possibilità di poter avere una totale libertà di linguaggio. Non si hanno confini. Crescere e creare di pari passo con la storia. Di muovermi negli anfratti più reconditi di ciò che hai davanti a te. Di potermi muovere nella storia senza avere limiti. Avere si un punto di partenza ma poter cambiare tutto ciò che avviene tra l’inizio e la fine -che a volte devi aver ben chiara, mentre in molti altri casi ti arriva inaspettata per un dettaglio, per le mille pieghe della storia- attraverso le suggestioni che arrivano poco alla volta. Ma soprattutto è la storia stessa che cambia senza vedere, senza renderti conto che sta cambiando. Narrare la stessa storia a distanza anche di un solo anno prende forma e sostanza differente, perché noi mutiamo come muta la storia. Caso contrario saremmo dei rami secchi immutabili nel tempo.

Noi, esseri viventi, e il mondo che ci circonda, cambiamo di continuo, è come andar per mare, se vai dal punto A al punto B per svariate volte, sarà sempre diverso ciò che incontri, l’unica cosa che non cambia sono A e B, tutto ciò che è nel mezzo cambia, evolve…

Un’evoluzione totale, liberatoria nei confronti di noi stessi e del potenziale spettatore. Un punto sul quale non transigo è pensare sempre a chi dovrà usufruire di quelle immagini. Massimo rispetto per lo spettatore. Non creo gabbie ma palcoscenici aperti a chiunque. 

Fare un film di finzione è totalmente diverso, per questo negli anni ho preso le distanze dal cinema, soprattutto dal mainstream.

In un film hai dei confini entro i quali puoi agire. La sceneggiatura detta legge, senza essere di ferro, ma ti dà dei punti cardine dai quali non puoi deragliare, non puoi prescindere. E poi la fatica di un set composto da troppe maestranze e professionalità. Una macchina perfetta nella sua imperfezione. Un documentario “si accontenta” di una piccola troupe, dove tutti si sentono direttamente responsabili del proprio ruolo. In un film sono i capireparto che rispondono, in un documentario anche il runner è fortemente responsabilizzato. Ci si inventa ogni giorno.  Diciamo che in entrambi i casi non ci si annoia mai ma il set di un documentario è una piccola famiglia.

Inoltre, il documentario mi permette di poter spaziare dal sociale all’arte, dai ritratti a storie di vita reali dandomi ogni volta stimoli diversi.

Ad esempio, l’ultimo docufilm, Over the Rainbow, mi ha messo di fronte a delle realtà che tutti conosciamo ma che continuiamo a eludere: il mondo delle persone con la Sindrone di Down. Un “mondo” non ancora pienamente accettato. La diversità mette ancora paura ai “normodotati”, lo stato fa troppo poco, e non cerca di integrare questo mondo con il mondo “normale”. Ma poi cosa vuol dire normalità? 

Un progetto durato quasi 2 anni che mi ha assorbito totalmente e che rimarrà sempre dentro di me. Una pietra miliare per il mio cuore è la mia anima.

W. Dal punto di vista della regia cosa non rifaresti e perché?

MC. Non tornerei mai dagli States. Tornato in Italia dopo aver capito come funzionava la “macchina cinema” credevo di poter spaccare il mondo di celluloide in Italia, di poter fare la differenza, di poter dare qualcosa al cinema italiano. In realtà ho trovato soltanto porte chiuse e bastoni tra le ruote. Solo perché ero “un americano”. E considera che tra la fine degli anni ‘80 e ‘90 ero considerato tra i registi di maggior talento, anche se sono sempre stato un lupo solitario. Non è un’accusa ma una constatazione che mi ha reso più maturo e coerente con me e fornito maggior rispetto verso gli spettatori.

Di fatto non mi rimprovero questa scelta. “Va tutto bene”. Anche questo sentirmi estraneo al mondo del cinema italiano. 

In realtà l’unica cosa che mi rimprovero maggiormente è di non aver lottato abbastanza per imporre la mia visione cinematografica e, di conseguenza, essermi chiuso nel mio angoletto dorato, nella comfort zone, come regista di cinema d’impresa con corporate aziendali, brand e commercials.

Da un punto di vista prettamente tecnico e artistico non mi rimprovero nulla. Ogni progetto realizzato mi ha dato ciò che mi doveva dare. Non ho rimpianti e non mi debbo rimproverare nulla. Ogni scelta l’ho portata fino in fondo con coerenza, passione, amore.

W. Che responsabilità ha un regista nei confronti degli attori e di chi guarderà il film?

MC. L’onestà di saper raccontare storie con un linguaggio immediato e semplice, che non vuol dire semplicistico, ma di dedicare sempre la massima attenzione allo spettatore. Sai non credo a quei registi cosiddetti autoriali che si lamentano con frasi tipo “non hai capito ciò che volevo raccontare”. Ecco, quel “non hai capito “mi fa imbestialire. Se non ti hanno capito sei tu che hai fallito, non loro. Il regista ha il compito preciso di saper comunicare storie, eventi, drammi, emozioni, risate, attraverso la  “sincerità” del racconto. Una sincerità che rubo a Michelangelo Antonioni quando afferma che “un artista prima di tutto deve essere sincero”. 

Una sincerità che spesso non riscontro e che per me è essenziale quando narro delle immagini che “miracolosamente” si uniscono in un film. Come la potenza di un fulmine si abbina alla poderosità di un tuono.

Un regista è un artista ma anche un artigiano e come tale si deve preoccupare di creare un prodotto che possa soddisfare le svariate esigenze che sono dietro ad una pellicola. Incuriosire gli spettatori, accontentare il produttore, rendere felici gli attori per aver partecipato a qualcosa di unico.

Ecco, questo unico è importante nel rapporto che si instaura con gli attori sul set. Qui il regista si trasforma in un novello Freud, per capire in fondo l’anima dell’attore, poterne sfruttare le sfumature della sua anima al fine di dare unicità al personaggio che va a interpretare. Quindi un regista psicologo, padre, amante, al quale l’attore deve far riferimento. Senza questi prodromi il regista fallisce e con esso naufraga il film. Gli attori sono il medium registico “nell’inquadratura”.   In quanto tali il regista deve affidarsi a loro dopo che gli attori si sono affidati a lui. Senza un regista sarebbe anarchia totale. Ma scopro l’acqua calda. 

Sono contrario da sempre al regista anche attore, non può mai prendere le distanze da uno dei ruoli. Solo Orson Welles se lo poteva permettere. Unico. Gli altri grandi registi non hanno mai combinato i due ruoli. Griffith, Capra, Lubitsch, Ford, Tourner, Sirk, Ozu, Antonioni, Visconti, Zurlini, Coppola, Cimino, Scorsese, Villeneuve, P. T. Anderson (e così ho detto anche i miei registi preferiti!)

W. Vuoi parlarci della tua l’esperienza con Antonioni?

MC. Unica. E ho detto tutto e niente.

Uso una parafrasi della famosa scena da Gli ultimi fuochi di Elia Kazan e del nichelino, dove il produttore da una grande lezione di cinema al regista in crisi.

Eravamo nel borgo di Antonioni a Bovara di Trevi (Umbria). Estate. Mentre eravamo in piena preproduzione del film The Crew. All’epoca mangiavo il sugo di pomodoro ma non i pomodori crudi. Non sopportavo la consistenza. La contadina che portava in tavola i pomodori non capiva la mia reticenza ad assaggiarli. Per giorni Antonioni guardava il mio atteggiamento anche un po’ snob ma non accennava a nessuna critica. Aveva già avuto l’ictus ma con poche parole e molti gesti si faceva capire. Dopo una decina di giorni sbottò. Mi disse “mamma mia”, uno sguardo di rimprovero è un gesto stizzito della mano sinistra. Rimasi sorpreso dalla sua “azione”. Antonioni era sempre molto pacato con me, aveva un atteggiamento paterno, di comprensione, ma non digeriva che non provassi neanche ad assaggiare il pomodoro del suo orto. Quasi un affronto. Nonostante lo conoscessi mi senti in grande disagio, non potevo contraddire il maestro, il mio amato maestro di cinema e di cultura. Quindi, molto riluttante, assaggiai il famoso pomodoro che assomigliava più a un melone per la sua grandezza. 

Il mio volto riluttante si aprì in una smorfia di assoluto piacere. Il nirvana. La “carne” del rosso pomo era soda, dura, carnosa, voluttuosa. Un’esperienza al confine del mistico (nel piccolo borgo tutto aveva una connotazione al di là della comprensione umana). Mangiare quel pomodoro mi fece capire molte cose ma soprattutto quanta verità e quanta bellezza risiede nei piccoli gesti quotidiani, in qualcosa che volte non diamo peso. La lezione del maestro era questa: osservare, meditare, elaborare e partorire. In questo caso era suscitare in me la capacità di vedere ben oltre l’apparenza, di vedere cosa esiste dietro, dietro a ogni cosa, che sia un film o un pomodoro.

Da quel giorno in poi non ho più smesso di mangiare pomodori e di tentare di generare prodotti che siano buoni come quel pomodoro!

Poi potrei dire delle giornate passate insieme nei cinema di Roma a cibarci di immagini, oppure di scrivere e sentire i suoi No quasi violenti a schiaffeggiare la mia stoltezza cinematografica.

Lui è stato unico. Nella cinematografia mondiale e per me.

W. Non trovi che nell’ essere regista e critico cinematografico ci sia una sorta di contraddizione?

MC. No. Non esiste nessuna contraddizione, anzi, si può essere più attenti nelle definizioni di un’opera in entrambi i casi. Importante è sempre l’umiltà. Senza non si va da nessuna parte. Entrambi i ruoli hanno in comune la sincerità, senza di essa non si può dire di essere onesti. O dietro la macchina da presa o davanti ad uno schermo si deve avere la capacità di identificazione con la storia. 

W. Il tuo sogno nel cassetto?

MC. Realizzare un grande affresco sulla “Bellezza”, sul concetto, tra ideale e reale, tra ciò che si vede e ciò che è dietro all’immagine in se. Qui ritorna il ruolo del demiurgo come unico vettore di tante verità, quelle tante verità delle quali si compone il concetto astratto di Bellezza che ha affascinato da secoli l’essere umano. Un concetto tanto fragile quanto incorporeo nella sua vaghezza. “Non esiste saggezza senza incertezza”. E questo è ciò a cui aspiro.

W. Grazie Mauro anche a nome dei lettori di Detti e Fumetti per questa interessante chiacchierata

[Dario Santarsiero per Detti e Fumetti- Sezione Cinema – Articolo del 7-Agosto-2022]

TI AMO!

L’INTERVISTA A CESARE SECLI’, THE BOOM OPERATOR

per DETTI E FUMETTI

Cari amici di DETTI E FUMETTI, viaggiatori variopinti che state transitando nel nostro Hub nel Web, benvenuti!

Oggi il nostro ponte dal Fumetto al Cinema lo costruiamo parlandovi del BOOM OPERATOR.

Questa professione del mondo del CINEMA non la conoscevo prima di parlare con CESARE. voi?

Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Cesare- comune amico di Eleonora e Francesco che abbiamo intervistato qualche mese fa – e ci siamo fatti raccontare questo fantastico ruolo della Settima Arte.

Cesare Secli’ , ritratto di Filippo Novelli

F. Cesare ho la curiosità a mille. chi sei, dicci.

C.: Io sono un Boom Operator. Sintetizzando, il mio lavoro consiste nel registrare in presa diretta, ovvero sul set, i dialoghi dei film che vedete al cinema, sulle piattaforme o alla tv.
Sarebbe bello se tutto quanto si riducesse a questo, vero? In realtà purtroppo (o per fortuna) è molto più complesso.

F. Siamo qui per approfondire. vai pure, grazie.


C.: Registrare i dialoghi significa innanzitutto salvaguardare l’interpretazione degli attori, assicurandosi che i dialoghi siano INTELLIGIBILI.
Sarebbe molto semplice se le scene venissero girate in studio, con le stanze sonorizzate ed insonorizzate, dove tutto è costruito e gestito in funzione di una eccellente qualità e pulizia del suono; al contrario, la vera sfida che ogni boom operator e fonico di presa diretta deve affrontare è proprio la location, spesso ,anzi sempre, rumorosa.

Immaginate, per esempio, di dover registrare una coppia che si sussurra all’orecchio: “TI AMO”, una scena quindi molto delicata, intima e fondamentale per il film e immaginate di doverlo fare accanto a dei lavori in corso quindi martelli, trapani, seghe elettriche e i vari attrezzi elettrici o a motore, le urla dei lavoratori, ma non basta.. immaginate che questi lavori in corso siano in una strada trafficata e quindi macchine, motorini, pullman, clacson, sirene di ambulanze e carabinieri, vociare dei passanti, ma voglio esagerare (e credetemi, è successo davvero).. immaginate pure che ci sia tanto tanto vento e a pochi metri da dove i nostri attori si rivelano romanticamente,  ci sia pure il mare in burrasca con le onde che sbattono sugli scogli e stormi di gabbiani che urlano la loro fame accompagnati dalla musica elettronica del lido dietro il muretto.

E’ giusto precisare al lettore che tutto ciò che ho elencato non è inquadrato dalla macchina da presa, quindi tutto ciò che sentiamo non è giustificato dall’inquadratura, che pur essendo molto larga, esclude tutte queste fonti di rumore, tenendosele alle spalle.
Da quest’ultima precisazione, capite che il microfono non può essere vicino agli attori ma sarà abbastanza in alto per non entrare nell’inquadratura.


Solitamente allora si nasconde sotto gli indumenti di ogni attore un radiomicrofono.

F.: Ah, bene! la tecnologia ti da una mano! Tutto risolto allora?

C. : Non proprio… approfondiamo.
Innanzitutto partiamo dal presupposto che il radiomicrofono è appunto nascosto, quindi per forza di cose sarà sotto a dei tessuti che a seconda delle proprie caratteristiche modificheranno la voce dei nostri attori, alterandola.
Ogni tessuto porterà con sé del rumore, considerando che l’attore non sarà fermo come una statua ma avrà delle azioni da compiere, perciò oltre ad essere nascosto, il radiomicrofono dev’essere montato in modo tale che qualsiasi azione l’attore compia, risulti isolato e pulito, oltre ovviamente ad essere montato in sicurezza e cioè che non cada o si strappi nel caso in cui l’azione preveda una corsa, un salto, una lotta. Nel nostro caso gli attori sono piuttosto fermi quindi nessun problema, se non fosse che sono abbracciati. Questo vuol dire che i radiomicrofoni,  sbattono uno contro il corpo dell’altro, consegnando un suono ovattato, telefonico (non dimenticate che c’è molto vento per cui sono montati anche in sicurezza dal vento) e rumoroso.

F:. Ottimo! Fortissimo questo lavoro. Se volessi quindi con una frase raccontare il tuo mestiere ed essere tanto convincente da fare proseliti tra le giovani ragazze e ragazzi che vogliono entrare nel mondo del CINEMA?


C.: Il mio lavoro consiste nel far si che chi vede il film senta il “TI AMO”, forte e chiaro, preciso e convincente, dritto in faccia tanto da commuoversi.

BIO

Cesare Seclì nasce a Campi Salentina (LE) il 07/05/1994.

Intraprende sin da bambino studi musicali, imparando a suonare il pianoforte, la chitarra e la batteria. E’ stato il percussionista di vari gruppi di musica popolare e gruppi punk/funk; si dedica al teatro come attore, ma soprattutto come tecnico audio/luci, inserendosi a pieno nel mondo dei live, lavorando in tournée per numerosi artisti.

Laureatosi in scienze della comunicazione, frequenta l’accademia cinematografica Gianmaria Volontè a Roma, diplomandosi come tecnico del suono cinematografico e diventando un Boom Operator.

Si inserisce quindi nel cinema, lavorando per numerosi film e serie TV italiane e americane, per piattaforme come Netflix, Prime Video, e cortometraggi tra cui “Inverno”, di Giulio Mastromauro, vincitore del David di Donatello nel 2020 e collaborando con noti registi come Gabriele Muccino e Pupi Avati. 

È co fondatore del collettivo teatrale Cenerentola, con il quale realizza numerosi spettacoli in giro per l’Italia e porta avanti la propria passione musicale come cantautore, e collaborando come percussionista con l’artista Arto.

[Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI -sezione CINEMA – Articolo del 2 agosto 2022]

WILLY INTERVISTA MICHELE DI MAURO

Cari amici di Detti e Fumetti, oggi intervisterò  l’attore e regista nonché doppiatore Michele Di Mauro. 

MICHELE DI MAURO di Filippo Novelli

Allora Michele sei nato a  Torino il 9 luglio 1960. Sei un attore e regista teatrale dal 1980 in poi, hai collaborato con il Teatro Stabile di Torino, il Gruppo della Rocca, il Teatro Settimo e lo Stabile di Palermo.

Hai debuttato come attore cinematografico nel film di Gianluca Maria Tavarelli Portami via (1994); molto spesso inserito nei lungometraggi di Marco Ponti, ed anche ne Il partigiano Johnny (2000) e nel film Ravanello pallido (2001). Hai prestato la sua voce al personaggio di Moud nel lungometraggio di animazione Aida degli alberi (2001).

Ma non solo cinema e teatro nella tua carriera; hai lavorato spesso anche alla radio, conducendo vari programmi su Rai Radio 2 accanto a Ermanno Anfossi, Germana Pasquero e Andrea Zalone, come: Non ho parole (2001). Su Radio Deejay, invece, hai accompagnato Luciana Littizzetto negli sketch da lei proposti nel programma La Bomba.

Nel 2021 per Ad Alta Voce hai letto Il diavolo sulle colline di Cesare Pavese, trasmesso da Rai Radio 3.

Nel 2004 hai partecipato alla miniserie Le stagioni del cuore di Antonello Grimaldi con Alessandro Gassman,  Anna Valle, Martina Stella, Tatiana Lepore e Antonella Attili. L’anno successivo hai interpretato Sandrone in Manuale d’amore, mentre nel 2009, hai preso parte a La doppia ora di Giuseppe Capotondi con Ksenija Aleksandrovna Rappoport, Filippo Timi e Antonia Truppo.

Dal 2017 fai parte del cast de I delitti del BarLume, interpretando un goloso e logorroico commissario di polizia.

W. Perché hai voluto fare l’attore?

  M. Intanto…le cose scelte dal curriculum sono opinabili, ma…non importa. Vista l’informalità dell’intervista, eviterei di dire cosa ho o non ho fatto.

Per definirmi ai lettori di DETTI E FUMETTI io direi: “MICHELE DI MAURO , operaio dello spettacolo,attore, regista,  autore, insegnante”.

E basta. Ora però, caro Willy, rispondo alla domanda.

   Non ho, voluto fare l’Attore. Cioè, non in modo classico “era il mio sogno fin da piccolo” o cose così. No. Io ho fatto il Liceo Artistico e suonavo. Ero un ragazzo che negli anni ’80 voleva fare del Rock Progressive (E.L.P. Genesis, YES). E poi…sono inciampato nel teatro e sono rimasto intrappolato anima e corpo in quel Luogo meraviglioso. E poi la TV, il Cinema etc.

W. Che cosa è per te l’applauso?

M. Un meraviglioso modo di continuare la Comunione che il teatro (luogo dell’Applauso per eccellenza) stabilisce col Pubblico (elemento essenziale dell’Atto teatrale). L’applauso è riconoscimento, affetto, musica del corpo, carica e ri-carica immediata. Felicità.

PH Elvis Ranella

W. Dal punto di vista professionale, cosa ti insegna un fallimento?

M. Dirò, come tutti gli attori che vogliono far bella figura e sfoggiare una cultura teatrale di rango, che, come diceva un certo Samuel Beckett (… che poi a voi di DETTI E FUMETTI che state in fissa con gli AFORISMI piacerà di certo):

“Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio”.

Se invece stò più coi piedi per terra…direi che un fallimento ci sta. Due anche. Al terzo io comincerei ad allarmarmi. E poi…cambierei un po’ di cose sostanziali, nelle procedure “fallimentari”!

W. Davanti al bivio tra cinema e teatro cosa sceglieresti e perché?

M. E’ una domanda … cattiva WIlly!.

Non si può scegliere tra due cose “essenziali” del tuo lavoro (perché così diverse, una dall’altra)! Se però fossi obbligato per via che mi succede qualcosa di irrimediabile…direi che, a questo punto della mia carriera, dopo 40 anni di teatro (luogo che conosco centimetro dopo centimetro)… sceglierei il Cinema (luogo che conosco molto, molto meno).

W. Vuoi parlarci della serie tv appena conclusa Studio Battaglia e se ci sarà una seconda stagione ?

M. E’ finita ieri sera la prima, di stagione. E i frutti, di stagione, maturano col tempo: (dipenderà da Rai Uno, dell’Auditel e da Palomar che l’ha prodotta insieme a Rai Fiction e Tempest Film.).

W. Il tuo sogno nel cassetto?

M. Guarda, i miei cassetti debordano di cianfrusaglie (non butto mai niente) e non c’è posto per i sogni. E poi, devo dire, non sono un sognatore. E se qualcuno ce l’ho … lo tengo nel cofano della mia automobile (insieme a qualche regalo che non ho dato a qualcuno in un Natale passato, un paio di pantaloni che ho comprato ma non ho ancora portato a casa, un dvd di Fassbinder, un libro sulla Juventus e una maschera da Zorro).

Progetti, invece, ne ho. Sto scrivendo un monologo dal titolo:

13 stazioni per una seduta di cannibalismo.                                                 Poi.   Domani comincio la prima posa di una nuova serie per SKY di cui sono il protagonista. La serie è la versione italiana di CALL MY AGENT (Dis puor cent) e girerò fino a metà luglio (oltre ai 3 nuovi episodi dei DELITTI DEL BARLUME).               Farò anche uno spettacolo/concerto su un testo di Vitaliano Trevisan , titolo: SOLO RH e la regia di un altro spettacolo che s’intitolerà DESSERT SARTRE e debutterà ad ottobre al festival PLAY WHIT FOOD. Meno sogni, quindi, e più concretezza!!

Bene caro Michele grazie anche a nome dei lettori di Detti e Fumetti per questa simpatica chiachhierata

Grazie a te, e saluti belli per tutti. SMACK! (direste voi, no?!!)

[DARIO SANTARSIERO per DETTI E FUMETTI – sezione CINEMA E TEATRO – Articolo del 12 aprile 2022]

Le FOTO DI SCENA tratte da “Call my Agent; Le Sedie sono di proprietà dell’autore ogni diritto è riservato.

Dario Santarsiero alias Willy intervista Luigi di Fiore

Cari lettori di  Detti e Fumetti, oggi parleremo con l’attore Luigi Di Fiore.

Ritratto di Fiore di Filippo Novelli

  W. Allora Luigi, sei nato Milano, 18 luglio 1964 Ti diplomi nel 1985 alla bottega teatrale diretta da Vittorio Gassman. L’anno successivo vieni scelto, tra 1000 candidati, per rappresentare il ruolo di Don Giovanni nell’Elvira o la passione teatrale diretta da Giorgio Strehler. L’anno successivo vieni chiamato a Roma per interpretare l’agente Quadri nella miniserie televisiva La piovra 4. Interpreti numerose fiction televisive e partecipi a film di respiro internazionale, senza abbandonare mai l’attività teatrale.Dal 1996 fino al 2001 vesti i panni di Luca De Santis nella soap spia, Marco e Laura, La ragnatela, La piovra 5 Il cuore del problema, Amanti e segreti, Cuore contro cuore, Distretto di Polizia ed Incantesimo. Nell’ottobre 2001 gi r i inol tre alcuni documentari per Geo & Geo. Dal 2009 hai interpretato il ruolo di Franco nella terza e quarta stagione de I Cesaroni. Nello stesso anno vinci il palmarès come migliore attore al Festival du cinema de Paris. Nel 2013 hai interpretato il ruolo di Druso Pollione in Barabba. Nel 2013 hai interpretato il ruolo di Corrado Muraro ne Il commissario Nardone al fianco di Sergio Assisi Nel 2013 interpreti il personaggio di Vittorio, nella fiction Rosso San Valentino. 2013 interpreti il personaggio di Giancarlo in CrossingLines Nel 2013 sei sul set di Provaci ancora prof 5 e Mani pulite.

W. Perché hai scelto di fare l’attore?

Periodicamente questa domanda mi è stata rivolta più volte nel

corso della mia carriera. La risposta più istintiva dovrebbe essere

legata alla “chiamata”. Sono stato scelto non ho scelto io. Una sorta

di vocazione religiosa, una questione dello spirito, o degli spiriti,

come avrebbe detto Louis Jouvet. Il primo spettacolo teatrale a cui

ho assistito fu il “Fanfani rapito” di e con Dario Fo. Ne rimasi incantato. Avevo 11 anni. Quel giorno mi sono detto che non avrei

immaginato altra vita se non quella che sembrava trasparire dalla “Comune” fondata da Dario Fo. Sono stato fortunato, casa mia distava dalla Palazzina Liberty, sede del Teatro della Comune, non

più di 150 metri. Dal giorno dello spettacolo cominciai a frequentarla tutti i pomeriggi. Sono diventato una specie di mascotte della comunità, la scelta, a quel punto, non era più detraibile.

Foto concessa da Luigi FIore

W. All’inizio della carriera essere scelto da Strehler tra mille

candidati che sensazione hai provato?

Dopo essermi diplomato alla “Bottega” di Vittorio Gassmann entrare

nel tempio della cultura europea diretto dal più grande regista del

‘900 significava solo una cosa. Il massimo. L’iperbole. La gioia pura.

Sono stati due anni magnifici in cui ho affinato i miei studi come mai

avrei potuto immaginare di poter fare. Gli anni più belli della mia

vita personale e professionale.

Foto concessa da Luigi Fiore

W. Che cosa è per te il talento?

Il talento è un insieme di imprinting ereditati dalla famiglia, le prima esperienze sociali, intendo proprio la scuola materna, ci includo anche le prima esperienze erotico-sentimentali con la Cinzia quando si giocava al dottore e all’infermiera e ci nascondeva nelle cantine o nei solai del condominio. Tutto questo concorre a formare una tua sensibilità rispetto ai sentimenti. Ma tutto questo non basta. Il talento per il talento non vale niente se non è sottoposto ad una

rigida disciplina dell’apprendimento, dell’approfondimento. Troppi

talenti ho visto smarrirsi per aver immaginato che bastasse solo

quello per riuscire nella professione.

W. Aver ricoperto per cinque anni il ruolo di Luca De Santis nella

soap opera Un posto al sole, cosa ti ha lasciato?

Tanto amaro in bocca. Una famiglia che ha dimenticato i suoi figli

mandati al “fronte” a combattere una guerra che scongiurasse la chiusura del Centro di produzione di Napoli. Una volta vinta la guerra era necessario rinnovare i “soldati”, tanto per rimanere nella

retorica della metafora, diritto sacrosanto, quello che risulta manchevole è la condanna all’oblio, come se tutto quello che hai fatto in 5 anni della tua vita personale e professionale non valesse

nulla.

W. Quale responsabilità ha un attore nei confronti della società?

In questo tipo di società praticamente nullo. In una comunità ideale

dovrebbe essere una figura di riferimento per tutte le nuove generazioni, a partire dalla scuola. Gli attori sono gli unici in grado

di trasmettere il sapere per via pedagogica con un forte elemento

emotivo, l’unico in grado di trascendere lo spirito di uno studente o

studentessa. Ma non lo capiranno mai.

W. Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono recitare?

Di diventare ricchi, se ancora non lo sono, trovando altre strade. Poi

potranno dedicarsi anima e corpo ad un lavoro che non esiste e non

è riconosciuto, nelle sue peculiarità da una società malata, profondamente malata, in coma direi.

W. Quale è il tuo sogno del cassetto?

La pace nel mondo ed una morte veloce, istantanea. Tra cento anni.

W. Bene Luigi grazie anche ha nome dei lettori di Detti e Fumetti

per questa bella chiacchierata

[Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI – sezione teatro articolo del 17 dicembre 2021]

DARIO SANTARSIERO ALIAS WILLY INTERVISTA ROBERTO ZIBETTI

Cari amici di Detti e Fumetti oggi intervistiamo l’attore Roberto Zibetti.

Allora Roberto, sei nato a Summit, 11 marzo 1971 nel New Jersey, da genitori italiani, sei cresciuto a Torino. Nel 1990 debutti in teatro con [Gli ultimi giorni dell’umanità], regia di Luca Ronconi; in seguito lavori anche per il cinema e la televisione. Oltre a lavorare come attore, sei anche regista teatrale. Dopo aver debuttato sul grande schermo, sotto la regia di Francesco Calogero, con il film [Nessuno 1992], lavori con altri registi importanti come: Klaus Maria Brandauer, Bernardo Bertolucci e Giacomo Battiato; con quest’ultimo reciti in [Cronaca di un amore violato 1996], in cui hai il tuo primo ruolo da protagonista.

Tra il 1997 e il 2001 sei tra gli interpreti principali dei film [Il carniere, Radio freccia], regia di Luciano Ligabue, [A casa di Irma], [Non ho sonno], regia di Dario Argento; inoltre partecipi al film [I cento passi 2000], diretto da Marco Tullio Giordana. Nel 1998 debutti in televisione nella miniserie tv [Trenta righe per un delitto], regia di Lodovico Gasparini. Successivamente lavori in altre fiction tv, tra cui: [Distretto di polizia 2 2001], [Incantesimo 6 2003], la miniserie [Attacco allo Stato 2006], regia di Michele Soavi, la serie di Rai 3, [La squadra 8 2007] e [Il commissario De Luca 2008], regia di Antonio Frazzi. 

Continui con il cinema con [Pasolini 2014], regia di Abel Ferrara [Shades of Truth 2015], regia di Liana Marabini – Condor Pictures [Ho ucciso Napoleone 2015], regia di Giorgia Farina AFMV – [Addio fottuti musi verdi 2017], regia di Francesco Ebbasta [Cobra non è 2020], regia di Mauro Russo 

W. Quando hai capito che volevi essere un attore?

foto di Roberta Krasnig

Ero molto giovane, mi appassionai al teatro durante gli anni del liceo. Mi piaceva imparare a memoria testi e poesie. Leggevo, appassionandomi molto, le biografie degli attori del passato, la Duse, Jouvet, Copeau, Stanislavskij. Facevo una scuola di recitazione il pomeriggio e tutti gli stages che mi capitavano a tiro, in Italia e all’estero. Successe poi tutto molto velocemente. Prima Ronconi, poi il Teatro dell’Elfo dove feci il mio primo protagonista nel Risveglio di Primavera. Con Il Campiello di  Strehler al Piccolo, mi trovai  a recitare addirittura nella storica sala dell’Odeon a Parigi. Ricordo l’effetto che mi fecero quei camerini che sembravano delle suites d’albergo, coi divani di velluto rosso su cui riposarsi. Dai 19 anni ero praticamente  sempre in tournée d’inverno e sul set d’estate. A 26 anni girai Io Ballo da Sola con Bertolucci e un cast internazionale. Furono anni intensissimi e mi fu evidente che quella sarebbe stata la mia strada.

W. in Cronaca di un amore violato 1996, hai il tuo primo ruolo da protagonista cosa hai provato?

foto di Roberta Krasnig

Avevo 23 anni, era il 1994; non fu facile trovare il giusto distacco da un personaggio così complesso e da una storia molto dolorosa. Giacomo Battiato seppe guidarmi con grande delicatezza e attenzione ed io gli fui molto riconoscente. Col tempo, grazie all’esperienza e alla tecnica, si impara che anche le più nascoste e profonde contraddizioni dell’animo umano possono e devono essere raccontate da un attore in modo molto intenso ma restando consapevoli che si tratta di un gioco, seppur con contenuti  a volte drammaticamente seri.  E’ ad esempio il caso del personaggio di Massimo Giuseppe Bossetti che interpreto nel film Yara di Marco Tullio Giordana, che uscirà in autunno su Netflix.

W. Passare dal teatro alla televisione cosa ha comportato?

foto di Roberta Krasnig

In realtà per quanto mi riguarda il gesto tecnico di recitare non è   diverso, che si tratti di televisione, di cinema o di teatro. Semmai è una questione di dimensione. In televisione le accortezze  da tenere presenti sono semplicemente diverse e riguardano direi soprattutto la capacità di mantenere concentrazione e divertimento pur tra mille variabili. La macchina da presa è uno spettatore esigente ed implacabile, coglie anche le minime sfumature. Spesso i ritmi televisivi sono molto veloci e raramente si fanno delle vere prove:  bisogna dunque arrivare preparatissimi per “giocare” al meglio con i colleghi e il regista fin dal primo take. Come quella del palco, a me piace molto l’atmosfera del set ed ho grande  ammirazione per il lavoro di tutte le maestranze, dunque il passaggio di cui mi chiedi mi è sempre risultato molto naturale, ogni nuovo lavoro mi sembra un’occasione di crescita.

W. Roberto Zibetti regista, ce ne vuoi parlare?

foto di Roberta Krasnig

Nel 1996 ho fondato una compagnia teatrale con altri colleghi, si chiamava ‘O Zoo No, con cui ho prodotto, diretto o co-diretto numerosi spettacoli proprio con l’obiettivo di imparare la complessa arte della regia teatrale, partendo dagli assunti della ricerca novecentesca, che riguardano di base un approccio collettivo alla creatività. Non è facile mettere insieme le grandi individualità che contraddistinguono il mondo artistico, ma quando ci si riesce i risultati sono a mio avviso strepitosi. Ho diretto un cortometraggio Green (Acerbo), girato in 16mm, mischiando membri della mia famiglia e attori professionisti: dirigere un set è un’esperienza  magica ed esaltante, anche se spesso faticosissima. Più recentemente ho messo in scena dei lavori di poesia da me interpretati: La Gerusalemme Liberata del Tasso in versione pop-rock ( Gerusalemme Unplugged) con la musica dal  vivo del chitarrista Giorgio Mirto accompagnato da Celesete e Placido Gugliandolo dei Moderni; lo scorso maggio  al Cafemuller di Torino “Una luce nella selva oscura”, il primo canto dell’Inferno di Dante ambientato in un affascinantissimo paesaggio sonoro, opera di Raffaele Toninelli. Se vi interessa, quest’ultimo lo trovate on demand sulla piattaforma niceplatform.eu, corredato da un’intervista sul mio percorso di attore.

W. Il teatro che ruolo ha nella società?

Il teatro per la società ha il ruolo di uno specchio. E’ lo stesso anche per il cinema e per tutte le nuove tecnologie di rappresentazione,  che vanno moltiplicandosi esponenzialmente per numero e tipologia. Anche i  social network sono uno specchio, anche se certo molto caleidoscopico e un po’ folle. Il teatro, essendo uno spazio concreto, a cui si può accedere fisicamente, con dei corpi vivi da guardare e percepire,  rende ancora più esplicito il suo essere una terra di frontiera, un luogo ‘altro’ dove guardare a noi stessi e ai nostri comportamenti. Il  buio e il silenzio che regnano su un palco prima dell’inizio di una rappresentazione ci riportano ad una certa ritualità che, se accortamente corredata  di bellezza e poesia, può essere di grande aiuto a farci sentire vivi in mezzo ai nostri simili  in quest’epoca sempre più frenetica, individualistica  e virtuale.

W. Di fronte ad un gruppo di giovani attrici  e attori  cosa consiglieresti?

Mettetevi insieme e sperimentate il più possibile. Se da un lato è importante essere consapevoli della propria originalità e del proprio talento, alla fine è nel confronto con l’altro da sé che questa originalità trova il terreno più fertile per crescere e brillare. Lavorate sodo al vostro percorso individuale ma mantenete curiosità e affetto per ciò che sta fuori da voi. Le nuove piattaforme televisive offrono infinite e preziose possibilità di lavoro e di carriera, che è giusto ricercare,  ma l’arte della recitazione richiede tempo e volontà di approfondire. Fate una buona scuola e mantenetevi umili e desiderosi di apprendere, mettendovi in gioco senza paura appena ne avete occasione.

W. Il tuo sogno nel cassetto?

Interpretare un musicista classico in un film o una serie.

W. Bene caro Roberto, grazie anche a nome die lettori di Detti e Fumetti, per questa interessante chiacchierata

[DARIO SANTARSIERO PER DETTI E FUMETTI – SEZIONE CINEMA – ARTICOLO DEL 7 SETTEMBRE 2021]