Filippo Novelli presenta il Reportage del Festival del fumetto di Roma, sul caleidoscopico mondo del fumetto a cura di DETTI E FUMETTI
“Nei miei disegni vi è una esplosione di colore che si fa messaggio e mezzo per richiamare l’attenzione del pubblico, superando il segno stesso. Utilizzo una atmosfera prospettica per dare anima ai miei personaggi il che ha in se qualcosa di rivoluzionario se siete abituati ai classici colori delle icone dei vostri eroi”. E’ cosi’ che Nicoletta Baldari, firma della copertina della nona edizione di ARF, ci introduce ai suoi disegni.










ARF, il Festival del fumetto di Roma, appuntamento obbligatorio per chi vive nella capitale (e non solo) quest’anno ci ha stupito piacevolmente per la scelta degli autori portati in mostra e per i temi affrontati nei talk a vogliamo oggi dare ampio spazio. Temi, sempre in linea con l’attualità, sempre trasversali nella Cultura, sempre geniali nell’approfondire l’hype del momento: Zerocalcare che sfonda la quarta parete e si fa intervistare dai tiktoker e dai 2010; CAPAREZZA, la targa Tenco 2021 innamorata del fumetto; Lillo-Posaman che rivela le sue doti di fumettista; i personaggi delle fiction che si rivelano essere azzeccatissimi personaggi da fumetto come Raiz e Giacomo Giorgio di MARE FUORI. Sono tutti benzina del motore di questo ARF 9.

Interessantissima la mostra del maestro Mattotti che ti permette di apprezzare la genesi delle tavole. Un vero e proprio salto nel tempo per tornare agli echi della metafica italiana dei due fratelli DE CHIRICO e SAVINO .Vi riportiamo alcuni capolavori affiancati ai loro bozzetti.







Dopo il tempo sospeso degli anni pandemici, la sfida per gli ARFER era grande: tornare l’ARF degli anni d’oro 2018-19. Sapevano che non sarebbe stata una missione facile; il pubblico dimentica velocemente, oggigiorno l’offerta è sempre piu’ variegata e frammentata; le generazioni si susseguono, il pubblico si rinnova e tu devi ogni volta rincorrerlo e farti conoscere, farti notare in qualche modo. Ovviamente hanno accettato la sfida; hanno decuplicato l’offerta (mai organizzate tante mostre in una unica edizione). Insomma hanno affilato le loro armi migliori “Per offrire il meglio ARF di sempre” [cit. Fabrizio Verrocchi].



gli spazi della pelanda – Werther Dell’edera – Mostra su Arfio
Hanno innanzitutto riconquistato gli spazi della PELANDA, luogo perfetto per far esplodere le peculiarità dell’ARF e farne un unicum riconosciuto a livello nazionale. I feedback ed i numeri gli hanno dato ragione. Tenete conto che in una sola giornata hanno superato quelli della edizione precedente.
Cari lettori di DETTI E FUMETTI come promesso oggi vogliamo accompagnarvi all’interno di alcuni dei TALK più belli di questa edizione dell’ARF. Se avrete voglia di unire i puntini disegnati dalla mente dell’ARFER MAURO UZZEO, se vorrete interpretare la sua sceneggiatura del festival, allora sono sicuro che ne uscirete arricchiti e con le idee piu’ chiare sul MONDO DEL FUMETTO di oggi.
Mauro e la sua squadra ha portato sul palco dei Talk la serie campione di incassi MARE FUORI [ panel dal titolo: ULTRAPOP: “COME FOSSE UN FUMETTO” – INCONTRO CON IL CAST DI MARE FUORI – (Intervengono: Ivan Silvestrini, Raiz, Giacomo Giorgio – Conducono: Mauro Uzzeo e Riccardo Corbò) ],
MARE FUORI è in onda su RAI PLAY, e ha raggiunto un totale di 214 milioni di visualizzazioni con un numero incredibile di tempo speso pari a cica 89 milioni di ore. Con questi numeri ha scritto la storia della RAI ed i suoi protagonisti verranno ricordati per sempre. Nel titolo il motivo di questo panel “come fosse un fumetto”.
Con il regista, Ivan Silvestrini, e due dei principali protagonisti della serie, Giacomo Giorgio (Ciro Ricci) e Raiz – Gennaro della Volpe (Don Salvatore), è stata fatta una accurata analisi di MARE FUORI al fine di far emergere e apprezzare alla platea gli stilemi del fumetto che sono alla base della storia. La dissertazione sull’uso del colore nella caratterizzazione dei personaggi (ad ogni personaggio è abbianto un colore correlato con il carattere) è stato uno dei passaggi che ho apprezzato di piu’.
Ivan ha fatto notare l’attento uso della palette: vestiti con delle tonalità marina per alcuni personaggi, tonalità verde marrone per altri, vestiti nella scala dei grigi per altri ancora; i protagonisti, i Ricci, che spiccano sugli altri personaggi per il colore dei vestiti: bianco o nero con inserti oro. Tutto è funzionale per distinguerli e fare loro delle vere e proprie icone.
Altro tema mutuato dal fumetto è stato quello del valore dato al ruolo del Villain (del cattivo); a tal proposito è stato chiesto il parere ai protagonisti del talk.
Giacomo: “Confesso di essermi ispirato per certi aspetti anche a Joker; ho trovato che interpretare un cattivo è molto più affascinante ed interessante che interpretare il buono. Il mio personaggio tuttavia non ha voluto raccontare il male fine a se stesso, bensi’ far vedere il male come qualcosa che imprigiona l’uomo, che di base è buono e fragile. Quando il protagonista muore questa verità emerge. Ciro si rivela un ragazzo indifeso e fragile che ha bisogno di suo padre, un padre purtroppo assente. Se disegni un personaggio di questo genere, ne fai un eroe perchè lo fai entrare in empatia con il pubblico. Si badi bene, Ciro si rivela essere ben diverso dallo psicopatico serial killer che puo’ essere il Joker. Spesso mi viene posta la domanda sul rischio della emulazione del cattivo/male. Io penso che il cinema deve essere scevro da qualunque tipo di rapporto nel sociale; non si può pensare al cinema come qualcosa di educativo. Il cinema è messa in scena, è Arte. Se ci facessimo questi problemi allora film come Il Padrino o Scarface non avremmo dovuto mai farli. Ed invece sono diventati tutti grandi film che hanno fatto la storia del cinema; film con grandi cattivi il cui compito non è educare. L’importante è che tu regista o attore non inciti all’imitazione ma anzi spieghi, fai capire, che chi si comporta così poi fallisce, muore. Questo messaggio noi abbiamo cercato di darlo con Mare Fuori. Penso che invece la chiave vincente di Mare Fuori è che è un veicolo per dare una educazione emotiva.
Per chiudere con una battuta sul falso problema della emulazione: visto il successo di don Matteo, se valesse questo principio il mondo sarebbe pieno di gente brava, buona e santa come lui, Voi li avete visti?
Un altro talk “sul pezzo” dopo Mare fuori è stato quello con Barbara Baraldi all suo esordio come nuova curatrice di Dylan Dog. (panel: BARBARA BARALDI E LA QUINTA STAGIONE DI DYLAN DOG -Intervengono: Barbara Baraldi, Michele Masiero – Conducono: Valeria Gobbato e Mauro Uzzeo)
La prima domanda fatta a Barbara nasce da una curiosità che accomuna tutti noi: Quale è la prima cosa che hai fatto quando sei diventata curatrice di Dylan? “.
B.:Studiare chi aveva lavorato in questo stesso ambito prima di me. Io quando inizio a scrivere ho come metodo di lavoro il cercare delle persone che lo hanno fatto prima di me; in Italia per quel che riguarda l’horror prima fra tutte abbiamo avuto Carolina Invernizio, soprannominata la casalinga di Voghera, nomignolo attribuitole per offenderla. Lei diceva che si era vendicata di questo nomignolo dei critici, facendo loro presente che le loro madri e le loro mogli leggevano i suoi scritti.
M.: E’ giustamente arrivato il tempo delle donne in posizioni apicali. Bonelli si è allineata al trend.
la Barbara Baraldi di Filippo Novelli
B.:In Bonelli mi hanno detto che mi hanno scelta perché in questi anni ho scritto buone storie; mi è piaciuta molto questa loro naturalezza nel dirmi che sono qui non per il mio genere ma per il lavoro che ho fatto. Io mi sento orgogliosa e carica di responsabilità. I miei lettori, nel complimentarsi per la notizia, mi hanno scrittouna bella frase che ricordo volentieri: “Spero che in quanto donna porterai delle cose sicuramente diverse in Dylan”. Ebbene questo è uno divenuto uno dei miei principali obiettivi. Spero di portarlo a termine.
V.: Non hai scritto moltissimo in Dylan ma le tue storie hanno una forte identità e si nota una forte conoscenza del personaggio; Dylan è considerata testata più femminile della Bonelli perché Dylan Dog è letto dalle donne, cercato dalle donne, voluto dalle donne; le donne trovano una sensibilità più affine a loro che non per altri personaggi di altre testate Bonelli. Tu che rapporto hai con il personaggio Dylan?
B.: Non sono mai stata innamorata di Dylan Dog, per me è sempre stato mio fratello. Io sono la più grande di quattro fratelli; ai piccoli spesso ho fatto da mamma; per i piu’ grandi sono stata la loro confidente. Con Dylan è lo stesso. Lo considero uno di famiglia, un fratello. Il caso vuole poi che abbiamo molte cose in comune: infatti come lui soffro di claustrofobia, di vertigini, inizialmente avevo anche la fobia sociale… ora ce ne vuole per fermarmi quando inizio a parlare sul palco.
Vi confesso che ho sempre avuto una timidezza cronica; fino a poco tempo fa non sarei mai riuscita a parlare davanti alle persone. Questo per dire che leggendo Dylan ho trovato casa perché tutte le tematiche dilaniate erano mie; Posso elencarvene altre: l’invisibilità, il camminare ai margini mentre tutte le altre persone erano al centro e vivevano la vita vera (cosa che non facevo io).
Poi la scrittura mi ha riscattato, mi ha permesso di spaccare molti di questi muri che avevo tirato su. Riuscire piano piano a far vivere i miei personaggi mi ha consentito di tirare fuori la mia voce; e, come vi dicevo, adesso si fa fatica a spegnermi. Oggi riesco ad esprimermi facilmente e questo, se vogliamo, lo devo a Dylan.
Diventare la curatrice del tuo beniamino è una cosa che fa tremare i polsi, pero’ la voglia di fare vince la paura. Quella voglia di fare che nasce dalla ossessione. Penso che l’ossessione sia la cosa che ci fa andare avanti nella vita. Quando davvero amiamo qualcosa le tue paure le superi.
Ricordo quando ero adolescente; in Dylan ho trovato tutto quello che amavo: vi era l’orrore; c’erano le citazioni; c’era una scrittura che mi faceva provare davvero delle emozioni. Ecco vorrei che il lettore ritrovasse quello che ho trovato io nel nuovo Dylan che curerò. Il mio intento è riprendere il canone di Dylan.
Masiero: Dylan Dog nasce come fenomeno di massa molto importante; nel tempo ha risentito della della crisi generale del fumetto e della crisi dell’editoria. E’ diventato progressivamente sempre meno di massa; sul perchè ci sarebbe da fare un lungo ragionamento che inzia dalle edicole che spariscono e prosegue con i fenomeni generazionali, che non si agganciano piu’ come prima a personaggi del livello di Dylan; ma non è questa la sede. L’esigenza che sentivamo era quella di rivitalizzare Dylan. Il nostro desiderio è riportare Dylan Dog a vivere le urgenze dei ragazzi di oggi.
Urgenze che hanno una accelerazione e sono molto diverse da quelle che intercettò Sclavi ai suoi tempi. Tuttavia i “problemi” giovanili sono sempre gli stessi; non è che cambiato molto; è cambiato il modo di metterli in scena, questo si. Ci siamo chiesti perché non provare a cercare una strada per far ritornare Dylan in mezzo ai giovani?
V.: Qual è il tuo rapporto con Tiziano Sclavi? Quanto ha contato per te? Sappiamo che Dylan ti ha formata e ti ha dato tantissimo; aver conosciuto Tiziano Sclavi in che modo pensi che abbia influito sulla persona che sei adesso?
B.: Ho un aneddoto che ce lo puo’ far capire. Lucarelli (lo scrittore) m’ha detto: “Quando racconti una cosa devi sempre avere un aneddoto” perchè l’aneddoto aiuta a capire. Tiziano mi volle conoscere dopo che scrissi la storia di Dylan: “Gli anni Selvaggi”. Era una storia delicata da trattare perchè toccava l’adolescenza di Dylan Dog, cosa mai fatta prima. Andai a trovarlo a casa; lui viveva ai margini di un bosco in un paesino lontanissimo; mi venne a prendere la bibliotecaria della libreria nata grazie a una sua donazione. Mi disse: “Ti devo portare in un posto”, senza dirmi quale fosse (… era la casa di Tiziano). Il viaggio con lei sembrava una trama perfetta di un film horror. Dalla paura mi appiattii sul finestrino e pensai “Adesso mi ammazzano”. Ho finito il viaggio con la mano sulla portiera, pronta a saltare giu’ dall’automobile. Paranoia assoluta.
A sorpresa alla fine invece arrivai a casa di Tiziano. Mi accolse la moglie, lui e i sette bassotti. Quella fu la prima volta che lo conobbi. In quell’incontro non dissi quasi nulla dall’emozione, sembrando una tipa molto misteriosa/educatissima. Successivamente è nata la nostra lunga amicizia. Una volta all’anno ora vado a trovarlo nella casetta nel bosco e parliamo di libri, film (senza mai parlare di Dylan- salvo che lo chieda lui) .
Dovete sapere che i nuovi episodi di prossima uscita lui già li ha letti e sta contribuendo moltissimo con osservazioni e consigli. Questo credo che sarà un regalo per tutti noi; io da fan mi ci metto in mezzo.
Per tornare sui nostri obiettivi: vogliamo attrarre le giovani generazioni. Vi racconto come.
Già ho scritto cinque romanzi per ragazze; ho scritto una saga dark fantasy. So cosa attrae i lettori giovani anche se sono consapevole che il genere Young Adult è il piu’ difficile da scrivere.
Devi avere rispetto per loro e non scrivere qualcosa da piccoli; i ragazzi hanno bisogno di essere portati via da qualcosa. Ad esempio nei miei racconti ho affrontato temi adulti come l’elaborazione del lutto. I giovani di oggi leggono molto i manga perché al loro interno si spinge molto sull’acceleratore delle emozioni.
Nei prossimi racconti cercheremo di inserire almeno una scena memorabile che vi faccia provare un brivido, o che sia onirica, vedremo. Voi ci direte se ci saremo riusciti.
Ci siamo dati una prospettiva nuova per l’immediato futuro. Portero’ quello che mi si muove dentro nella speranza che rispecchi il desiderio dei nostri lettori. Ci saranno tanti collaboratori a dare il loro contributo.
Ci metteremo a servizio non del mio gusto ma del gusto di Dylan. Come curatore cercherò di portare su tutte le storie nel rispetto del canone di Dylan.
Con questo non intendo dire che torneremo indietro al Dylan degli anni ottanta. Per quello già c’è l’Old Boy.
Fateci caso, i ragazzi di oggi vivono in un ambiente molto censurato (vedi YOUTUBE, i prodotti della Disney/Marvel) pertanto trovare un canale nuovo come il fumetto di Dylan in cui proporgli l’horror (horror come antidoto, direi) potrebbe essere la chiave vincente (molto piu’ vicina al manga per tematiche che non ai film disneyani).
L’incontro termina tra gli applausi.
A seguire un interessante talk che ci racconta la nuova frontiera del fumetto: il WECOMIC. AI MIEI TEMPI QUA ERA TUTTO WEBCOMIC! [ intervengono: Giacomo Bevilacqua, Lorenzo Carucci (Jundo), Dario Sicchio e Lorenzo Magalotti (Tacotoon) – Conduce: Valeria Gobbato]
V. Facciamo un giro di tavolo e chiediamo agli ospiti di presentarsi. Iniziamo con Giacomo.
G.: Ho iniziato a disegnare Panda nel 2008. All’epoca c’ero io, Eriadan e pochi altri. Pensate che Zerocalcare è arrivato circa due anni dopo. Era un’epoca meravigliosa perché c’era ancora il Facebook dove i like delle persone (vere) contavano qualcosa. La gente ti metteva un like per il tuo disegno e tu facevi UAUH!. Adesso, nell’epoca dell’Algoritmo, anche se hai 6 milioni di like, ti arriva uno, quasi sempre un profilo fake o peggio una persona reale, solitamente uno che non ti conosce, che si prende la libertà di insultarti gratuitamente … e tu ci rimani malissimo…; ed è cosi’ che ti scordi gli altri 5,999 milioni like … e vai in paranoia. Bello eh?
V. Panda è nato su internet, figlio dello scroll verticale, quando le piattaforme ancora non esistevano; Lorenzo che cosa è successo con l’avvento delle piattaforme?
L.: Con le piattaforme è cambiato tutto. Ho fondato Jundo che per farvi capire, è una sorta di Netflix del fumetto digitale che contiene piu’ di 200 opere; queste possono essere webtoon (e poi vedremo magari un pò la differenza tra webcomic e webtoon) o webcomic, nazionali e internazionali. Abbiamo anche uno shop integrato dove è possibile acquistare i volumi cartacei di queste opere; lo scopo della nostra piattaforma è: da un lato creare una sinergia totale tra cartaceo e digitale, dall’altro rompere quello schema dove cartaceo e digitale si sono visti molto in contrasto l’uno con l’altro, pensando erroneamente che il digitale va a mangiare il cartaceo oppure il cartaceo tiene indietro l’innovazione del digitale.
In realtà non c’è contrasto perchè si creano due set molto fighi e molto diversi tra loro, dove il digitale e il cartaceo della stessa opera avranno proprio due dimensioni creative completamente indipendenti ma entrambe valide. L’altra innovazione del MODELLO PIATTAFORMA è l’avere la linea original con il 100% dei profitti (esclusi i costi di produzione) che va all’autore. I profitti per la piattaforma infatti derivano dalle subscription: per accedere al catalogo bisogna pagare 2 € al mese (appunto il modello simil-NETFLIX). E’ questo il motivo per cui possiamo dare sui nostri original il 100% all’autore proprietario della propria opera.
In un momento storico in cui il nuovo autore fatica ad entrare nel mondo del fumetto, questa metodologia penso che lo aiuti moltissimo. Non solo, gli autori hanno un feedback immediato, cosa che non è per nulla scontata con altri sistemi di promozione.
V.: Dario parlaci di te e di Tacotoon.
D.: ho iniziato a fruire del webcomic come lettore per poi arrivare ad esordire come autore. Ho vissuto l’epoca in cui i siti alla blogspot e Facebook stavano iniziando a declinare. Per intenderci i siti alla blogspost (estensione dei blog su piattaforma google) erano realizzati dagli autori per far conoscere il proprio lavoro; delle vere e proprie pagine personali. Li si mettevano le proprie opere on line senza nessuna contezza del linguaggio del web. Noi autori avevamo solo coscienza del fatto che in quel modo i nostri lavori si potevano far leggere su internet. L’unica cosa che cambiava rispetto al cartaceo era il disporre le vignette in verticale per lo scroll. Usavamo Facebook per rimandare a queste pagine. Nulla di piu’.
Nel 2021 sono diventato line editor (coordinatore editoriale) delle produzioni originali di Tacotoon, che è un’app di fumetti a cui puoi accedere tramite browser. Ha un impianto leggermente diverso da quello di Jundo, nel senso che non ha un modello con sottoscrizione. Usa il pay-per-read (paga per leggere) . Ogni serie ha un primo capitolo gratis; poi se vuoi continuare a leggere, per sbloccare i capitoli successivi, bisogna pagare. I fumetti sono in formato webtoon; sono fatti per essere letti da smartphone o tablet ed offrono un’esperienza di lettura unica e performante. In tacotoon abbiamo tutta una serie di prodotti su licenza ma diamo anche una enorme attenzione alle produzioni originali, che sono uno dei prodotti di punta di Tacotoon.
Se il webcomic è piu’ stile simil-scan (con l’impostazione tradizionale) da social (tipo Instgram), nel webtoon invece si inizia a identificare la infinite canvas, vale a dire si ha una lettura verticale infinita, un ambiente narrativo diverso e con grande potenzialità. Il tutto è trasponibile in cartaceo. Mi occupo infatti anche di line editing per quanto riguarda le produzioni italiane cartacee di edizioni BD che è la casa editrice madre da cui è nato il distaccamento digital che tacotoon. Se posso sintetizzare la differenza tra i due generi posso dire che: “ Ogni webtoon è un web comic; non tutti i web comic sono webtoon”.
Con lo scroll (lo scorrimento verticale) che si ha nel webtoon possiamo creare una tensione; ad esempio creando una vignetta molto lunga in cui più si scorre più scopriamo qualcosa fino ad avere una rivelazione finale; questa cosa nel fumetto cartaceo (che ha vignette affiancate e giustapposte) non è altrettanto efficace. Con il webtoon quindi c’è piu’ tensione e siamo noi a decidere che cosa far comparire sullo schermo in quel determinato momento.
Dal punto di vista interazione casa editrice-autore, questo nuovo mezzo da a quest’ultimo molta più indipendenza. Non c’è piu’ quel rapporto ingessato con la casa editrice. Non si parla piu’ di minimo garantito, di avere un po’ piu’ royalty, o una tiratura maggiore, ecc.
Vorremmo concludere questo panel dando un po’ di numeri per far capire che è un medium valido; i lettori della piattaforma sono circa 100.000 in Italia e sono in aumento anno dopo anno.
Nuova giornata all’ARF e nuovo PANEL. Domenica mattina apre la sala talk l’incontro: CALEIDOSCOPI DI LUCI, OMBRE, MACABRO E COLORE
Il panel recita cosi’: “Nicoletta Baldari, superstar del fumetto americano rappresenta il volto e il cuore di ARF! 2023, mentre Margherita Morotti incarna la sua anima più indipendente. Due fumettiste, due illustratrici, due autrici uniche dal talento straordinario raccontano il loro percorso e come, la loro arte, rappresenti perfettamente i loro moti interiori”. – Moderano: Valeria Gobbato e Mauro Uzzeo.
Mauro introduce il talk facendo presente che Baldari e Morotti in un modo o nell’altro rappresentano il volto dell’edizione di quest’anno di Arf. La prima ha realizzato il poster di ARF ed è presente al festival con
il Manifesto ARF 2023- di Nicoletta Baldari
una sua personale. Morotti rappresenta l’anima della SELF AREA e Arf ha preparato anche per lei una personale.




L’arf fin dal primo anno, spiega Mauro, si è posto un obiettivo: quello di parlare di fumetto a 360 °; l’ARF è quel posto dove Topolino e Corto Maltese sono posti allo stesso livello senza alcuna distinzione; il linguaggio del fumetto è talmente vario e talmente ampio che non ci sembrava giusto focalizzarci solo su un determinato aspetto. Mauro conclude l’introduzione ringraziando Francesca Procopio, responsabile della Self Area, per aver contribuito a rafforzare questa idea di ricchezza delle potenzialità del fumetto e dell’illustrazione.
Mauro con una serie di domande dirette e mirate ci da modo di conoscere meglio le due protagoniste di oggi.
La Nicoletta Baldari di Filippo Novelli
M.: Nicoletta chi sei e da dove vieni.
N.: Sono una fumettista e nasco come tale; ho fatto anche delle illustrazioni e oggi lavoro con varie case editrici come: Disney, Marvel, DC, Bao, e altre. Ogni tanto mi piace uscire fuori dagli schemi, evadere; ne sono un esempio alcuni lavori che ho portato in mostra (vedi i disegni ad inizio articolo).
M.; E tu Margherita?
Mar.: Sono una freelance, lavoro dal 2011. Ho cominciato con l’autoproduzione e da allora ho lavorato per riviste e grandi marchi (Martini).
M.: Guardando e visitando le vostre mostre, ma anche vedendo il vostro percorso artistico, la prima cosa che salta agli occhi è il diverso uso che fate del colore. Nelle opere di Margherita troviamo una tensione tra il bianco e nero. E’ come se ci fosse una continua battaglia tra la luce e l’ombra. Invece guardando le opere di Nicoletta noto una esplosione emozionale di colori. E’ come se foste complementari l’una all’altra. Approfondiamo meglio.
Mar.: Per anni ho lavorato solo in bianco e nero perché non capisco bene i colori e non ho li ho mai studiati in modo approfondito; ho un difetto alla vista per cui non percepisco bene tutti i toni. L’uso del bianco e nero mi ha permesso di capire subito (anche tramite grigi) dove andavano le profondità e cosa volevo che funzionasse all’interno di una composizione senza dover pensare anche ai colori.
Il mio è un disegno molto di pancia dove linee sottilissime trattengono figure potenti. Uso la texture con la volontà di aggiungere dettagli senza dover far ricorso a molte ombre. Dal punto di vista della organizzazione della mia giornata di lavoro, io mi trattengo tutto dentro durante il giorno e poi la sera riverso sul foglio bianco le mie sensazioni. E’ quasi terapeutico.
N.: Ho iniziato ad usare questa “esplosione di colore nei miei disegni quando mi sono prefissa l’obiettivo che il colore fosse un vero e proprio mezzo espressivo di comunicazione. Avevo un disegno abbastanza forte, che pero’ era povero di inchiostrazione; c’era bisogno del colore. Il mio colore è tonale. Per meglio capire di cosa parlo facciamo l’esempio del mio Uomo Ragno. Lui non è piu’ blue, è viola. Uso il viola, un tono caldo, per ricreare l’atmosfera calda del tramonto. All’inizio la Marvel aveva espresso dei grossi dubbi per come coloravo i suoi personaggi, perchè sai “i supereroi non si toccano”; tuttavia quando ho spiegato loro che la prospettiva atmosferica e la scelta dei colori che utilizzavo erano importanti e funzionali alla storia, allora si sono ricreduti ed hanno accettato l’Uomo Ragno viola. La successiva uscita del film Spider-Verse ha sdoganato definitivamente questo approccio. Oltre al colore ho voluto cambiare anche il fisico dell’Uomo Ragno; non volevo più che fosse muscoloso e ingessato; Peter era spiritoso, faceva acrobazie; ho immaginato che dovesse essere molto agile e sempre in movimento; quindi ho esaltato all’estremo la linea. Mi sono detta: “Facciamo si che tutto sia funzionale”. Anche l’uso della “sporcatura” nel tratto mi ha aiutato a sentire tutto piu’ vero, a donare freschezza al disegno. Essa crea empatia con con gli spettatori.
M.: E’ vero. E’ un po’ come nel cinema il respiro dell’operatore di macchina. Sapete oggi nel digitale ricreano questo effetto perchè piace e rende tutto meno artefatto e freddo.
M.: Guardando le vostre opere un’altra cosa che salta all’occhio è la differenza di approccio al disegno.
Molti dei lavori di Margherita rivendicano di essere analogici, materici, viscerali. Invece Nicoletta si vede che lavora totalmente in digitale.
Mar.: Lavorare in analogico mi permette di capire meglio le proporzioni; con il digitale io faccio fatica e comunque anche quando provo ad andarci poi stampo e controllo su un foglio di carta se tutto funziona. Lavorare in digitale mi darebbe velocità, essendo io molto lenta, ma trovo molto meno senso di appartenenza. Quindi preferisco l’analogico. Lo so che lavorare in analogico vuol dire sbagliare e non poter piu’ tornare indietro; tuttavia questo fatto significa per me solo che devo essere piu’ concentrata. L’analogico rende il mio lavoro piu’ immersivo anche se so che il digitale mi darebbe possibilità infinite.
M.: Te Nicoletta invece sei il caso opposto. Tutto digitale. Come mai? Ricordo quando ti sono venuto a trovare in studio ho notato una cosa: ingrandivi l’illustrazione tipo un milione di volte e poi iniziavi a cesellare il disegno. Lo sai che solo gli alieni dotati di super retina si accorgeranno di quei particolari? Parliamone.
N.: Ho iniziato a disegnare in cartaceo e con il solo inchiostro; tuttavia vedevo che questa tecnica non riusciva a darmi quello che io volevo. Fu allora che inizia ad usare la tavoletta grafica; proprio per le sue immense possibilità. E’ stato molto divertente sperimentare dal punto di vista grafico. La mia è diventata non piu’ solo disegno/pittura bensi’ la giustapposizione gioiosa di elementi.
Grazie al vantaggio dei tempi piu’ stretti di realizzazione che mi dava il digitale, ho potuto sperimentare molto e lo ho fatto in uno spazio illimitato che solo questo medium puo’ dare. In esso posso sbagliare, ripetere e ripartire quante volte voglio. Questo è il mio approccio.
M.: Margherita, che differenza di approccio usi quando lavori per grandi brand come Martini e rispetto a quando fai cose per te, stile self.
La Margherita Morotti di Filippo Novelli
Mar.: Ho capito negli anni che c’è qualcosa che funziona meglio per un progetto (grandi committenti) rispetto ad un altro. Quando lavoro per grandi marchi divento una sorta di ghost artist Solitamente questo tipo di lavori non li pubblico nemmeno, non li pubblicizzo.
M.: Tra il pubblico probabilmente c’è gente che vorrebbe essere voi. Potete raccontargli quale è il percorso che avete fatto per arrivare fin qui e che strada è bene intraprendere?
N.: Io fin da piccola volevo disegnare le principesse Disney; era il mio sogno da bambina. ho coltivato questa passione e ho cercato di farla diventare un lavoro vero e proprio; a tale scopo sono andata a scuola di Comics. Dovete sapere che il lavoro del fumettista non è sempre facile. Ho ricevuto anch’io tanti no ma mi sono serviti a crescere. Il mio primo lavoro che feci era in bianco e nero e in stile grottesco. E’ stato un trampolino per i successivi lavori. Penso che se ti armi di determinazione e costanza, oltre che di tanta passione, riesci ad ottenere tutto.
Alla Disney mi ha detto no due volte prima di prendermi a lavorare con loro. A pensarci ora quei no sono stati fondamentali per la mia crescita. Quando me li diedero chiesi loro di farmi capire dove non funzionava il mio disegno. Fortunatamente loro mi hanno aiutato a capire e, dopo due anni, quando mi sono ripresentata, hanno accettato il mio lavoro; dopo la Disney è arrivata la Marvel ( anche lei all’inzio mi ha dato il due di pikke). Insomma i fallimenti devono spronarvi a continuare ad andare avanti con determinazione.
In fondo facciamo il lavoro piu’ bello del mondo. Saltando da un lavoro all’altro ho sviluppato quel mio stile che è diventato quello che conoscete; stile che ancora cambierà presuppongo, perche’ trovo bello cambiare; è bello studiare e studiando ci si evolve, si cambia.
Mar.: Infatti in questo lavoro non si arriva mai. In fondo l’artista ha questa peculiarità: mettersi sempre in discussione. Non fermarsi mai a fare sempre le stesse cose, a raccontare sempre le stesse cose.
M.: E’ vero! immagina un regista che facesse sempre lo stesso film. E’ impensabile. Margherita a te invece come è andata?
Mar.: Io ho cominciato ricopiando i manga e l’ho fatto fino dall’età delle medie. Mi sono trasferita a Milano e ho studiato illustrazione. Terminati gli studi avevo chiaro in testa che volevo fare l’illustratrice ma con un approccio che non fosse commerciale. Anche io ho ricevuto diversi no per i lavori che portavo ai miei committenti. All’inizio i miei disegni erano forse troppo complessi e poco leggibili nella composizione. Quando ho inziato ad usare il colore per alleggerire il tutto è andata meglio e sono arrivate le approvazioni e le nuove commissioni.
Proseguiamo il nostro racconto dalla sala talk, cuore dell’ARF, con quello che ritengo uno dei migliori panel anche perchè ci tocca da vicino a noi di DETTI E FUMETTI in qualità di blog che con passione prova a fare della divulgazione sul fumetto.
Il titolo del panel recita cosi’: “ I FUMETTI, SPIEGATI BENE. Da quando Vincenzo Mollica portò per primo le telecamere dei telegiornali della Rai a sbirciare dietro le quinte delle case editrici, all’esplosione dell’informazione fumettistica sul web grazie ai siti specializzati e ai social. Ne parliamo con i precursori della divulgazione e con chi, quotidianamente, ci racconta quel che accade nel mondo della Nona Arte.
Intervengono: Alucyel (Tiktoker, in collegamento), Riccardo Corbò (TG3, Utopia Comics Magazine), Kuro (youtube/twitch), Luca Deejay (youtube/Instagram) – Andrea Gagliardi (blogger de LO SPAZIO BIANCO) -Moderano: Valeria Gobbato e Mauro Uzzeo
M.: Abbiamo parlato di chi i fumetti li fa, di chi i fumetti li legge. Oggi parleremo di chi li divulga e tenta di farli conoscere al piu’ vasto pubblico possibile, dando una panoramica la piu’ ampia possibile sui mezzi utilizzati.
Riccardo Corbo’ è stato il fondatore una delle prime fanzine italiane di fumetto, Utopia
Corbo’ è noto al pubblico di ARF perchè è stato il moderatore di molti dei nostri talk. E’ uno dei giornalisti di settore più noti e ci introdurrà un’altro grande giornalista che ha dedicato la sua vita al fumetto: Vincenzo Mollica. Oggi presenteremo con Riccardo alcuni reportage RAI storici di Mollica in cui si tratta il fumetto non tanto come notizia ma come un vero e proprio fenomeno sociale e sociologico. Addirittura di fumetto come causa della depravazione della gioventù di allora.
R.: “Mollica è stato innovativo perchè è stato il primo giornalista di settore che ha parlato di autori e li ha fatti conoscere al grande pubblico. Questo è stato un cambio di paradigma per l’epoca; ed è una rivoluzione ancora in atto non del tutto compiuta; lo dimostra il fatto tutti sanno chi è Topolino o Dylan Dog, pochi chi è il loro sceneggiatore.
Le interviste in TV di Mollica sono ancora valide a quasi quaranta anni di distanza. Viene da chiedersi quanti di noi produttori di contenuti sono certi che tra quaranta anni tali contenuti abbiano ancora un valore?”.
A questo punto del panel si apre la storica diatriba tra comunicazione del passato e quella presente. La domanda che ci si pone è: “Oggi è ancora possibile una comunicazione di massa condivisa e generazionalmente trasversale in stile RAI-Mollica? Le sue interviste le vedevano tutti, anche perchè la TV era l’unico mezzo visivo di comunicazione, mentre oggi i mezzi sono diventati molteplici, sempre piu’ specializzati e sempre piu’ di nicchia (solo per citarne alcuni: YOUTUBE, TWITCH, TIK TOK, CLUBHOUSE, ecc) . Che battaglie affronterebbe oggi un Mollica tiktoker?
M.: Andrea, quest’anno il blog/portale Lo spazio bianco ha festeggiato i suoi ventuno anni. Il portale ha cercato di dare un quotidiano aggiornamento sulla realtà fumettistica italiana ed internazionale. Dopo le fanzine cartacee degli anni ottanta si è passati al web di UTOPIA e poi ai portali come Lo spazio bianco. Ogni fanzine, blog, portale nasceva in quel tempo come una sorta di piccolo club (l’etimologia stessa di blog da la misura dell’approccio del medium usato. Blog infatti è una sorta di diario intimo e informale da far leggere ai tuoi amici); dove a noi redattori piaceva parlare di fumetto.
E’ una situazione quindi del tutto diversa dai programmi televisivi o dalle interiviste in TV. Quello che accadde successivamente sui canali youtube (a livello di possibilità di approfondimento di certe tematiche) è stata la diretta trasposizione dei blog e dei portali. E’ cambiato il mezzo e con lui anche il pubblico.
Infine vi è stato l’avvento di Tik Tok che ha un approccio, se vogliamo, piu’ simile ai servizi giornalistici dei TG in TV, come loro infatti ha un tempo limitato, da 30-40-50 secondi; arrivi al massimo a 3 minuti; è pocchissimo tempo rispetto ai 30 minuti di un pezzo su youtube, dove si puo’ sviscerare un tema, approfondire. Spesso la formula degli elenchi, delle classifiche, dei “consigli” su tik tok è da un certo punto di vista limitata. Se ne deduce una “critica”, un giudizio superficiale del tipo da parte del divulgatore: “E’ bello per me” o “A me piace”, e giu’ di li. Sono pareri o al massimo brevissime recensioni.
Poco tempo = poche informazioni.
Con questo non li voglio sminuire. Sottolineo che non è semplice avere successo come tik toker. Non è semplice avere una comunicazione veloce ed efficace. In poco tempo devi dare molte informazioni, precise, coincise e devi riuscire a coinvolgere l’ascoltatore, la tua cosidetta “community”. Ci riesci se sai cogliere quella cosa importante di quel determinato fumetto.
Interessante è anche sottolineare le differenze che vi sono tra il pubblico televisivo e il pubblico di youtube o dei social in generale. Mentre il primo è in ascolto passivo, il secondo invece interagisce con te. Youtube da questo punto di vista è piu’ “democratico” come medium. Inoltre mentre Mollica era uno. Oggi ci sono tanti youtuber, tanti tiktoker . La concorrenza è fortissima.
Ascoltare uno youtuber che ti parla di un fumetto è come entrare in una fumetteria e chiedere dei consigli su cosa leggere. E’ un rapporto piu’ diretto e intimo.
Il rischio di mancanza di approfondimento, il rischio di scadere nel dilettantismo ovviamente c’è. E’ dietro l’angolo; non lo si può negare.
Non si ha più la garanzia di poter ascoltare un esperto che divulga alla Mollica.
Questo problema nasce dalla disponibilità del medium. Grazie ad esso tutti possono parlare di tutto e dare un loro parere. Parere che è soggettivo. E’ insito nella natura del nuovo media.
Stà poi nelle capacità e nella intelligenza dello youtuber che ha la “pretesa” di approfondire, scegliere di affidarsi ad esperti per parlare di determinati temi (magari intervistandoli).
Se sei bravo Youtube ti da modo anche di creare una sorta di piccoli documentari, di inchieste fruibili da tutti.
Per la sua facilità d’uso ed immediatezza, Youtube ti da la possibilità di mantenere la tua spontaneità (dipende dal taglio che vuoi dare) e quindi volendo ci sta anche una certa amatorialità nel fare un pezzo. Cosa che ha i suoi pregi (come quello di entrare in stretto contatto con il tuo pubblico- cosa che con la TV non accadeva) e i suoi difetti (il rischio di essere superficiale è sempre dietro l’angolo e si contrappone al rigore giornalistico di ieri come di oggi).
R.: Serve secondo me a questo punto fare una riflessione, sia sulla divulgazione, sia sui mezzi che si usano, sia su cosa si vuole divulgare.
Ci siamo mai domandati veramente cosa vuol dire fare divulgazione? Vuol forse dire creare una conoscenza comune? E se si, il fumetto è un tema condivisibile? Può essere posto sullo stesso piano del:
– calcio
-dell’amore per la pizza
-della musica
La domanda è retorica e la risposta è no.
Inoltre la trasformazione della divulgazione è figlia dell’aumento dei modi di comunicare.
Quando ce ne era uno solo, la televisione di Mollica, qualcosa spostava. Anche il fumetto.
Oggi è tutto cambiato. I giovani la televisione nemmeno la guardano piu’. Vi è un pubblico per ogni media. Un media è piu’ efficace di un altro nel promuovere un determinato tema/oggetto/settore.
M.: Concordo e per farmi meglio capire faccio un esempio sulla quella che è stata la mia scelta del mezzo per fare divulgazione e su quale ho trovato piu’ adatto per un mio prodotto. Io sono autore di un fumetto. Fare un passaggio sul canale youtube di Dario Moccia per promuovere il mio libro “il confine” mi ha aiutato molto di piu’ che non un servizio di qualche minuto in televisione. Buona divulgazione oggi significa parlare a pochi interessantissimi piuttosto che a tanti “distratti” e poco interessati.
Ritengo che forse a questo punto oggi è meglio avere pochi ma buoni lettori (interessati) -che quindi ci comprano (vedi il caso delle Variant)- piuttosto che numeri piu alti di indifferenti.
R,: Il rischio tuttavia è che diventino sempre meno anche se sempre piu’ interessati è dietro l’angolo. Alla fine ti trovi a parlare con 100 persone, che, credo, che commercialmente forse è un obiettivo fallimentare.
M.: ok, però questo ragionamento va anche contestualizzato rispetto alla quantità di offerta del mercato. Facciamo l’esempio dei Manga. Ne escono moltissimi. Dal punto di vista del divulgatore è impensabile pensare di “fare la critica” ad ogni episodio. D’altro canto dal punto di vista del lettore è difficilissimo orientarsi.
Dove è che la domanda incontra l’offerta? al lettore piace (o forse deve accontentarsi) avere anche poche notizie su tutto cio’ che lo incuriosisce; il tiktoker gliele da nel giusto modo (o come forse come puo’) condendo il tutto con tanta passione, intimità, vicinanza. Questo connubbio funziona visti i follower che hanno alcuni tiktoker.
R.: Ok, comprendo e alla fine dei conti sono contento che ci sia tanto “cuore” da parte di tutti coloro che sono intervenuti e fanno divulgazione di fumetto; anche io ci metto il mio, ormai un cuore cinico, ma ci sta.
Ne traggo questa conclusione: La verità è che viviamo in un mondo in movimento dove le forme cambiano. Sono sicuro che se ripetiamo questo talk tra un anno, ci sarà un nuovo medium per divulgare il fumetto. Quello che è certo è che la passione ci deve guidare; bisogna creare un rapporto fiduciario con il lettore/ascoltatore/follower; è pur vero che rimango della mia idea: c’è divulgazione e divulgazione; la gente vuole farsi consigliare ma deve aver ben chiaro chi è che la sta “consigliando” in termini di competenza altrimenti tutto scade nella superficialità e nella amatorialità e a rimetterci è tutto il mondo del fumetto sia gli autori che i consumatori.
M.: E’ vero quello che dici, te lo riconosco. Da autore è molto bello parlare con persone (i divulgatori) che ne sanno e allo stesso tempo è molto triste parlare con persone non hanno minimamente idea di tu sia. Tutto ciò danneggia il mondo del fumetto e anche e soprattutto il lettore/ascoltarore/follower. Quindi mi raccomando parlate di fumetto ma con “cura e attenzione”.
Ci uniamo all’appello di Mauro e Riccardo e ,nella speranza di aver dato un contributo con questo reportage sul Festival ci diamo l’appuntamento ad ARF X nel 2024. Buon fumetto a tutti.
[Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI – Sezione Fumetto – articolo del 16 maggio 2023]











