Berthe Morisot, pittrice a tutti i costi -Intervista a Maria Cristina Bulgheri

Cari lettori di DETTI E FUMETTI oggi intervistiamo  Maria Cristina Bulgheri.

Maria Cristina illustrazione di Filippo Novelli

Maria Cristina sei nata a Livorno il 22 marzo 1965, ti sei laureata alla Facoltà di Lettere e Filosofia all’Università di Pisa con una tesi su Dante, diventato da allora il tuo faro. Hai insegnato cinque anni alla scuola elementare prima di diventare giornalista professionista: sei cresciuta nelle fila del quotidiano Il Tirreno di Livorno, per il quale ancora oggi collabori, pur essendo tornata dietro la cattedra. Un’altalena tra mondo della scuola e mondo dei giornali legato alla nascita dei tre figli (due femmine e un maschio). Da sempre, ma soprattutto grazie a loro, hai stretto un rapporto particolare con la letteratura per l’infanzia. Hai pubblicato il libro “C@ro Babbo Natale” (Felici Edizioni) che ha ottenuto diversi premi in concorsi letterari. Collezioni matite da ogni dove. Le tue storie le scrivi un po’ ovunque: dagli scontrini ai fazzoletti di carta. Su di essi appunti le idee che poi consegni al pc, con il sogno che ce ne sia sempre una nuova dietro l’angolo.

D: La voglia di scrivere   per l’infanzia, è arrivata in concomitanza con la nascita dei tuoi figli o era già presente dentro di te?

MC: Dario, cito una frase che è solita ripetere mia mamma e che recita così: “E’ proprio vero che sei nata con la penna in mano, forse l’avevi già quando eri nella pancia!”. Ho memoria del mio esame della cosiddetta “primina”, sai quello che si faceva (in tempi giurassici) per poter accedere alla seconda elementare, se – come me – eri andato a scuola anticipato. Ecco, dovevo scrivere un pensierino: occupai mezza pagina! Le maestre mi fecero un sacco di complimenti ed io rimasi sorpresa perché non mi sembrava di aver fatto niente di così eclatante. Ricordo poi che, un paio d’anni dopo, cominciavo a cullare l’idea di scrivere un romanzo: il protagonista era un pagliaccio. Alle medie entrai nel trip del giornalismo e fondai il giornalino di classe: si chiamava “Domitilla”. Scrivevo le recensioni sulle canzoni del Festival di Sanremo. Passione, quella della kermesse sanremese, che continuo ad avere! Poi il giornalismo è diventato la mia professione e la scrittura una quotidianità. In maternità si è trasformata in scrittura per i miei i figli: tutte le loro domande, i loro perché mi aprivano orizzonti fantastici che mettevo sulla carta.

D: Cosa ti ha spinto dopo tanti anni, a tornare sui tuoi passi e sederti nuovamente dietro una cattedra?

MC: La necessità di conciliare la famiglia ed il lavoro. Il giornalismo da professionista, in redazione non lo permette, gli orari sono dilatati. Ho chiesto a gran voce il part time ma non mi è stato concesso. La parità è ancora un miraggio. Ci ho pensato a lungo, poi ho deciso che la scuola era comunque una strada che mi apparteneva con altrettanta passione”

  
D: Quanto incide il tuo essere giornalista con la scrittura per l’infanzia?

MC: Può sembrare strano, ma molto. Spesso le idee per qualche racconto, mi vengono proprio leggendo qualche articolo sui giornali oppure da quella deformazione professionale di osservare la realtà per carpirne qualche aspetto da evidenziare. 

D: Perché il graphic novel?

MC: Sarò franca, la scelta dell’etichetta “graphic novel” non è mia, ma della casa editrice. Io pensavo più ad “albo illustrato”.

D: Nel tuo ultimo graphic novel racconti la vita di Berthe Morisot, pittrice impressionista; ce ne vuoi parlare?

MC: Non ho il dono della sintesi ma ci provo. Berthe l’ho incontrata a Milano su una tela dipinta da Edouard Manet in una mostra monografica a lui dedica a. Berthe era la sua modella, amica e forse qualcosa di più, ma poco importa. È stata soprattutto una donna volitiva, piena di talento, che ha sfidato le convenzioni del suo mondo e della società francese di metà Ottocento per inseguire la sua passione: diventare pittrice. Tanto da divenire la cofondatrice con Monet, Degas, Cezanne, Pissarro del movimento che verrà definito Impressionismo, di cui peraltro quest’anno ricorrono i 150 anni dalla nascita.

La culla di Morisot -illustrazione di Anna Novelli (13)

D: Possiamo avere un anticipo del nuovo graphic novel? 

MC: Certo. Nel libro racconto Berthe immaginandola da piccola alle prese con i tubetti delle tempere, mentre sogna campi di fiori e paesaggi marini materializzarsi sulle tele. L’accompagno passo, passo, nella sua “battaglia” per diventare pittrice, in un mondo all’epoca riservato soltanto agli uomini. Una pittrice peraltro innovativa, che rompe con gli schemi della pittura tradizionale, trascinando con sé i suoi amici, “pazzi” come lei, che poi hanno dato vita all’Impressionismo. A tradurre le mie parole in disegni e a dare corpo a Berthe, ci ha pensato poi Marina Cremonini, con i suoi pennelli “magici”. 

D: Una tua caratteristica è quella di scrivere le storie su qualsiasi pezzo di carta, compresi gli scontrini. È un modo per non dimenticare o per seminare?

MC: Sicuramente per non dimenticare: magari un’idea mi viene in macchina ascoltando la radio e al primo semaforo cerco di appuntarla da qualche parte prima che se ne voli via dal finestrino: l’età non aiuta e soprattutto il moto perpetuo delle mie giornate.

D: Sappiamo che collezioni matite da tutto il mondo; quante ne possiedi al momento?

MC: Confesso che non le ho mai contate. Ma sono tante e tutte diverse. Un po’ sono in bella vista sulla scrivania, un po’ sono sistemate in qualche scatola di latta o di legno. Si tratta di lapis presi nei viaggi, alle mostre, nei musei o avuti in regalo. Da quando sono a scuola poi, colleghi e colleghe, alunni ed alunne    contribuiscono alla mia collezione in modo carinissimo. Non li uso, ma l’idea di tener un lapis in mano vale più di mille tastiere!

D: Bene cara Maria Cristina, grazie anche a nome delle Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti per questa bella chiacchierata.

Grazie a voi di cuore.

Il Graphic Novel

In “Berthe Morisot, pittrice a tutti i costi” viene raccontata la vita di Berthe Morisot l’unica donna tra i fondatori dell’Impressionismo francese. Quando in Francia, e nel resto dell’Europa, fino a dopo la metà dell’800 alle donne erano precluse le scuole d’Arte. La determinazione di Berthe travalica gli ostacoli del perbenismo, dandole così l’opportunità, di entrare in contatto con gli impressionisti del calibro di Claude Monet, Jacob Pissarro, Alfred Sisley; solo per citarne alcuni.  Tutta la storia è narrata con toni caldi e decisi; l’opera di Maria Cristina Bulgheri è arricchita dalle illustrazioni realizzate da Marina Cremonini; con la sua tecnica ad acquerello, ha dato vita e vigore al racconto, trasportando tutti noi nelle atmosfere della Belle Époque.

[DARIO SANTARSIERO per Detti e Fumetti -sezione arte e letteratura – articolo del 30 novembre 2024]

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