Cari lettori di Detti e Fumetti, oggi parleremo con l’attore Luigi Di Fiore.

W. Allora Luigi, sei nato Milano, 18 luglio 1964 Ti diplomi nel 1985 alla bottega teatrale diretta da Vittorio Gassman. L’anno successivo vieni scelto, tra 1000 candidati, per rappresentare il ruolo di Don Giovanni nell’Elvira o la passione teatrale diretta da Giorgio Strehler. L’anno successivo vieni chiamato a Roma per interpretare l’agente Quadri nella miniserie televisiva La piovra 4. Interpreti numerose fiction televisive e partecipi a film di respiro internazionale, senza abbandonare mai l’attività teatrale.Dal 1996 fino al 2001 vesti i panni di Luca De Santis nella soap spia, Marco e Laura, La ragnatela, La piovra 5 Il cuore del problema, Amanti e segreti, Cuore contro cuore, Distretto di Polizia ed Incantesimo. Nell’ottobre 2001 gi r i inol tre alcuni documentari per Geo & Geo. Dal 2009 hai interpretato il ruolo di Franco nella terza e quarta stagione de I Cesaroni. Nello stesso anno vinci il palmarès come migliore attore al Festival du cinema de Paris. Nel 2013 hai interpretato il ruolo di Druso Pollione in Barabba. Nel 2013 hai interpretato il ruolo di Corrado Muraro ne Il commissario Nardone al fianco di Sergio Assisi Nel 2013 interpreti il personaggio di Vittorio, nella fiction Rosso San Valentino. 2013 interpreti il personaggio di Giancarlo in CrossingLines Nel 2013 sei sul set di Provaci ancora prof 5 e Mani pulite.
W. Perché hai scelto di fare l’attore?
Periodicamente questa domanda mi è stata rivolta più volte nel
corso della mia carriera. La risposta più istintiva dovrebbe essere
legata alla “chiamata”. Sono stato scelto non ho scelto io. Una sorta
di vocazione religiosa, una questione dello spirito, o degli spiriti,
come avrebbe detto Louis Jouvet. Il primo spettacolo teatrale a cui
ho assistito fu il “Fanfani rapito” di e con Dario Fo. Ne rimasi incantato. Avevo 11 anni. Quel giorno mi sono detto che non avrei
immaginato altra vita se non quella che sembrava trasparire dalla “Comune” fondata da Dario Fo. Sono stato fortunato, casa mia distava dalla Palazzina Liberty, sede del Teatro della Comune, non
più di 150 metri. Dal giorno dello spettacolo cominciai a frequentarla tutti i pomeriggi. Sono diventato una specie di mascotte della comunità, la scelta, a quel punto, non era più detraibile.

W. All’inizio della carriera essere scelto da Strehler tra mille
candidati che sensazione hai provato?
Dopo essermi diplomato alla “Bottega” di Vittorio Gassmann entrare
nel tempio della cultura europea diretto dal più grande regista del
‘900 significava solo una cosa. Il massimo. L’iperbole. La gioia pura.
Sono stati due anni magnifici in cui ho affinato i miei studi come mai
avrei potuto immaginare di poter fare. Gli anni più belli della mia
vita personale e professionale.

W. Che cosa è per te il talento?
Il talento è un insieme di imprinting ereditati dalla famiglia, le prima esperienze sociali, intendo proprio la scuola materna, ci includo anche le prima esperienze erotico-sentimentali con la Cinzia quando si giocava al dottore e all’infermiera e ci nascondeva nelle cantine o nei solai del condominio. Tutto questo concorre a formare una tua sensibilità rispetto ai sentimenti. Ma tutto questo non basta. Il talento per il talento non vale niente se non è sottoposto ad una
rigida disciplina dell’apprendimento, dell’approfondimento. Troppi
talenti ho visto smarrirsi per aver immaginato che bastasse solo
quello per riuscire nella professione.
W. Aver ricoperto per cinque anni il ruolo di Luca De Santis nella
soap opera Un posto al sole, cosa ti ha lasciato?
Tanto amaro in bocca. Una famiglia che ha dimenticato i suoi figli
mandati al “fronte” a combattere una guerra che scongiurasse la chiusura del Centro di produzione di Napoli. Una volta vinta la guerra era necessario rinnovare i “soldati”, tanto per rimanere nella
retorica della metafora, diritto sacrosanto, quello che risulta manchevole è la condanna all’oblio, come se tutto quello che hai fatto in 5 anni della tua vita personale e professionale non valesse
nulla.
W. Quale responsabilità ha un attore nei confronti della società?
In questo tipo di società praticamente nullo. In una comunità ideale
dovrebbe essere una figura di riferimento per tutte le nuove generazioni, a partire dalla scuola. Gli attori sono gli unici in grado
di trasmettere il sapere per via pedagogica con un forte elemento
emotivo, l’unico in grado di trascendere lo spirito di uno studente o
studentessa. Ma non lo capiranno mai.
W. Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono recitare?
Di diventare ricchi, se ancora non lo sono, trovando altre strade. Poi
potranno dedicarsi anima e corpo ad un lavoro che non esiste e non
è riconosciuto, nelle sue peculiarità da una società malata, profondamente malata, in coma direi.
W. Quale è il tuo sogno del cassetto?
La pace nel mondo ed una morte veloce, istantanea. Tra cento anni.
W. Bene Luigi grazie anche ha nome dei lettori di Detti e Fumetti
per questa bella chiacchierata
[Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI – sezione teatro articolo del 17 dicembre 2021]