Oggi apriamo un nuovo ciclo di interviste che hanno come filo rosso: le tecniche del giornalismo. La rubrica si chiamerà GIORNALISMO TRA TECNICA E PASSIONE!
La prima intervista del ciclo che ho fatto è stata quella alla mia amica Margherita Bordino; ho voluto che fosse la prima perché il suo è un entusiasmo contagioso che traspare nella la sua professione e quindi è ben augurante per partire con questo interessantissimo ciclo di interviste.
Cominciamo, via.
W. Buongiorno Margherita, come stai?
M. Non posso lamentarmi. Stanca e felice per il lavoro e per le ferie vicine.
W. Allora Margherita, vediamo se le mie informazioni sono giuste: sei nata nel 1989. Calabrese trapiantata a Roma, prima per il giornalismo d’inchiesta e poi per la settima arte, il Cinema, per intenderci. Citando le tue parole: “Vivo per scrivere e scrivo per vivere se possibile di cinema o cultura in genere. Sei con la valigia in mano tutto l’anno, quasi sempre in giro per il Belpaese tra festival e rassegne cinematografiche o pura curiosità”.
Giornalista pubblicista, Margherita annovera tra le sue collaborazioni precedenti: Cinematographe e Cinematografo.it, tra quelle attuali la Rivista 8 e 1/2 edita da Istituto Luce Cinecittà e Artribune . Coordina ed è inviata per Cinecittà Luce Video Magazine e è anche autrice televisiva del programma culturale Luce Social Club (in onda su Sky Arte), infine fa parte del collettivo The Giornaliste.
M. Tutto corretto, grazie.

W. Chi o cosa ti ha spinto verso il giornalismo?
M. In parte Dante Alighieri che sognavo di intervistare durante gli anni del liceo e in parte mia nonna materna, che sperava di vedermi alla conduzione del TG.
W. Perché hai lasciato il giornalismo d’inchiesta?
M. Buona parte della mia formazione universitaria e anche culturale è fortemente legata al giornalismo di inchiesta, un po’ anche il mio spirito lo è, però in Italia per fare veramente questo tipo di giornalismo bisogna avere una carta di credito personale molto ricca. Ci sono inchieste che durano pochi giorni e altre anni, difficilmente un editore investe nel tenere fermo un giornalista su un solo “progetto” per così tanto tempo. Non credo che l’inchiesta sia morta, credo solo che bisogna essere nella posizione di poterla portare avanti. Forse ho lasciato perché non ho trovato un editore o un direttore “illuminato”.
W. Le interviste con attori e registi cosa ti lasciano?
M. Alcune interviste sono straordinarie, sono un vero confronto e una vera scoperta. Odio tutto ciò che riguarda il gossip o la vita privata dei talent, per questo se incontro registi, attori, sceneggiatori disposti ad indagare un film oltre ogni curiosità e dettaglio e a dialogare sulle logiche e dinamiche del proprio mestiere, ne traggo ricchezza personale e per i lettori o “spettatori” (per lo più seguo interviste video).

Ogni intervista è diversa dalle altre e devo dire che nel cinema italiano c’è molta diffidenza verso i giornalisti, come se fossero ritenuti scontati, ovvi, quando così non è e se delle volte succede che appaiano tali, può essere anche un’indicazione della testata che hanno al di sopra.
Posso dirti che indipendentemente da chi mi trovo di fronte, se è un personaggio noto o meno, italiano o hollywoodiano, poco prima di iniziare l’intervista provo una paura da Esame di Stato, una sensazione non sgradevole ma adrenalinica. Dopo 10 anni di questo mestiere è ancora così, quando finirà questo effetto vorrà dire che dovrò cambiare!!
W. Siamo tuti curiosi di sapere come si organizza un festival del cinema.
M. Nel mondo del cinema per me è iniziato tutto da un festival, dalla Festa del Cinema di Roma. Era il 2012 e stavo facendo uno stage in Comunicazione e Promozione. Sognavo l’inchiesta e mi ritrovavo nel mondo “frivolo” del Cinema. È stato in quella occasione che ho cambiato idea su tante cose, che ho iniziato a guardare al Cinema come Arte, comunicazione e conoscenza. Per organizzare un festival serve l’idea giusta, tantissima pazienza, buoni contatti (che si fanno nel tempo); occorre sapere fare una ricerca di film andando oltre i titoli esclusivamente mainstream. Ogni festival è diverso dall’altro, fossi io ad organizzarne uno mi concentrerei molto sui Q&A (Question and Answer), cioè sui momenti di dialogo tra il pubblico e gli artisti; è una opportunità che non si ha troppo spesso e ad oggi il confronto è necessario; insieme ad esso farei conoscere e diffondere la cultura cinematografica di “ieri” (noi italiani siamo un popolo che dimentica troppo in fretta!).
W. Quando un festival finisce cosa ti porteresti a casa?
M. Da giornalista vivo ogni festival come un’avventura. Ormai non saprei farne a meno. Sono giorni concentratissimi, quasi di isolamento, in cui vivo il festival nella sua totalità. Ed ogni volta che un festival finisce c’è tanta nostalgia, tanta gioia e anche tanta incazzatura – passami il termine – per una intervista non avuta o non venuta al meglio. Di ogni festival mi porto a casa, nella mia mente, le tante persone che ho incontrato e conosciuto. Un festival è stanchezza ma anche ricchezza, quella vera.
W. Cosa ti piace dell’ essere giornalista e cosa no?
M. Mi piace poter essere il tramite tra la notizia e le persone, mi piace la ricerca, l‘approfondimento, la scrittura diretta e chiara.
Non mi piace il fatto che sia diventato un mestiere non troppo rispettato in alcuni posti e che spesso sia usato per vetrina propagandistica.
Credo nel giornalismo che da la notizia, l’analizza, la racconta; non nel giornalismo che giudica, punta il dito e distorce la realtà.
W. Bene, ti ringrazio cara Margherita anche a nome dei lettori di Detti e Fumetti!
M. Grazie a te Dario, che sei un collega veramente speciale!

Da Willy il Bradipo è tutto! Ci aggiorniamo presto con una intervista per continuare ad esplorare il mondo del giornalismo per la nostra nuova rubrica GIORNALISMO TRA TECNICA E PASSIONE! Stay tuned!
[Dario Santarsiero per Detti e Fumetti-sezione letteratura – articolo del 31 luglio 2020]
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