Dario Santarsiero- WILLY intervista IMMA PIRO PER DETTI E FUMETTI

Cari amici di DETTI E FUMETTI oggi abbiamo con noi IMMA PIRO.

Allora Imma, sei nata a Napoli 8 dicembre 1956 Hai esordito nel cinema nel 1974 nel film di Sergio Corbucci “Ilbestione”, accanto a Giancarlo Giannini. Nello stesso anno hai recitato come attrice protagonista nel film di Vittorio Caprioli “Vieni, vieni amore mio”. Tra gli altri film che hai interpretato “La mazzetta” con Nino Manfredi, “Ecco noi per esempio”, con Adriano Celentano, “Fontamara” con Michele Placido e molti altri.

Nel 1992 nel film di Aurelio Grimaldi “La ribelle” interpreti la madre siciliana di Penelope Cruz. Negli anni novanta vieni chiamata a interpretare un film in Germania: “Tchass”, una coproduzione svizzera-austro-tedesca per la regia di Daniel Helfer, al quale fa seguito “Slaughter of the cock”, pellicola girata tra Cipro, Dubai e Damasco sotto la direzione di Andreas Pantzis accanto a Seymur Cassel e Valeria Golino. Sei spesso tornata al cinema lavorando in pellicole come “Viva l’Italia” di Massimiliano Bruno. Nel film di Nanni Loy “Scugnizzi”, presentato a Venezia in concorso nel 1989.

Alla fine degli anni settanta hai debuttato in televisione con la regia di Citto Maselli nello sceneggiato a puntate “Tre operai” 1978, a cui sono seguiti vari lavori sulle reti Rai e Mediaset tra cui:  “Donne armate” di Sergio Corbucci, “Compagni di scuola” di T. Aristarco e “C. Norza”, con Massimo Lopez e Riccardo Scamarcio, “Un difetto di famiglia” con Lino Banfi e Nino Manfredi, “Il capo dei capi” per la regia di Alexis Sweet e Enzo Monteleone e molti altri.

Nel 1981 hai debuttato in teatro con Eduardo De Filippo in “La donna è mobile”, rimanendo fino al 1987 accanto al figlio Luca nel ruolo di prima attrice.

Hai lavorato nel 1982 con e sotto la direzione di Carlo Cecchi in un testo di Anton Cechov: “Ivanov”, con Anna Buonaiuto. Con Sergio Fantoni nella stagione teatrale 1988-89, in “Purché tutto resti in famiglia” una black comedy di Alan Ayckbourn. Con Nello Mascia, sotto la direzione di Maurizio Scaparro, hai interpretato in veste di protagonista il ruolo di Clara in “Fatto di cronaca” di Raffaele Viviani, debuttando nel 1987 al Festival di Spoleto: lo spettacolo, sempre per la regia di Scaparro, fu ripreso da RaiDue nel 1992 per la trasmissione “Palcoscenico 92”.

Nel 2005, sotto la direzione di Franco Però hai interpretato “Adelaide” di Fortunato Calvino al teatro Nuovo di Napoli. Per la tua interpretazione ti sei aggiudicata il premio “Girulà” 2006. Da ricordare anche la tua interpretazione nel ruolo di Amalia Iovine nella messa in scena di Francesco Rosi, dopo ben 18 anni accanto a Luca De Filippo nella stagione 2005-2006, “Napoli milionaria”, conquistando nel 2007 il premio intitolato a Salvo Randone. Tanti ruoli da comprimaria in fiction televisive di successo come “Orgoglio”, “Compagni di scuola”, “Il Capo dei capi”, “Assunta Spina”, “Intelligence”, “Il tredicesimo Apostolo”.

Nel 2014 hai partecipato al Festival di Todi, Regia di Enrico Maria Lamanna testo “Vico Sirene” di Fortunato Calvino. Nello stesso anno partecipa al 48h film project con il cortometraggio “L’ospedale delle bambole” di Francesco Felli. Nel 2015 hai curato la regia di un testo di Scarpetta ”O’ Scarfalietto” per un gruppo di giovani dell’Accademia L’Arte nel cuore curandone anche l’adattamento.

W. Quando hai deciso che la recitazione avrebbe fatto parte della  tua vita?

L’ho deciso a cinque anni. Vedendo molti film in bianco e nero con  mia madre. Quando vedevo gli attori chiedevo a mia madre se li conosceva  E lei mi rispondeva che avevano  fatto la scuola insieme.   Oppure mentre nel film si stavano  baciando, gli chiedevo  se si baciano veramente.  Mamma rispondeva che avevano  lo scotch sulla bocca. Mia madre che da giovane era molto bella, cantava mentre suo fratello suona. Io la sentivo  cantare mentre si esibiva  per gli amici e i parenti con una gestualità che oltrepassava la quotidianità, aveva le movenze di una attrice. Io ero talmente affascinata da mia madre che  ho iniziato a mettermi davanti allo specchio e provare le sue  scarpe con i tacchi a spillo, mi truccavo con l’Eye-Line e con le pinzette tiravo su le ciglia.  Ed da qui che parte la mia passione per la recitazione. Sono salita per la prima volta sul palcoscenico in una  discoteca per adolescenti, siamo negli anni ’70, c’era un concorso di bellezza dove ho partecipato costretta dai miei cugini; ed ho vinto una coppa d’argento e un mazzo di fiori. La seconda volta è successo l’anno dopo, mi hanno fermata sull’autobus per fare una sfilata al teatro Mediterraneo di Napoli e quando sono salita su quel palco ho capito, non so perché, che ci sarebbe voluto del tempo per farmi scendere. Devo dire che questo mestiere mi ha salvato la vita, perché essendo io una scapestrata, dovevo stare attenta al mio fisico, non potevo farmi male. Insomma ho scelto il mestiere che mi piaceva. Avevo studiato lingue per il turismo, l’unica raccomandazione nella mia vita che ho avuto, sempre negli anni ’70,  è stata quella per  entrare come hostess all’Alitalia. Ricordo che avevo appena girato cinque giorni nel film di Giancarlo Giannini, e alla persona  che mi voleva raccomandare  come  hostess all’Alitalia,  ho risposto che non mi interessava perché volevo fare l’attrice; non gli ho detto forse farò il cinema, ero veramente convinta di essere un’attrice. Questo è un mestiere che ti da grandi ansie, perché se non sei una star, se non sei arrivata e non sai cosa farai dopo domani, pensi che tutto sia finito, in realtà rallenta ma poi ricomincia. E quando si complimentano con me, mi confermano che ho scelto la strada giusta; pur vivendo con tutte le mie insicurezze che mi aiutano a fare sempre meglio. Ed ora che sono passati più di quarant’anni sono molto felice di aver intrapreso questa carriera.

W. L’esordio nel ‘74 al fianco di  Giancarlo Giannini, ce ne vuoi parlare?

Il primo incontro tra me e Giancarlo Gianni è stato a piazza dell’Aracoeli negli uffici della Champion che era la produzione di Carlo Ponti. Oltre a Giancarlo Giannini c’era anche Sergio Corbucci. Io mi sono presentata una sera d’inverno, senza cappotto con una gonna una camicetta ed un maglione traforato come andavano di moda a quel tempo, ero letteralmente congelata. Ricordo che subito dopo la porta d’ingresso la parete era tappezzata con  le foto della Loren e a dire la verità mi ha portato bene, perché Giancarlo si è rivolto a Sergio Corbucci e gli ha detto che doveva prendermi nel cast, perché gli piacevo e gli ricordavo la  Loren da piccola. Ed eccomi qua.

W. Sul tuo cammino c’è la televisione, che ha aperto le sue porte con Alberto Lattuada, in che modo ha arricchito la tua carriera?

Il mio esordio in televisione è stato nel ‘76 in bianco e nero su  Rai2 con Il  Rotocalco “Odeon tutto quanto fa Spettacolo”. Lattuada è stato importantissimo per me, lo avevo visto per un film qualche anno prima,  si era ricordato di me, e mi ha chiamato.

W.  Non sbaglio nell’affermare che  lavorare con Eduardo De Filippo ha lasciato nel tuo cuore un segno  profondo

Io credo che la disciplina forte, grossa, importante, l’ho acquisita con Eduardo. Vederlo tutti i giorni, alle prove per quattro anni nei cinque spettacoli che ho  fatto con lui non sono pochi. Eduardo aveva problemi con il cuore e non si provava dieci ore al giorno, si provava alcune ore ma erano prove intense interessantissime, di cui mi ricordo benissimo. Da poco sono usciti due libri, prima a Napoli con l’inserto di Repubblica di maggio, per i centoventuno anni dalla sua nascita e c’è anche  una mia testimonianza, tra i tanti che hanno lavorato con lui. Mi sono riletta e mi sono commossa. Il giornalista Giulio Baffi che ha scritto la biografia, conosceva Eduardo e non solo ha chiesto la testimonianza degli attori ma anche quella della costumista, dell’attrezzista, in una parola tutte le maestranze che hanno lavorato con e per Eduardo. Una cosa molto bella.

W. Da insegnante come, ti poni nei confronti dei tuoi allievi?

Ho capito questo, non fare la signorina Rottermeier, altrimenti non si arriva al cuore e alla  mente dei ragazzi. Quando mi sono messa sui trampoli, ho visto il loro sguardo cambiare. Devi essere si insegnante dando o migliorando le loro nozioni, cercando però di far passare l’amore per questo mestiere, perché se non vi innamorate non lo potete fare. Però se questo lo dici da persona adulta della mia età, arriva sempre un po’ come una roba pesante. Mentre io cerco di veicolare questo messaggio con la comicità

W. Il tuo sogno nel cassetto?

Stare bene, avere una buona memoria fino alla fine dei miei giorni e stare sulla scena nella vita come nel mio lavoro ancora a lungo. Perché tanto  noi siamo avvantaggiati possiamo fare i vecchietti. Sempre se  la salute e la memoria ci aiutano e soprattutto continua l’amore per questa carriera, altrimenti  ci godiamo la  meritata pensione

W. Bene cara Imma, grazie anche a nome dei lettori di Detti e Fumetti per questa piacevole chiacchierata

[Dario Santarsiero per Detti e Fumetti -articolo del 19 giugno 2021]

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