Il capitale Umano, l’articolo di RED BEAR per DETTI E FUMETTI

Italia, in un luogo imprecisato della Brianza, notte fonda; un cameriere sta rientrando a casa con la bicicletta quando viene investito da un’auto lanciata a forte velocità.

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Così si apre “Il capitale umano”, l’ultimo film di Paolo Virzì che vuole raccontare l’Italia dei furbi e di quelli che provano a fare i furbi ma sono destinati a soccombere.  L’incidente che apre il film ci conduce, in un lento affiorare di indizi e dettagli, nella vita di due famiglie brianzole. La prima è quella di Giovanni e Carla (Fabrizio Gifuni e Valeria Bruni Tedeschi). Lui è un rampante finanziere di provincia, in rapida ascesa grazie ad operazioni e investimenti piuttosto spericolati; lei fa la moglie, piuttosto annoiata e nostalgica di un lontano passato di attrice teatrale. La seconda è la famiglia di Dino e Roberta (Fabrizio Bentivoglio e Valeria Golino). Lui è un agente immobiliare un po’ imbranato che sogna la scalata sociale ed ha in Giovanni il suo mito, al punto da farsi coinvolgere in un’operazione spericolata; lei, forse l’unico personaggio positivo del film, è una psicologa che opera in una struttura pubblica. Entrambe le coppie hanno figli, fidanzati tra loro. Dall’intrecciarsi di queste vite, in cui affiorano diversi personaggi secondari, nasce l’affresco di un Paese senza morale, che ha ormai le fondamenta putrefatte. “Avete scommesso sulla rovina di questo paese. E avete vinto”, dice Carla a Giovanni in una delle scene finali del film. E proprio in questa frase è racchiuso il destino di un’Italia in cui pochi vincono e tantissimi corrono verso la rovina.

Con “Il capitale umano” Paolo Virzì fa un salto in avanti nel suo percorso artistico, regalandoci un film di respiro europeo che abbandona la goliardia toscana e il cinismo burlone romano per addentrarsi nei meandri di un intreccio potente e inaspettato. A voler trovare un limite nel film, lo individuerei nell’eccessiva tipizzazione dei personaggi: il riccone implacabile e gelido, la moglie annoiata che lo tradisce con l’intellettuale, i figli viziati con il SUV e la divisa della scuola d’elité, la frustrazione del parvenu che sogna la scalata sociale. Ma si tratta certamente di uno dei film italiani più belli degli ultimi anni, impreziosito da un cast di primo livello in cui domina Fabrizio Bentivoglio che interpreta con maestria un personaggio forse lontano dalle sue corde come quello del parvenu un po’ ingenuo Dino.

Ciao dal vostro Red Bear

[Stefano Milani per DETTI E FUMETTI – sezione CINEMA – articolo del 9 febbraio 2014]

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