Willy intervista il regista Federico Sisti per DETTI E FUMETTI

Cari Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti, sono in compagnia del mio caro amico e regista Federico Sisti.

Federico nasce a Roma il 13/05/1985. Da 15 anni lavora come regista e documentarista, è corrispondente per programmi di cronaca, ha realizzato documentari sia in modo indipendente che per reti nazionali e internazionali. Il suo ultimo docufilm è ‘Una vita sul ring-la vita di Nino La Rocca’ Una produzione Rai documentari.

Il documentario racconta l’ascesa, le sfide, la caduta e le rivincite di Cheid Tijani Sidibe, in arte Nino La Rocca, campione europeo dei pesi Welter nel 1989. Nino è figlio di un malese e di una siciliana, La Rocca passa una vita a lottare per i suoi diritti e per ottenere la cittadinanza italiana. La sua esistenza passa dal Marocco dove nasce, alla vita di strada a Parigi, a quella delle stelle.  

D. Cosa o chi ti ha spinto verso la strada della regia?

F. Inizio con il dire che non mi reputo un regista. L’ appellativo regista, rimanda molto al mondo della fiction, e non c’è niente di più lontano da quello che faccio. 

D.  Ci puoi dire perché preferisci girare un documentario anziché un film?

F. Mi sono avvicinato al mondo del documentario perché è la pura realtà, non c’è finzione, è lo studio della società per antonomasia, ed io ho sempre avuto un approccio sociologico. Quindi tutti questi lavori che ti riportano ad una realtà, spesso molto cruda, non sono stati casuali.

D. Ho visto il docufilm sulla piattaforma RaiPlay   ‘Una vita sul ring-la vita di Nino La Rocca’ per la produzione Rai documentari. L’ho trovato emozionante e allo stesso tempo ti dà una forte spinta a non mollare mai. Ce ne vuoi parlare?

F. In un’epoca dove tutti avevamo negli occhi le grandi star sia dello sport che dello spettacolo la storia di Nino, quella di un ragazzo venuto dal Mali che trova il suo riscatto in Italia, diventa l’emblema dell’uomo che si è fatto da solo.

 La storia di Nino La Rocca divenne potentissima, capace di catalizzare le folle, e penso che abbia avuto un ruolo chiave, nella creazione della sua popolarità. Poi gli anni 70-80 finiscono, un’epoca si chiude, la società cambia e con lei la tendenza a quel genere di narrazioni. 

Quella società che un tempo lo aveva acclamato innalzandolo ad eroe, inizia pesantemente a criticarlo, lo tratta come un fenomeno da baraccone, viene dimenticato, i suoi successi quasi rinnegati, le sue capacità sportive denigrate e lui si rifugia in sé stesso vivendo isolato tra preghiere ed insegnamento, lontano da quei riflettori che ad un certo punto della sua vita, si sono fatti ormai troppo ingombranti.

D. Perché hai scelto proprio Nino La Rocca?

F. Penso di avere scelto Nino la Rocca perché c’erano tutti i presupposti per una storia interessante: il personaggio che sale in vetta e poi ricade, tutta la sua introspezione, una critica al divismo di quegli anni che ci dovrebbe far riflettere anche sulla nostra epoca.

D. Dopo l’ultimo ciak di ‘Una vita sul ring-la vita di Nino La Rocca’ che cosa hai provato?

F. Diciamo che è stata la fine di un’agonia [Ride N.D.S.] stavamo lavorando in condizioni estreme.

D. Bene caro Federico, grazie anche a nome delle Lettici e Lettori di Detti e Fumetti per questa bella chiacchierata; ci salutiamo con la promessa di rivederci presto per presentare un tuo nuovo lavoro.

F. Grazie a te caro Dario, e un saluto alle lettrici e Lettori di Detti e Fumetti 

[DARIO SANTARSIERO PER DETTI E FUMETTI – SEZIONE CINEMA- ARTICOLO DELL 11 SETTEMBRE 2024]

Lascia un commento