Care amiche e amici di DETTI E FUMETTI oggi vorrei parlarvi di un tema secondo me molto importante non solo per come comportarsi con i propri figli ma anche e soprattutto verso se stessi.
Riuscire a comprendere questo passaggio e comportarsi di conseguenza credo possa cambiarti radicalmente la vita.
Sto parlando dell’AUTOCRITICA.
E’ una buona pratica sempre? A volte bisognerebbe metterle un limite? Quali sono le conseguenze? Ma soprattutto da dove nasce?

Vi racconto un aneddoto.
Un giorno ho incontrato una signora la quale mi ferma e mi dice: “Ma da dove nasce l’autocritica? da dove nascono tutti questi pensieri disturbanti; tutte queste critiche questi autogiudizi, questa ferocia, che poi in fondo ognuno di noi riversa a se stesso?”
Io credo che la risposta sia nel fatto che quando ognuno di noi viene al mondo è completamente dipendente dalle figure di riferimento; motivo per il quale gli studi più recenti, anche relativi all’analisi transazionale, dimostrano che inizialmente i bambini, quando vengono al mondo, hanno la percezione in qualche modo di essere fonte di disagio; di conseguenza quello che viene da parte loro è male .
E’ male il fatto che non sono in grado di sostentarmi da solo, che ho bisogno di appagare i primi bisogni esistenziali, che sono quelli di nutrimento; poi ci sono quelli legati alla sicurezza; ho bisogno di sentirmi protetto; di sapere che qualcuno di fronte al mio bisogno, che sia di movimento, di accudimento, di riconoscimento, mi appaghi; e questo qualcuno sono le figure di riferimento.
Quindi il bambino si percepisce come se fosse male e il genitore come se fosse bene.
Il bene viene da fuori. A questo punto si creano come degli automatismi nei nostri circuiti neuronali che ci portano a dare più importanza a quello che pensano gli altri di noi.
Anche perché inizialmente ovviamente non pensiamo niente di noi; l’unica percezione che possiamo avere è di essere fonte di disagio e che c’e’ qualcuno fuori di noi invece che ci allevia i disagi. Lui e’ il bene.
Il motivo per il quale, quando il genitore, attraverso anche formule di ogni tipo, dalle generalizzazioni allo scherno, rimanda al bambino più e più volte alcune etichette, alcuni aggettivi ridondanti, questi aggettivi tendiamo poi alla fine della fiera, per appagare il nostro bisogno di sentirci vivi, visti e considerati e tendiamo ad incarnarle.
Fatto sta però che se la mia prima percezione è negativa, inevitabilmente quando il genitore o chi per lui ci rimanda che in qualche modo non funzioniamo, ovviamente gli crediamo anche perché noi pendiamo dalle sue labbra.
Di conseguenza, tutto cio’ premesso, capite le conseguenze del nostro atteggiamento sui figli, quando ci rivolgiamo a loro, cerchiamo d’ora in poi di essere un pochino più morbidi, ingentilendo anche questi aggettivi spesso tanto spiacevoli; anche perché più li ingentiliamo meno ci pesano.
E veniamo all’altro aspetto che interessa la maggiorparte delle persone: lo stesso discorso vale per noi stessi. E’ provato che tanto meno mi critico e mi giudico per quella che sono, tanto più godo anche delle mie belle risorse. Provare per credere.
Al prossimo episodio di Tra le righe.
Se volete vedere il video di questa puntata
Ecco il LINK
[ Chiara Narracci per DETTI E FUMETTI – sezione Sociologia – articolo del 28 novembre 2025]