NOI di Tonio Vinci- la Recensione

Oggi vi vogliamo raccontare di un ragazzo che ha intrapreso la carriera di fumettista facendo un percorso inverso alla maggior parte di coloro che abbiamo intervistato finora. Questo per testimoniarvi che chi crede nella possibilità di cambiamento e sa osare spesso ce la fa.

Come un maestro del fumetto a lui caro, l’ingegner Vittorio Giardino, anche Tonio aveva

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una carriera di commercialista ben avviata; aveva il suo posto fisso da dipendente e se lo poteva tenere stretto; la sua vita scorreva serenamente, se non che un giorno ha detto stop.

Si è vero il passaggio da commercialista a fumettista non è stato un fulmine a ciel sereno; è stato graduale e mai senza un paracadute (nel senso che non è mai stato senza lavorare – ora è  insegnante nella Scuola Internazionale di Comics);); pur tuttavia il cambiamento è stato importante.

Come tanti ci ha raccontato che disegnava fin da piccolo, che in lui vi era “l’esigenza
continua di disegnare”, ma il motivo di questa svolta è da ritrovare da qualche altra parte. Scopriamolo insieme facendoci due chiacchiere con lui all’ARF di quest’anno.

F.:  Cosa ti ha spinto a lasciare tutto; la sicurezza di un lavoro come il tuo.

T.: Penso sia stata la voglia di narrare. In me vi è sempre stata un’esigenza, quella di raccontare delle storie, delle piccole storie, a cui magari far fare da contorno la grande storia o comunque delle grandi tematiche. Queste storie devono essere sono un tutt’uno di testo e segno. Credo che sia stata questa la scintilla che mi ha fatto cambiare lavoro. Mentre lavoravo ho iniziato a frequentare il corso serale della Scuola Internazionale di
Comics di Reggio Emilia e poi da li è partito tutto.

F.: Io ti ho conosciuto per caso sul web mentre davi dei consigli fiscali a dei colleghi fumettisti. Quindi non hai mollato del tutto.

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T.: E’ vero, ricordo, ho parlato spesso di fiscalità per il mondo del fumetto. In questo senso no non ho staccato completamente, cerco ancora di  dare il mio contributo, anzi ho in ballo non poche iniziative in questo ambito, ma avremo modo di riparlarne più in la, quando le potrò rendere note.

F.: Ok allora parlaci del tuo “stile” e dei “contenuti” che scegli per le tue storie.  Ammetterai che alcuni sono stati a dir poco provocatori. Lo fai di proposito? Penso al tema “dell’amore tra gli anziani” di NONNI pubblicato con TUNUE’.

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T.: Come ti accennavo prima io racconto piccole storie, autentiche, con sullo sfondo grandi tematiche. Stile e contenuto vanno a braccetto. Se riesco a raccontare una storia tale che il mio lettore si immedesima, che sente vera, e il mio “stile” si armonizza con essa, dopo qualche pagina non puoi che pensare che quello sia l’unico stile possibile con il quale raccontarla. Quasi te ne dimentichi e la storia fila via liscia e veloce. Quando scatta questa “magia” io sento che il fumetto che ho scritto funzionerà.

Si è vero il mio stile a volte può apparire un po’ troppo “indie”, “underground”, ma mi piace, è il mio linguaggio.

Penso che come il sentimento descritto è autentico anche la sua rappresentazione deve esserlo e cercare di  rifletterlo; il tratto di fa verace, grottesco per  cercare di cogliere tutte le sfumature possibili delle espressioni date di quel particolare stato d’animo.

F.: Lo sai che quando ti vai a confrontare con i fumetti “patinati” questo tuo stile potrebbe essere un ostacolo? Lo hai messo in conto? Hai mai pensato di cambiare, di “smussarlo un po’ per essere accettato di piu’ da tutti?

T.: No assolutamente non vorrei cambiarlo, lo sento mio, mi caratterizza, in fondo mi rende riconoscibile tra i tanti colleghi. Penso invece che sia un punto di forza.

Ogni rifiuto se c’è, se ci sarà mi caricherà di più. Ho letto che al regista Tornatore accadeva la stessa cosa quando rifiutavano i suoi film. Dai, sono in buona compagnia.

 

F.: Veniamo al motivo dell’intervista di oggi. Siamo tra i primi a cui hai presentato questo Test in autoproduzione, “NOI”. Raccontaci cosa è per te l’autoproduzione ed il perché della scelta di questa storia.

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T.: L’autoproduzione, in tiratura limitata, mi serve per capire se il progetto funziona. A breve verrà pubblicata anche da una casa editrice. In realtà credo poco nell’autoproduzione fine a se stessa. Secondo me può funzionare solo se sei bravissimo nella promozione. In Italia ci sono pochissimi colleghi in grado di farlo. Gli altri purtroppo si perdono, falliscono l’obiettivo. Personalmente la ritengo valida solo per testare il terreno, come prova, per capire i processi, agli inizi per conoscere festival e gente nuova. Non per molto altro se non si riesce a diffonderla, a portarla a giro. È un’altra faccia di fare fumetto, deve, però, essere affiancata all’editoria tradizionale per vari motivi, di diffusione, di legittimazione, di esperienza lavorativa.

La storia è nata dopo aver ascoltato una bellissima intervista di Camilleri sul tema della immigrazione. Senza che spoilerizzi troppo, vi posso dire che già il titolo dice molto: Noi, gli immigrati che vediamo tutti i giorni per le strade potremmo essere noi.  Pensate se il mondo fosse ribaltato e fossimo noi gli emigranti?

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F.: Nel fumetto fai anche una critica velata anche ad un certo tipo televisione, alla favola soporifera che raccontano dell’Italia.

T.: si, è vero non la considero, non la frequento, credo sia stata una delle principali cause che ha assuefatto ed inaridito tutti noi in questi ultimi decenni. Ha creato falsi miti e distratto le masse; le ha preparate ad una certa politica … non aggiungo altro. La trasposizione del VIP in Santo che ad un certo punto della storia appare al protagonista  sta a simboleggiare proprio questo stato di cose.

F.: Il racconto si chiude con un bambino che dopo la traversata del Mediterraneo, ormai al sicuro in una nuova casa, chiede comunque al padre di insegnargli a nuotare.20190529_204735

E’ un messaggio amaro per dire che comunque è sempre meglio non fidarsi degli altri, o cosa?

T.: No, non vorrei che il lettore pensasse ad un finale così disperato e senza speranza. Quella del bambino voleva piuttosto essere una richiesta di aiuto. L’aiuto che il figlio chiede al padre; che l’alunno  al docente: “Dammi tutti gli strumenti per essere attrezzato a fronteggiare le avversità della vita. Aiutami, fammi acquisire soprattutto la Cultura, perchè è l’arma più forte per fronteggiarle”.

 

F.: Grazie per essere stato con noi e per averci scelto in qualità di Gruppo di Early Adopters come direbbe Eric Ries o il grande  Everett M. Rogers.

T.: Un caro saluto a tutti i lettori di DETTI E FUMETTI.

[Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI – sezione Fumetto – articolo del 29 maggio 2019]

 

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