Amici di DETTI E FUMETTI in occasione dell’ARF 2018 abbiamo intervistato Maria Chiara Gianolla.

Da quest’anno abbiamo cambiato le nostre domande standard per aiutare i nostri lettori aspiranti fumettisti e non a capire quale è stato il momento di passaggio dallo studio alla professione, gli ostacoli incontrati e l’atteggiamento da tenere per andare avanti con successo.
F.: Ciao Maria Chiara da 1 a 100 quanto il disegno è per te un impiego a tempo pieno.
M.C.: Direi un buon 90%.
F.: E’ probabile che all’inizio si debba fare un altro lavoro, per avviare l’attività di disegnatore, per supportare il proprio sogno, facendolo diventare un vero e proprio progetto di vita. A te è capitato?
M.C.: Sì, certamente, ancora adesso lavoro come insegnante di laboratori per bambini e adulti, oltre ad essere supplente precaria di Storia e Filosofia.
F.: Non ci si sente mai pronti al cento per cento per cominciare, è sempre un salto nel vuoto; come d’altronde qualunque inizio lo è; avviare un’attività professionale, poi,
è sempre un esperimento: nessuno ti dà la garanzia che funzionerà. Quale è stato il momento, l’episodio scatenante per te? Ti sentivi pronta?
M.C.: Ancora adesso non mi sento pronta e combatto costantemente con il mio senso di inadeguatezza, ma sono le storie o i disegni che prendono forma dentro di me che spingono per uscire, indipendentemente da me, dalle mie paure e dalla mia volontà. È
una pulsione più forte di qualsiasi controllo. In ogni fase, per ogni progetto, direi che è questa spinta a rappresentare “l’episodio scatenante”.

F.: Viviamo in una società iper scolarizzata, del sapere tutto subito; questo crea molta ansia, aspettative disattese; si pensa di dover partire solo dopo aver acquisito altissime capacità tecniche. Prima non si parte. E’ così o sei della idea che c’è una
serie di abilità che si acquisiscono solo sul campo, lavorando?
M.C.: per me che sono una perfezionista, abituata a studiare e a prepararmi molto prima di cimentarmi in qualcosa, estremamente metodica e riservata, risulta davvero difficile questo approccio veloce ed immediato dove conta più il farsi conoscere e il sapersi
vendere piuttosto che la cura e la qualità del lavoro. Ho dovuto imparare anche questo e ancora sto cercando di impararlo in realtà. Indubbiamente è altrettanto importante il lavoro sul campo. Per quanto forte sia la preparazione di un autore, solo “facendo” e
confrontandosi con i limiti e le difficoltà reali, si acquisiscono le abilità necessarie al lavoro.

F.: Il mestiere del disegnatore è una crescita infinita. Alcuni sostengono che non c’è un lavoro passato che non rifarebbe nello stesso modo alla luce della nuova esperienza acquisita. Questo aspetto lo vedi come fonte di stress o come uno stimolo?
M.C.: Entrambi. Mi capita di provare una sorta di imbarazzo a rivedere certi lavori passati che oggi non riconosco o che realizzerei in maniera differente, ma allo stesso tempo provo anche uno strano senso di tenerezza per quelle opere che ora vedo come acerbe ma che rappresentano comunque dei momenti importanti che mi hanno portato ad essere quello che sono adesso e ad esprimermi oggi in maniera più matura e consapevole, con un tratto e uno stile decisamente più personali e definiti.

F. Ed ora raccontaci dei tuoi studi e dei lavori che stai portando avanti, insomma fatti un po’ di pubblicità.
M.C. :Dopo aver compiuto studi classici ed essermi laureata e dottorata in
Filosofia Estetica, mi diplomo alla “Scuola Romana dei Fumetti”.
Terminati gli studi comincio a lavorare come grafica, illustratrice
freelance e storyboard artist, realizzando locandine, grafiche, copertine,
pitture murali e contributi vari, soprattutto per la scena artistica
underground e indipendente.
Inizialmente non volevo fare la fumettista. Mi interessava l’ambito
dell’illustrazione piuttosto, in particolare quella per l’infanzia e inoltre
puntavo al cinema (come storyboard artist) mia prima e costante
materia di studio e di formazione.
Nella vita scrivo e ho sempre scritto molto, ma saggi, critiche, articoli,
non vere e proprie storie, ho sempre pensato di non essere capace, fino
a che improvvisamente, senza che neanche me ne rendessi conto, ho
cominciato a raccontare. A un certo punto sono nate delle storie, alcune
brevi, altre lunghe, spesso comiche, altre invece molto introspettive e
dolorose. In realtà è stato proprio il dolore (in un particolare momento della mia vita) che mi ha spinta raccontare. Non per forza o non direttamente quel dolore, ma comunque dentro di me, in un momento in cui si era rotto tutto, si sono aperti dei varchi, dai quali hanno cominciato ad uscire tante cose, si sono aperte nuove strade e semplicemente ho iniziato a percorrerle e a sperimentare.
Sempre in quel periodo, due sceneggiatori mi hanno proposto di lavorare
insieme a dei progetti editoriali e quindi, più o meno nello stesso
momento, ho iniziato a lavorare a varie storie, mie e in collaborazione con
altri.
Ultimamente poi ho iniziato a lavorare ad una serie di racconti brevi che
hanno come protagonista un unicorno, anzi, un’unicorna!
Miss Unicorn prende vita un anno fa tra le pagine di una piccolissima moleskine e piano piano arriva ad occupare intere tavole a fumetti, dove, tra il naïf, il surreale e il
grottesco, racconta le fragilità e le meraviglie del femminile, anche se
attraverso lo sguardo ironico e sornione di una creatura fantastica.
Altro progetto importante e del quale sono molto orgogliosa è la Scuola
Popolare Fumetto e illustrazione Lab Puzzle che fondo nel 2015 all’interno di Lab Puzzle, uno spazio sociale di Roma, molto attivo nel territorio che fornisce servizi importantissimi al quartiere e non solo.
F.: Grazie Maria Chiara per aver partecipato a questa chiacchierata con noi. alla prossima
M.C.: Ciao a tutti, è stato un piacere.
[Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI – Sezione Fumetto – Articolo del 28 maggio 2018]
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