Willy e le compagnie teatrali amatoriali

Cari amici oggi voglio parlarvi del volto nascosto del teatro: Le compagnie amatoriali.

Fatto salvo quelle messe su per far ridere parenti e amici, sono una vera e propria risorsa, nascosta ma molto importante. Nascono dalla passione di persone che amano il teatro ma che per svariati motivi non lo hanno trasformato in una professione. E forse, è stato meglio così. Proprio perché non dipendono, dal punto di vista economico da grosse produzioni che pretendono modifiche al copione o impongono quell’attore piuttosto che un altro, possono scegliersi sia gli attori che i copioni. I registi e, qui non c’è nessuna differenza tra amatoriali e i cosiddetti professionisti, sanno magistralmente guidare la compagnia verso il successo dello spettacolo o verso il fallimento, come del resto fanno gli affermati.

Questo non significa che essere regista di una compagnia amatoriale, sia tutto rose e fiori, anzi il più delle volte ci si deve barcamenare tra scogli di vario genere, dalla malattia “prime donne” per esempio. Ne sono colpite e colpiti, anche gli uomini non fanno eccezione, almeno un paio in ogni compagnia. La prima conseguenza è una continua rivalità, coinvolgendo la compagnia e che finisce, se non fermata in tempo, ad una sorta di schieramento, i Chiariani e gli Andreani; cioè nella compagnia si formano due schieramenti, chi parteggia per Chiara e chi per Andrea.

Provocando sguardi torvi e incomprensioni che sfociano inevitabilmente in litigi.  Questa malattia non provoca problemi solo dietro le quinte, anche sul palco, perché non si sa mai chi ci può essere tra il pubblico questa sera! C’è il problema a volte molto difficile da superare quello del rischio “divorzio”. L’altro coniuge che tollera questa bizzarria del teatro, come una cosa che si risolverà nel giro di poco tempo, etichettandola come: ”Tanto si stancherà presto!”. Scopre invece che non è così; arrivando quindi al fatidico bivio: “O me o loro!”.

Di solito questo avviene a poche settimane dal debutto, provocando agitazione e gastrite al regista, che se la situazione volge al peggio deve trovare una sostituzione valida altrimenti salta lo spettacolo. Se da un lato il problema economico non ha rilevanza dall’altro lato ce l’ha. La compagnia si autofinanzia e anche questo problema confluisce nella voce divorzio. “Perché non solo sottrai  tempo alla famiglia con queste sciocchezze, ci butti anche i soldi sopra!”.

Di conseguenza almeno rientrarci con le spese è prioritario se si vuole evitare di riformare ogni volta il gruppo per le inevitabili defezioni che l’aut-aut impone. Vincere la diffidenza degli impresari, non è difficile, basta garantirgli un fisso a sera, quanto quella degli spettatori, passata la prima e seconda serata coperta per la maggior parte da amici e parenti, con le altre, in media lo spettacolo resta in piedi per quattro cinque serate, ci si affida al passaparola, e questo come si può ben immaginare, non lascia molti margini di tranquillità. Ecco per quale “periglioso mare” naviga la compagnia. Ma nonostante tutto, riescono a portare, non sempre a buon fine lo spettacolo. Tutto questo per sottolineare le difficoltà che la maggior parte del pubblico ignora. Etichettando le compagnie amatoriali come un semplice passatempo.

[Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI – sezione Teatro -articolo del 27 settembre 2013]

[Illustrazioni di Filippo Novelli] – tutti i diritti riservati

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