DARIO SANTARSIERO -WILLY INTERVISTA CESARE PIETROIUSTI per DETTI E FUMETTI

Cari lettori di detti e Fumetti, oggi intervisterò l’artista Cesare Pietroiusti

W. Allora Cesare iniziamo ti introduco ai nostri lettori: laureato in Medicina con una tesi in Clinica Psichiatrica (1979), sei noto per la tua pratica fondata sulla generosità, sui paradossi delle azioni ordinarie e degli scambi economici, tra cui il rifiuto di vendere le proprie opere, e per avere contribuito a creare numerosi gruppi, spazi di ricerca e progetti collettivi.

La frequentazione di Sergio Lombardo, che nella primavera del 1977 aveva aperto il suo studio in un grande appartamento per farlo diventare uno spazio espositivo, è stata determinante nello sviluppare il tuo interesse per l’arte.

Invitato alla XII Quadriennale di Roma del 1996, rinunci ad esporre un’opera individuale per proporre una partecipazione aperta e collettiva ad artisti amici.

Nel 1999 ti è stato assegnato a Bologna il Premio Francesca Alinovi, oggi Premio Alinovi Daolio. Nel 2000 sei stato fra gli iniziatori del progetto Nomads & Residents a New York. Dal 2006 sei membro del Comitato Scientifico e co-curatore del Corso Superiore di Arti Visive della Fondazione Ratti di Como; sei stato inoltre docente allo IUAV di Venezia e MFA Faculty presso LUCAD, Lesley University di Boston. Dal 2015 sei inoltre membro del comitato promotore del Forum dell’Arte Contemporanea italiana, e, dal 2018, presidente del CdA dell’Azienda Speciale PalaExpo di Roma.

Eating Money performance, Ikon Gallery, Birmingham 2007

W. Perché hai scelto l’arte come tuo stile di vita?

C. E’ più che uno stile, direi che è una “forma di vita”. L’ho scelta perché è quella che più di ogni altra sentivo libera dai condizionamenti delle specializzazioni e delle “capacità” professionali: io, infatti, mi sono tendenzialmente sempre sentito incapace a fare qualsiasi cosa. Col tempo, poi ho capito che l’arte come forma di vita può addirittura valorizzare le incapacità, così come gli errori, gli effetti collaterali, i fallimenti, e far diventare la loro elaborazione un vero e proprio lavoro.

W. Cosa intendi quando affermi che l’arte è provocazione?

C.  Più che pro-vocare (chiamare fuori), l’arte con-voca, cioè chiama a un incontro con l’altro, che è un incontro in campo neutro, un campo né mio né tuo, un campo dove non vengono meno soltanto le specializzazioni disciplinari (e disciplinate), ma anche gli abituali modi di pensare, i rapporti fra mezzi e fini, fra cause ed effetti, fra prima e dopo.

W. In questi tempi di globalizzazione l’artista che ruolo svolge?

C.  Lo stesso di sempre: è colui/colei che fa mostra e fa un lavoro della libertà di pensiero. Tutti ce l’hanno, la libertà di pensiero, ma per lo più se lo dimenticano (o meglio, nessuno glielo ricorda). Nessuno, tranne l’artista e forse il filosofo (che comunque non la prova sperimentalmente).

W. L’arte a chi appartiene?

C.  A chi ha le idee per darle senso, non a chi ha i soldi per comperarla.

W. Sei presidente di una prestigiosa sede come il Palazzo delle Esposizioni di Roma, che responsabilità comporta dal punto di vista divulgativo?

C. Responsabilità grandi, grandi doti di equilibrio ed enormi e costanti rischi di fraintendimento. Poiché i media, quelli che si occupano della divulgazione (strana parola, no?), non sono interessati alla libertà, al pensiero critico, all’emancipazione, ma soltanto a quella fastidiosa caricatura del discorso che è il pettegolezzo, lo scandalo che produce pruriginose forme di vasildilatazione generalizzata per cinque minuti, e poi non lascia nulla.

W. Ora al Palazzo delle Esposizioni c’è una nuova mostra,  promossa da Roma Culture, ideata e organizzata dall’Azienda Speciale Palaexpo “Tre Stazioni per Arte-Scienza” ce ne vuoi parlare?

Palazzo delle Esposizioni, Roma

C. E’ un grande progetto che cerca di dimostrare che forza del ragionamento, bellezza estetica, paradossi, storia e incertezze possono convergere e trovarsi in un territorio intermedio fra loro, laddove nuovo senso si costruisce, a sorpresa dei singoli specialisti. Una grande mostra che tutti gli studenti, tutte le persone curiose, o potenzialmente tali – insomma tutti e basta – dovrebbero venire a visitare.

W. Qual è il tuo sogno nel cassetto?

C. Tornare a fare l’artista a tempo pieno…

W. Bene, grazie caro Cesare anche a nome dei lettori di Detti e Fumetti per questa bella chiacchierata. 

[DARIO SANTARSIERO per DETTI E FUMETTI – sezione ARTE – articolo del 3 novembre 2021]

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