Willy e le scuole di teatro. Imparare recitando. L’intervista a Sandro Torella

Imparare recitando

Anche i più fortunati che  hanno ricevuto in dono dal dio Apollo, la sacra arte della recitazione, devono essere guidati da un ottimo maestro se vogliono affinare e migliorare il proprio talento.

Tornado nel mondo delle persone normali, tutti posso cullare il sogno di poter recitare almeno una volta nella loro vita su di un vero palcoscenico, che non deve essere per forza uno dei più famosi in Italia, ne basterebbe uno di trenta posti, tanto per cominciare. Ma per farlo servono le scuole di teatro. A Roma come in qualunque altro posto della Penisola, si possono trovare  buone scuole gestite da attori che hanno deciso di condividere con degli allievi le loro esperienze accumulate da anni di duro lavoro. Frequentare un corso di recitazione  può dare  una spinta favorevole alla propria autostima. Il mettersi in gioco salendo sul palcoscenico e recitare una parte in una commedia o in un dramma, apre porte che il possessore non sapeva di avere. Un esempio concreto me lo ha dato una mia amica. Con una decisione stoica, lavoro, casa, si è iscritta ad una di queste scuole; si è lasciata travolgere dall’entusiasmo e soprattutto, guidare dal suo maestro, tanto che, ad ottobre, ha debuttato con una compagnia amatoriale proprio in un teatro da trenta posti; il regista era così entusiasta che le ha assegnato un monologo nel secondo atto. Ottenendo un ottimo successo. C’è anche chi si iscrive perché sa, che per la carriera che vuole intraprendere, dovrà parlare alle conferenze per esporre le proprie idee o le sue scoperte in campo scientifico, e cosa c’è di meglio di un corso di recitazione, per coinvolgere e attirare l’attenzione su di se.

Insomma, andare a scuola, non è da poveri sfigati, che sperano un domani di calcare le tavole dei più famosi palcoscenici d’Europa, è riconoscere i propri limiti e  grazie a loro, fare di tutto per superarli.

INTERVISTA A SANDRO TORELLA

Oggi intervistiamo sull’argomento scuole di teatro, l’attore Sandro Torella che è ildirettore artistico al teatro Duse ne dirige la scuola comica  Essere attori”.

Sono atteso da Sandro all’ingresso del teatro

 W. Ciao Sandro come va!?

S. Ciao Willy tutto bene, vieni entriamo che ti offro un caffè così parliamo con calma

 W. Allora Sandro iniziamo col parlare un po’ di te

 S. La domanda più difficile a cui rispondere, mi costringi a mentire. Scherzo. Forse. Sono un individuo in continua evoluzione, questo posso dirlo con certezza. Forse faccio sempre le stesse cose o quasi ma in modo diverso nel tempo. Cerco di capire, di andare oltre, è la mia natura. Sia nel teatro che nel privato in genere. Amo vivere piuttosto che lasciarmi vivere. Sono più che altro come mi vedono gli altri e non mi piace molto parlare di me, tendo ad osservarmi poco da fuori, soprattutto negli ultimi anni. Mi limito a vivere.

 W. So che hai scritto un libro “Essere attori” editato  da Cultura e Dintorni Editore.

Ce ne vuoi parlare

 S. Si, nasce come “appunti da un corso” per una questione di comodo, di utilità pratica per me e per i discenti. Nel senso che era utile per me fare un quadro della situazione rispetto a ciò che mi muove ad agire come insegnante/regista e per gli allievi attori può essere un utile promemoria. Poi di fatto è diventato un utile promemoria anche per me: rileggo quel che ho scritto e ci trovo cose nuove! Strano ma vero. L’idea è nata da una mia allieva che prendeva appunti alle mie lezioni (faccio anche un po’ di teoria) trovandole molto interessanti, lei era o è una ricercatrice di antropologia, se non sbaglio. Lei stessa aveva contatti con la casa editrice e mi hanno spinto e aiutato a rendere questi appunti una pubblicazione. Non mi sento un autore, detta in breve. Lo sono incidentalmente ma per una nobile causa, nel senso che quel che c’è scritto su quel libro è una sintesi di anni di lavoro, in cui credo molto. Era opportuno impegnarsi a mettere su carta queste esperienze, credo. Anche perché oggi in Italia ci sono molte teorie e molto confuse. Questo libro può fare molta chiarezza, se qualcuno avesse voglia di leggerlo. Lo ritengo un piccolo strumento ma molto utile.

W. Quando ti sei reso conto che volevi fare l’attore, a quale scuola ti sei rivolto?

S. A una delle tante scuole private. Sono un po’ tutte uguali, seguono gli stessi criteri. Dicono di fare un lavoro sulla “verità” di scena ma poi di fatto non sanno neanche di cosa  si tratti. L’accademia statale peggio ancora. Poi qualcuno fa qualcosa di diverso ma non c’è chiarezza. Non c’è un minimo denominatore comune, una regola di base comune e imprescindibile: ognuno fa il suo, un po’ diverso, che prevede sempre la “falsitàˆ” in scena. Basta poi vedere una fiction o uno spettacolo a teatro. L’attore finge sempre. Non mi invento nulla. Ti giro la domanda: c’è un attore anche solo uno che ti “colpisce al cuore” che ti emoziona? C’è un attore anche solo uno che sappia veramente “cambiare forma” quando cambia ruolo, senza bisogno di artifici e parrucche?

 W. Come e quando hai deciso di aprire una scuola di recitazione?

 S. E’ successo per caso. Stavo lavorando con attori professionisti come regista e come al solito andavo incontro ai soliti problemi di comprensione. Il fatto che non ci sia una chiara regola comune nella formazione rende poi impossibile un vero lavoro attoriale e di regia. Lo spettacolo è l’incontro tra gli individui attraverso il confronto e la crescita. Finiva per diventare uno scontro fine a se stesso per l’incapacità di confrontarsi in modo costruttivo. Mancavano i giusti punti di riferimento, un modo di lavorare comune a tutti, principi solidi e incontestabili. Sembrava come al solito la fiera dell’ego. Per cui ho detto a me stesso: quel che non ho, me lo costruisco. E ho creato questa nuova scuola. Nuova nei presupposti. Mi sono messo in discussione più volte nella mia vita e nella mia attività di attore e regista. Ho fatto tanti tipi di spettacolo e ho lavorato anche io in modo “falso” e l’ho voluto correggere in “verità” di scena con grande fatica e grande soddisfazione. Credo molto in quel che faccio e nella possibilità di un cambiamento vero.

 W. Perché insegnare teatro comico?

 S.  Non insegno solo teatro comico! credo molto nel lavoro sulla verità  anche nel comico. Il comico è una delle possibili dinamiche. Il comico non per forza è intrattenimento. Purtroppo oggi si crede che il teatro debba essere intrattenimento! Il teatro per sua natura non è intrattenimento. Assolutamente no. Può esserlo o meglio si può fare dell’intrattenimento a teatro, ma la natura del teatro è la possibilità evolutiva. Il teatro deve scuotere, deve emozionare. L’intrattenimento è omogeneizzazione, serve a distrarre. Su questo poggia l’inganno: si crede che il “teatro impegnato” debba essere noioso e quello leggero sia divertente. Dipende come lo fai! Se il teatro impegnato è “falso” e non emotivo è chiaro che annoia. Cosi come un teatro leggero recitato in modo finto e artefatto rischia di non far ridere o di non lasciare nulla in memoria. Mi capita di vedere commedie a teatro e non ricordarmi neanche la trama. Possono fare ridere al momento ma non resta nulla in memoria. Sono atti inutili. Momenti di intrattenimento che non possono definirsi teatro, ma possono legittimamente essere eseguiti all’interno del luogo teatro.

Quando però diventano l’unica possibilità di fare cose a teatro e in più vengono “confuse” con la parola prosa e con la parola cultura, siamo di fronte allo sterminio delle funzioni primarie del teatro e delle possibilità relazionali tra gli individui. Stiamo andando verso la società degli emarginati tecnologici fieri della loro incapacità relazionale.

Per questo difendo con tutto me stesso la verità in scena e il teatro capace di raccontare e emozionare veramente. Per questo ti chiedevo se conosci attori che ti sappiano colpire al cuore.

 W. Quale è il target con cui vorresti lavorare  e perché?

S.  Il mio target ideale è chiunque. Il teatro come atto di condivisione riguarda tutti, nessuno escluso. Chiunque può essere attore. Anche lo spettatore è attore, nel senso che partecipa attivamente all’incontro teatrale se l’incontro lo permette. E questo non significa salire sul palco o parlare ma significa essere coinvolto emotivamente, respirare il respiro della verità in scena. Se gli attori fingono, lo spettatore è costretto all’alienazione. Purtroppo siamo di fronte alla situazione inversa: spettatori talmente abituati al distacco e alla finzione in scena che se si trovano di fronte ad attori veri, che non fingono, si offendono. Non vale forse per le nuove generazioni, ma gli anziani pretendono quasi la finzione, la macchietta, l’assurdità, perché drogati di televisione.

La finzione in scena è un’altra dose, purtroppo. Per questo ritengo che il ricambio generazionale del pubblico debba allinearsi con la “verità” in scena degli attori e dei registi, con un teatro contemporaneo vero. Altrimenti si estinguerà il teatro e nei pochi teatri che rimarranno si farà intrattenimento di quart’ordine. Ci sta già accadendo ora! E’ l’ultimo momento per invertire la rotta.

 W. Cosa vorresti sentirti dire da i tuoi  allievi?

 S. Ciò che già mi dicono. Sono tutti in linea con questo mio pensiero, non perché io sia un genio o li violenti, ma perché una volta evidenziato è di facile lettura. Se si capisce il problema è impossibile non cambiare rotta. E’ naturale. Il “falso in scena” è come il male: perde. Sempre. Può resistere ma non ha possibilità, è destinato a cedere.

 W. La soddisfazione più grande?

 S. Far si che questo accada a velocità esponenziale.

W. Un ultima domanda di rito, cosa stai preparando?

S. Riporterò in scena al teatro Duse, per il quarto anno consecutivo ” fanculo il PIL”

Dal 16 gennaio al 19 gennaio 2014.

Allora Ti aspetto a teatro, ti do l’indirizzo:

Teatro Duse Via Crema 8 – 00182 Roma (zona Re di Roma)
info: 06.70305976 340.6485291

W. Ci sarò, grazie Sandro a presto!

 [Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI – sezione TEATRO – articolo del 29 novembre 2013] – illustrazioni di Filippo Novelli – diritti riservati.

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