EVOCAZIONE E SINTESI, LA POESIA, WILLY IL BRADIPO INTERVISTA Alessia Giovanna Matrisciano PER DETTI E FUMETTI

Illustrazioni e ritratti di Filippo Novelli

Ciao Amici

oggi apriamo un nuovo ciclo di interviste dedicato alla poesia: EVOCAZIONE E SINTESI, LA POESIA.

Oltre ad intervistare artiste ed artisti, vi proporremo anche loro opere. Oggi abbiamo con noi Alessia Giovanna Matrisciano.

L’incontro con Alessia Giovanna Matrisciano non è casuale, la sua poesia dettata da una  lotta interiore mi ha colpito nel profondo,

W. Vediamo Alessia Giovanna ti racconto ai miei amici: sei  nata a Rovereto nel 1993. Ti sei  laureata in Letteratura e Spettacolo all’Università “La Sapienza” di Roma; hai pubblicato le sillogi poetiche Le compagne di stanza (2012) e I frustrati (premio nazionale Creatività Infinita 2015), per dedicarti poi ad una fitta attività teatrale come autrice e regista. Con i tuoi spettacoli sei stata ospite nelle stagioni di diversi teatri romani e in festival di portata nazionale. Hai collaborato come assistente alla drammaturgia al progetto Casa degli artisti, promosso dalla Fondazione Teatro Due di Parma. La tua La drammaturgia Narciso è stata vincitrice dell’edizione 2018 del concorso nazionale L’ Artigogolo, nonché dei festival Inventaria e Dominio Pubblico.

W. Ed ora vorrei farti qualche domanda. Nella tua via ha sempre dominato la poesia, perché?

A. Fin da quando ho imparato a leggere, il mondo della letteratura mi è sembrato la migliore ancora di salvezza. Il mondo che avevo intorno mi sembrava smorto, privo di emozioni, mentre grazie ai libri avevo la possibilità di vivere vite “altre”, più intense e significative. La poesia mi dava quel che poteva darmi un romanzo, ma aumentato: il mio senso del bello veniva colpito in modo intenso e sconvolgente. Ho sempre imparato a memoria le poesie che amavo; questo mi consentiva di avere a disposizione le “parole giuste” ni momenti di difficoltà e di portare le emozioni vissute leggendo dentro di me, come fossero mie. Tutto ciò che ho scritto poi nella vita è stato marchiato dall’impronta della poesia: le belle parole sono più belle dei bei tramonti.

W. C’è uno stretto rapporto tra la poesia intimista e la donna?

A.  Storicamente, sì; ma tutto dipende, a mio parere, dallo stile di vita che si conduce. La mia vita è stata sempre piuttosto ritirata, come poteva essere quella delle donne di un tempo, legate a pochi affetti intensi: per questo mi sento portata ad una poesia intimista (ma ricordiamo che anche molti maschi l’hanno praticata). Niente a che vedere con pretese “sensibilità” che la donna avrebbe in più rispetto all’uomo. Non credo in questo.

Foto di Sergio Battista in occasione

del premio nazionale L’ Artigogolo 2018

W. Cosa è cambiato nella poesia femminile dei primi del novecento a oggi?

A.  Non credo nella “poesia femminile”, nella “letteratura” o nel “teatro delle donne”. Non credo che il genere biologico sia determinante per l’arte che si pratica, se non per la parte che attiene all’educazione e alle convinzioni che si ha sul proprio ruolo. Nell’ultimo secolo, le donne hanno avuto l’occasione di appropriarsi di tutti i temi e i modi possibili, perché si è creata la possibilità di vivere vite libere e non subordinate al ruolo di moglie e madre. La poesia, maschile o femminile che sia, dovrebbe piuttosto variare in base a temi, sensibilità individuali, correnti artistiche. Tutti gli artisti e le artiste di ogni secolo hanno fatto semplicemente arte. Coloro che pensano che le donne debbano scrivere per forza un certo tipo di poesia sbagliano di grosso.

Per gentile concessione di Guarino-Images

W. Perché leggere la poesia?

A. I libri di poesia non sono il genere di cose che si può gustare tutto insieme: vanno tenuti sul comodino e letti una pagina alla volta lungo un mese o un anno. Leggere poesia è un piccolo rito che si fa quando se ne sente il bisogno, come chiedere risposte ai dadi o lanciare monete.

Sergio Battista Photos

W. C’è corrispondenza tra la realtà di tutti i giorni e la poesia?

A. Certo. La poesia parla della pura realtà, ma la racconta così bene che non sembra vera.

W. Componi di getto o hai bisogno di riflettere a lungo per scrivere una nuova poesia?

A. Compongo di getto, ma a volte passo settimane a correggermi. L’esperienza gioca molto in fase di composizione: un’idea indistinta viene subito passata al setaccio della mente e la prima bozza appare già regolata sulle leggi della poesia. In pratica, mentre scrivo esercito un’autocensura mentale che mi porta a privilegiare alcune parole o immagini a discapito delle altre, in modo da avere subito una scrittura “corretta”. Mi sento come i musicisti jazz (apparentemente improvvisatori): regole ferree e libera invenzione all’interno di esse.

W. Ad un’adolescente che vuole avvicinarsi alla poesia, quale letture consiglieresti per iniziare?

A. così di getto consiglierei “La ragazza Carla” di Pagliarani; dimostra che si può creare un capolavoro dolce, triste e affascinante senza avere a disposizione nulla: né storie eccezionali, né personaggi atipici, né un linguaggio particolare. Tecnica, orecchio, il giusto cinismo e molto amore possono bastare.

W. Il tuo sogno nel cassetto?

A.  Pubblicare con Einaudi.

W. Bene cara Alessia Giovanna, non vediamo l’ora di leggere la tua prossima raccolta di poesie. Grazie anche  a nome dei nostri lettori di Detti e Fumetti!

A. Grazie mille Willy il bradipo ( Dario), grazie a tutti a voi!

[Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI – sezione Letteratura- articolo del 13 febbraio 2021]

Vi lasciamo con due poesie di Alessia Giovanna Matrisciano.

Se non avessi mia madre

e mia nonna e sua madre

a darsi battaglia nelle viscere

forse avrei patria nel presente

e nascerei con il cuore sminato.

Le bombe da tempo non fischiano più, 

l’imperatore d’Austria è caduto

e la luna è un pezzo di America ormai,

e nella mia vigna non va più nessuno.

Gli uomini e i cani col cognome

sono già tutti partiti

e mia madre in camicia bianca

ha appeso al muro la sua corona

e i treni notturni e i panini

e i grandi libri dei vent’anni.

Ma la vigna marcita mi grida nel sonno

e i tedeschi in fuga mi insultano

e l’odio di mia madre per sua madre

e la rabbia di cani e di donne

per le donne di tutte le specie.

Se non avessi le madri nel petto

la battaglia sarebbe ormai vinta,

loro non parlerebbero più

e non odierei più mia figlia

e non la metterei al mondo

neppure sotto tortura.

La mia vigna è chiusa da secoli

e io non sono mai nata

che per interposta persona.

Io vivere tutta voglio

di una sostanza sola,

dal cuore suo alla crosta

senza smorfie e senza sputi,

e senza affettazione,

ma non perdere coscienza

di che è seme e cosa è crusca.

Nella polvere del giorno

mangio morsi di corteccia

come i passeri d’inverno

e mi sento felice.

Così spesso ci si litiga

tra noi poveri le bucce

che più a queste che alla mela

noi facciamo attenzione.

Ma di sera quando capita

che dai grandi forzieri

per un sonno del guardiano

ci scivoli una cosa,

non stare, pancia mia,

contenta di cos’hai!

Non pensare, cuore mio,

di battere a metà

che è più facile e che in fondo

sei già re del tuo cortile.

E questo frutto della penna

che mi è lavoro, al mattino,

che mi è ragione la notte

non mi possa mai stancare:

perché esso ha molte facce,

e avrà succo e molto sole

se non perderò coscienza

di che è seme e cosa è crusca.

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