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CLO e gli edifici delle Poste di Roma

Cari amici oggi girando per Roma, mentre ero in fila da un semaforo rosso su via Marmorata, ho piacevolmente ammirato una dei più importanti esempi di architettura razionalista a Roma: l’edificio delle Poste dell’architetto Adalberto Libera.

L’edificio di Libera e De Renzi fu realizzato tra il 1933 e il 1935 nel cuore di Roma, a ridosso dell’Aventino e delle Mura Aureliane e adiacente al complesso monumentale della Porta S. Paolo e della Piramide di Caio Cestio. Rappresenta l’unica costruzione sul lato di Via Marmorata, caratterizzata da una forte connotazione e slancio razionalista, avente una forma squadrata ed elementare in cui l’organismo assume la forma di edificio a corte dimezzata.

É un volume massivo a forma di C, composto da elementi distinti, come se fosse un contenitore comprendente ambienti con funzioni diverse: al pian terreno i servizi postali, ai piani superiori gli uffici nelle ali laterali e il grande salone degli apparati telegrafici nel corpo centrale.

Obbiettivo comune ai due architetti è coniugare modernità e tradizione: da un lato è presente l’elemento nuovo, dinamico, emblematico in primo piano nel prospetto principale che affaccia su Via Marmorata e dall’altro lato, nella parte retrostante, una forma elementare, astratta, statica, classica che diventa una caratterizzazione tipizzata aggiunta e di supporto al primo.

La tipologia consolidata per gli edifici delle poste viene rivisitata e reinterpretata con una chiave di lettura nuova, a metà tra la versione moderna del tradizionale palazzo civico e la monumentalizzazione della macchina postale

Continuando la passeggiata per le “intasate” vie  di Roma sono arrivata a via Taranto; anche qui troviamo un altro intervento realizzato dalle Poste negli anni che intercorrono tra il 1933 e il 1935.

L’idea di potenziare l’edilizia postale di Roma mediante la costruzione di quattro nuovi edifici decentrati (Appio, Aventino, Milvio e Nomentano) era stata lanciata dal Ministro delle Comunicazioni Costanzo Ciano, che ne attribuiva la paternità allo stesso Mussolini. L’opportunità di una risoluzione così eclatante scaturiva dall’intersezione tra varie strategie rilanciate, all’inizio degli anni ’30, nel settore dell’edilizia: l’intensificazione della costruzione di edifici pubblici; l’accelerazione impressa al programma nazionale di potenziamento delle comunicazioni, imperniato sulla costruzione di nuove stazioni ferroviarie e palazzi postali. In tale ambito si registrava inoltre uno spostamento della politica delle strade e della casa, prevalente negli anni venti, a quella degli edifici pubblici.

(Planimetria ubicazione edifici)

 

Bandito nel 1933, il concorso per le poste di via Taranto venne vinto dall’architetto Giuseppe Samonà.

L’edificio, di tre piani, è impostato su uno zoccolo rivestito di travertino di Tivoli, che gira tutt’intorno all’edificio, tagliato da aperture per l’areazione del piano interrato. Sull’angolo, lo zoccolo si allarga in un basamento praticabile dal bordo concavo.

Su via Taranto il basamento viene incorporato dalla rampa che consente l’accesso all’ufficio postale. La pianta presenta una forma semitriangolare che nega la gerarchia urbana sottolineando la simmetria e omogeneità del trattamento dei due fronti, rispetto invece al diverso ruolo urbano di via Taranto e di via Pozzuoli.

All’entrata, sulla sinistra si accede al corpo scala che porta agli uffici dei piani superiori, a destra si accede allo spazio per il pubblico. Quest’ultimo è caratterizzato da un lungo corridoio che costeggia gli sportelli postali, attraversando tutto l’edificio: questa zona dell’edificio è interamente vertebrata da pilastri e presenta uno spazio a doppia altezza con un affaccio direttamente sul salone. Le facciate, bipartite dall’uso del travertino e di granito grigio scuro, denunciano nei prospetti l’articolazione della tipologia: il volume degli uffici è ritmato dalle aperture seriali regolari, mentre il corpo scala è enfatizzato compositivamente dal taglio delle finestre. Le due facciate principali sono caratterizzate

dalla contrapposizione di due superfici di dimensioni simili: sotto, il piano di vetro; sopra, il muro. Nella facciata d’angolo, la convessità della parete ha comportato l’utilizzo di lastre orizzontali di cemento armato. Gli altri prospetti, meno elaborati, sono risolti con un rivestimento in cortina e presentano delle vetrate verticali allungate.

L’edificio di Samonà , come molte opere di pregio a Roma, è circondato da una selva di antenne, cartelloni pubblicitari invasivi, traffico, buche sul manto stradale, marciapiedi dissestati, barriere architettoniche vergognose, parcheggi selvaggi e vandalismo di vario genere. Non c’è alcun cartello a segnalarne l’importanza e la bellezza che molti cittadini e le istituzioni non riconoscono, ignorando il pregio di questi beni culturali oltre che pubblici, che vengono ammirati e conosciuti più spesso dai turisti che dai romani.

Ciao a presto dalla Vostra CLO!

[Maria Clotilde Massari per DETTI E FUMETTI – Sezione Architettura – Articolo del 27 gennaio 2015]

 

Per saperne di più:

 

http://www.archidiap.com/opera/palazzo-delle-poste-in-via-marmorata/

http://www.archidiap.com/opera/ufficio-postale-in-via-taranto/

 

I BAMBINI, L’ARTE E LE LORO LISTE DEI DESIDERI

Quest’anno al posto della lettera a Babbo Natale mi sono ritrovato sulla scrivania una lista di ben 7 desideri.

La lettera iniziava così:

Caro Babbo per queste feste vorrei..

1- realizzare delle cornici che mi ricordano il mare
2- correre a tutta velocità per il centro della la città
3- leggere storie di strani animali
4- realizzare l’action figure del cane del vicino
5- andare al Planetario per vedere come sta Plutone
6- andare al museo per copiare i quadri famosi con la carta copiativa
7- andare a dar da mangiare ai gabbiani sui tetti di Parigi

Cominciamo con il primo desiderio:

“ realizzare delle cornici che mi ricordano il mare”
Mesi fa eravamo andati al mare a raccogliere delle conchiglie.

La difficoltà dell’impresa in una scala da 1 a 10 era pari a 3. Missione compiuta.

“La manualità e l’arte”

Giocare all’arte visiva, scoprire le qualità dei materiali usati dai grandi artisti, come stoffe, carta, colla, cartone. Imparare giocando. Divertirsi a fare qualcosa di diverso dalla routine scolastica. Jean Piaget individua nel gioco il mezzo consono al bambino per sperimentare, apprendere, conoscere. “Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco”. Facendo e giocando i bambini conoscono gli strumenti e le regole del linguaggio figurativo, imparano a costruire immagini e messaggi, si avvicinano alla comprensione dei percorsi mentali e delle idee presenti nelle opere degli artisti. (*)”

Preso dall’entusiasmo per il successo del primo obiettivo ho deciso di realizzare tre desideri in una sola volta: il 2,3 e 6

2- correre a tutta velocità  per il centro della la città
3- leggere storie di strani animali 
6- andare al museo per copiare i quadri famosi con la carta copiativa
Correre in Centro con la folla e il freddo era praticamente impossibile …però una soluzione c’era.

A ROma ci sono due musei, il MACRO e il MAXXI, che ben si prestano all’impresa; sono pieni di scale, corridoi, passaggi e passatoie dove correre;hanno costruzioni su cui arrampicarsi, insomma un vero spasso. Li avremmo anche potuto vedere e leggere di animali fantastici e copiare i quadri famosi.

Attrezzati di cartella, colori e blocco notes siamo partiti e ci siamo divertiti moltissimo.

Grado di difficoltà 5. Missione compiuta.

 

“Il Museo.

L’alfabetizzazione artistica passa dalle visite al museo. Portare i bambini alla scoperta del museo, dove dimostrano di saper «leggere» le opere. 

 Insegnare l’Arte è un investimento culturale sulla comunità del futuro. Stimola e accresce la creatività, l’inventiva, la fantasia e l’abilità manuale, e insegna a raggiungere un risultato partendo dall’osservazione.

 Compito nostro è quello di trasmettere l’essenza comunicativa di un’opera e i suoi contenuti sotto forma di gioco. Guidare i bambini nelle sale espositive, certamente non per proporre modelli e, quindi, limiti al libero operare individuale. 

Occorre decidere in anticipo la parte (o le parti) del museo che si vogliono vedere in modo più approfondito; non costringeteli a soffermarvici troppo. Guardate le opere che vorrete vedere al museo su internet; stampatele e, se potete, lasciategli portare una o due figure per farlo andare a “caccia” delle opere all’interno del museo. La figura servirà come punto di partenza per parlare dell’opera. La visita al museo sarà piena di gioiose esclamazioni del tipo “Questo lo conosco!”(*).

Mi sono lasciato per ultimi i desideri più complicati nella speranza che se ne dimenticasse.

Ho iniziato a distrarla proponendole di colorare un disegno di dinosauro o di un drago, di realizzare un collage ritraendo il suo giocattolo preferito, la giraffa. L’ho avvicinata a nuove tecniche di disegno insegnandole l’uso della china.

Le ho ricordato l’importanza del riciclo e con la carta dei regali avanzata abbiamo fatto lo sfondo al suo disegno a china.

Ma non c’è stato verso. Non voleva rinunciare al suo desiderio: realizzare l’action figure del cane del vicino. Capite? non il pupazzetto, la statuina, no l’action figure. Troppo NERD!

L’unico materiale che avevamo in casa era la creta. Livello di difficoltà 7. Missione compiuta.

 Dare alcune regole

Prima di iniziare ad impastare la creta abbiamo disegnato il bozzetto del cane e le ho spiegato che occorreva costruire una struttura di sostegno altrimenti si sarebbe afflosciata … ho anche iniziato a raccontarle cosa era il cemento armato, il modulo di elasticità …mi guardava perplessa e quindi ho smesso ripromettendomi di riprendere l’argomento tra qualche anno [**]

 

Rimanevano gli ultimi due desideri uno facile l’altro impossibile:

5- andare al Planetario per vedere come sta Plutone

7- andare a dar da mangiare ai gabbiani sui tetti di Parigi

Mi ha detto lo sai che i pianeti del nostro sistema solare sono diminuiti. Plutone è stato declassato a pianeta nano. Vorrei vedere se lo hanno lasciato a Nettuno.

Lo abbiamo trovato. Per fortuna.

Con la scusa di andare al planetario, sapendo che in via provvisoria si era spostato a Villa Torlonia, ne ho approfittato per farle vedere una casa fantastica che non la trovi nemmeno nel libro di Biancaneve o nella terra di mezzo del Signore degli Anelli: Il Museo del vetro presso la Casina delle Civette.

E’ rimasta estasiata dalla bellezza delle vetrate e affascinata dai mille comignoli e tettoie.

Rimaneva da dar da mangiare al gabbiano. Costruiamolo noi le ho detto. Iniziava in quel momento il  Laboratorio di robotica di Tecno-town e così con il computer e i mattoncini della Lego lo abbiamo fatto!.

Livello di difficoltà 8. Missione compiuta?

Macchè …mi dice questo è finto e da qui non si vede la torre Eiffel.

Eravamo ai Fori Imperiali  e ad una bancarella di souvenir compro la torre, saliamo sull’Altare della Patria… e anche l’ultimo desiderio viene esaudito.

Livello di difficoltà 10. missione compiuta.

La migliore vacanza delle mia vita, credetemi.

(*) citazioni e altri approfondimenti sul tema li trovi qui:

http://www.magnanirocca.it/fmr/perche-portare-i-bambini-al-museo/

http://www.touringclub.it/notizie-di-viaggio/musei-e-giusto-portare-anche-i-bambini

[Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI- Sezione ARTE – Articolo del 6 gennaio 2015]

CLO E IL GIARDINO VERTICALE

Cari amici quest’anno l’albero di Natale più grande del mondo… una notiziona dalla vostra CLO, finalmente un bosco in città. A Milano è sorto un bosco verticale! 

Con sommo piacere voglio annunciarvi che un progetto di  architettura italiana ha avuto un grande riconoscimento internazionale: Il Bosco Verticale di Milano, progettato da Stefano Boeri, docente di Urban Design al Politecnico di Milano, ha vinto  l’International Highrise Award 2014.

Tra i 5 finalisti del premio internazionale ci sono anche l’edificio “De Rotterdam” disegnato da Rem Koolhaas, “One Central Park” di Sydney e “Renaissance Barcelona Fiera Hotel” progettati da Jean Nouvel e il complesso cinese “Sliced Porosity Block” di Chengdu disegnato da Steven Holl.

“Bosco Metropolitano” è simbolo della simbiosi Natura-Architettura grazie alle sue due torri residenziali di 80 e 112 m di altezza (27 e 19 piani, 113 residenze totali) in grado di ospitare 800 alberi fra i 3 e i 9 metri di altezza, 11.000 fra perenni e tappezzanti, 5.000 arbusti, per un totale di oltre 100 specie diverse: un corrispettivo di 20.000 mq di bosco e sottobosco che densificano in altezza il verde nella Città.

Di questo progetto previsto per l’Expo 2015 per riqualificare un quartiere al centro di Milano se ne parla ormai da anni e già i primi render del grattacielo catturarono subito l’immaginazione di molte persone in tutto il mondo, tutti ansiosi di capire come sarebbe stato realizzato e quanti benefici avrebbe portato.

I lavori iniziano a mostrare l’aspetto delle torri residenziali una volta finite, ora che la maggior parte del ponteggio è stato smantellato. Anche alberi e piante di 100 diverse specie sono stati sistemati, circondando di verde tutto il rivestimento esterno e  daranno vita a un microclima, in grado di abbattere CO2 e polveri sottili, produrre umidità e ossigeno, ridurre dell’inquinamento acustico e il vento.

Un sistema di energia fotovoltaica (500 mq di pannelli), eolica e geotermica garantirà, poi, l’autosufficienza delle due torri, mentre l’irrigazione delle piante avverrà per larga parte attraverso un impianto centralizzato di filtrazione dell’acque grigie.

Stefano Boeri ha dichiarato: “Sono molto contento perché il premio che è stato assegnato al Bosco Verticale rappresenta un riconoscimento l’innovazione nell’ambito dell’architettura. È un invito a pensare all’architettura come un’anticipazione del futuro per ognuno di noi, non solo come l’affermazione di uno stile o di un linguaggio. Il Bosco Verticale è una nuova idea di grattacielo, in cui alberi e umani convivono. E’ il primo esempio al mondo di una torre che arricchisce di biodiversità vegetale e faunistica la città che lo accoglie. Sono felice per Milano, per Expo, e ringrazio chi ha promosso e sostenuto il nostro progetto, a partire da Hines Italia e dalle associazioni del quartier e Isola”

Per saperne di più:

http://www.greenme.it/abitare/bioedilizia-e-bioarchitettura/12301-bosco-verticale-quasi-pronto

http://www.greenme.it/abitare/bioedilizia-e-bioarchitettura/5968-un-bosco-verticale-a-milano

http://blog.casa.it/2014/11/20/milanoil-bosco-verticale-vince-il-premio-come-piu-bel-grattacielo-del-mondo

Ciao a presto dalla Vostra CLO!

[Maria Clotilde Massari per DETTI E FUMETTI – Sezione Architettura – Articolo del 26 novembre 2014]

CLO, la SCOZIA e le sue energie rinnovabili

I grandi cambiamenti spesso prendono avvio da piccole realtà.

Parliamo di nuovo di energie rinnovabili e facciamo un “volo” fino in Scozia, per la precisione sull’ isola di Eigg, 31 chilometri quadrati di terra all’interno dell’arcipelago delle Ebridi, davanti alla costa scozzese.

Gli abitanti, un centinaio circa, sono fortemente impegnati per ottenere un comune e ambizioso obiettivo: essere la prima isola al mondo energeticamente autosufficiente.

Un risultato impegnativo ma non impossibile da raggiungere, specialmente se si osserva da vicino la vita sull’isola e la tenacia dei suoi abitanti. Per esempio, nel 1997 si sono uniti per acquistare la terra sulla quale vivono, diventandone dunque i soli proprietari.

Nel 2008, invece, hanno inaugurato la prima rete elettrica dell’isola. Completamente staccata e indipendente da quella operante sul territorio britannico e in grado di collegare tutti gli edifici, essa è costata 1.6 milioni di sterline (1.9 milioni di euro) ed è stata realizzata grazie a finanziamenti dell’Unione europea e al contributo di soggetti nazionali britannici.

La scelta è stata dettata da un mix di necessità e di consapevolezza ambientale. Innanzitutto, questa era la via più diretta per avere energia a prezzi convenienti, senza dover più accettare le alte tariffe proposte dalle utility nazionali. Inoltre, è stato un modo per rendere la vita sull’isola ancora più armonica ed integrata con il territorio, sfruttando al meglio ciò che c’è, ovvero sole e soprattutto il vento.

La posizione di Eigg sul bordo dell’Oceano Atlantico è considerata ideale per le energie rinnovabili, a causa del clima estremo. Mentre piogge frequenti possono sembrare uno svantaggio, possono aiutare le centrali idroelettriche dell’isola a generare un surplus di energia.

L’energia in eccesso viene immagazzinata in batterie o indirizzata ai dispositivi di riscaldamento negli edifici pubblici per aiutare a mantenere le strutture asciutte e ad una temperatura piacevole.

I residenti sono limitati a 5 kW alla volta, mentre le imprese possono attingere fino a 10 kilowatt.

In questo modo si è cominciato a eliminare i rumorosi e inquinanti generatori diesel, sostituiti da turbine e pannelli fotovoltaici (in grado di immettere energia direttamente in rete).

Ciascuno di quei residenti ha voce in capitolo riguardo come il programma di energia rinnovabile verrà implementato. Chiunque abbia vissuto ad Eigg per più di sei mesi diventa un membro del comitato dei residenti, che si occupa delle infrastrutture.

Ad oggi l’85-90% dell’energia utilizzata sull’isola proviene da fonti rinnovabili. La restante parte è integrata da carburanti di origine fossile, anche se l’impegno comune è quello di utilizzare sempre più diesel a basse emissioni inquinanti. Almeno fino a quando si arriverà al 100% rinnovabile.

Per saperne di più:

http://www.electricmotornews.com/energie-alternative/energia-solare/la-prima-isola-a-energia-rinnovabile-e-scozzese

http://www.domotecnica.it/notizie/view/in-scozia-la-prima-isola-alimentata-da-una-turbina-idroelettrica

http://www.industriaenergia.it/scozia-comunita-energicamente-autosufficiente-e-sostenibile-5376.html

 

Ciao dalla vostra CLO’.

[Maria Clotilde Massari per DETTI E FUMETTI – sezione architettura – articolo del 1 novembre 2014]

CLO’ E LA BIENNALE DI ARCHITETTURA A VENEZIA

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Questa volta il mio volo mi ha portato ad un appuntamento a cui non potevo mancare: La Biennale di Architettura a Venezia.

Questa edizione è stata curata da Rem Koolhaas, sviluppando un progetto che ne valorizza appieno tutte le potenzialità. L’intera mostra ha diviso gli argomenti di esposizione in maniera da rendere un insieme dettagliato ed esaustivo dell’architettura al giorno d’oggi: Fundamentals, accorpa 66 paesi di cui 10 espongono per la prima volta (Costa d’Avorio, Costa Rica, Repubblica Dominicana, Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Kenya, Marocco, Mozambico, Nuova Zelanda e Turchia)

Rem Koolhaas descrive Fundamentals una mostra costituita da tre componenti principali:

  • Absorbing Modernity: 1914-2014 / Partecipazioni Nazionali

Per la prima volta, i padiglioni nazionali sono invitati a sviluppare un unico tema:

65 paesi – ai Giardini, in Arsenale e in altri luoghi della città – indagheranno i momenti decisivi di un percorso secolare di modernizzazione. Tutte insieme, le partecipazioni svelano la capacità di culture materiali e ambienti politici diversi di trasformare una modernità generica in una specifica. I Paesi dimostrano, ciascuno a suo modo, una frantumazione radicale delle modernità in un secolo dove il processo di appiattimento globale sembrava rappresentare la narrazione dominante.

  • Monditalia / Arsenale

Anche qui per la prima volta, gli altri Festival della Biennale di Venezia – Danza, Musica, Teatro, Cinema – collaborano con la Mostra di Architettura:

in un momento di trasformazione politica cruciale, abbiamo scelto di guardare all’Italia come a un paese “fondamentale”, unico nel suo genere ma anche emblematico di una situazione globale nella quale molti paesi si trovano in bilico fra il caos e la piena realizzazione del loro potenziale. L’Arsenale rappresenta una scansione dell’Italia costituita da 82 film, 41 progetti di ricerca e la fusione dell’architettura con i settori Danza, Musica, Teatro e Cinema della Biennale. Ogni progetto di ricerca in Monditalia rappresenta delle condizioni uniche e specifiche ma tutti insieme costituiscono un ritratto complessivo del paese ospitante.

  • Elements of Architecture / Padiglione Centrale

Questa mostra è il risultato di una ricerca durata due anni presso la Harvard Graduate School of Design e della collaborazione con esperti provenienti dall’industria e dal mondo accademico.

Elements of Architecture sottopone a una analisi al microscopio gli elementi fondamentali dei nostri edifici, utilizzati da ogni architetto, in ogni tempo e in ogni luogo: pavimenti, pareti, soffitti, tetti, porte, finestre, facciate, balconi, corridoi, camini, servizi, scale, scale mobili, ascensori, rampe… Per la mostra sono stati selezionati i passaggi più significativi, sorprendenti e sconosciuti di un nuovo libro, Elements of Architecture, che ripercorre la storia globale di ogni elemento.

 

Molto c’è da vedere e commentare in questo affascinante evento, purtroppo apprezzato più dal pubblico degli addetti ai lavori che all’interesse generale; passeggiando dall’Arsenale ai Giardini si intrecciano esempi antichi, passati, presenti, futuri.

Il padiglione Italia è intitolato INNESTI / GRAFTING , ma soprattutto la chiave di lettura che Cino Zucchi – nominato dal Ministero curatore del Padiglione Italia per la Biennale Architettura 2014 – ha scelto per sviluppare la direzione suggerita da Rem Koolhaas ai padiglioni nazionali, Absorbing Modernity 1914/2014. Un invito ad approfondire i processi che hanno portato all’attuale carattere omogeneo e atopico dell’architettura globale, individuando le resistenze e/o le caratteristiche peculiari che la modernizzazione ha preso nel confronto con le vere o presunte “identità nazionali”. In INNESTI / GRAFTING Cino Zucchi parte dall’assunto che “l’architettura italiana dalla prima guerra mondiale a oggi mostra una ‘modernità anomala’, rappresentata dalla grande capacità di interpretare e incorporare gli stati precedenti attraverso metamorfosi continue. Non adattamenti formali a posteriori del nuovo rispetto all’esistente, ma piuttosto ‘innesti’ capaci di trasfigurare le condizioni del contesto in una nuova configurazione: un atteggiamento visto un tempo da alcuni come nostalgico o di compromesso, ma oggi ammirato dall’Europa e dal mondo come il contributo più originale della cultura progettuale italiana. E’ quindi un racconto della nostra migliore architettura da un punto di vista inedito: opere antiche, recenti e contemporanee sono scelte con gli occhi di un botanico piuttosto che con quelli di uno storico, e rilette secondo modalità originali per svelare la loro capacità di unire indissolubilmente interpretazione e innovazione, materia esistente e forma futura. La mostra propone una serie di collage di architettura, con la suggestiva rappresentazione di un grande paesaggio contemporaneo costituito da immagini di progetti recenti dove architetti di varie generazioni si sono confrontati con contesti impegnativi. Una serie di “cartoline” autografe di architetti stranieri daranno un’interpretazione sintetica della particolare condizione italiana vista da diversi angoli del mondo. Ad aprire e chiudere la mostra due segni, due “innesti” fisici nel contesto dell’Arsenale firmati dallo stesso Cino Zucchi: il grande portale arcuato dell’ingresso adiacente le Gaggiandre e una grande panca-scultura che si snoda tra gli alberi nel Giardino delle Vergini. In occasione della presentazione della mostra, il Padiglione Italia lancia un invito pubblico teso a raccogliere una serie di video capaci di interpretare i luoghi della vita collettiva in Italia realizzati da studenti, persone comuni, videomaker. Una selezione di questi video andrà a costituire l’opera corale “Paesaggi Abitati” a cura di Studio Azzurro, volta a indagare come l’uomo interagisce con le trasformazioni dettate dall’architettura e come a sua volta le adatti ai suoi bisogni quotidiani.

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Tra gli altri padiglioni quello di Taiwan, curato dall’architetto Jimenez Lai con il suo studio Bureau Spectacular, ha allestito un palazzo veneziano con nove strutture colorate che rappresentano diverse funzioni domestiche, tra cui House for Pleasure e House of Shit.

Come evento collaterale della Biennale, Township of Domestic Parts: Made in Taiwan è una mostra che esplora le componenti fondamentali della casa moderna taiwanese e di come queste sono state plasmate da modelli nazionali e attività sociali.

Il padiglione inglese che, con la tematica di “Utopia of Ruins” cerca di illustrare la capacità di pianificare la ricostruzione sopra alla rovine. Chiaro dilemma europeo di risurrezione architettonica dopo i grandi conflitti avvenuti del secolo scorso. All’interno oltre che ritrovare oggetti dall’appeal anni 80, come un walkman Sony di adolescenziale memoria, vi sono delle fotografie di Kevin Cummins dei Joy Division

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Da non dimenticare che ai Giardini, in zona privilegiata è stata piazzata DOM-INO, ONE-To-ONE, progetto di ricostruzione della AA School of Architecture of London , che ha deciso di riportare alla luce i disegni di Le Corbusier del 1914, quando il grande architetto decide di affrontare in maniera ragionata il dilagante problema della scarsità di abitazioni prima della Grande Guerra. A 100 anni di distanza Dom-ino rappresenta ancora uno dei modelli più iconici e moderni nella progettazione del XX secolo.

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Per sapere di più:

http://www.giovannicecchinato.it/blog/foto-architettura-apertura-biennale-architettura-2014-venezia/

http://www.labiennale.org/it/architettura/news/10-03.html

http://www.labiennale.org/it/architettura/news/31-03.html

http://www.ddarcart.com/2014/06/Biennale-di-Architettura-di-Venezia-2014-Padiglione-Taiwan-by-Jimenez-Lai-fotografia-iwan-baan.html

http://www.swedenabroad.com/it-IT/Embassies/Roma/Attualita–Eventi/Calendar-it/Architetti-svedesi-al-Biennale-di-Venezia-2014-sys/

Ciao dalla vostra CLO’.

[Maria Clotilde Massari per DETTI E FUMETTI – sezione architettura – articolo del 23 settembre 2014]

IL PARCO LINEARE DI ROMA NORD

Salve amici, sono Clo la vostra amica pipistrella; sappiate che due cose verranno ricordate quest’anno: il 75° anniversario di un mio lontano parente, Batman l’uomo pipistrello, e l’apertura del nuovo parco lineare di Roma Nord.

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La mia passione per la ricerca di nuovi Parchi Urbani questa volta non mi ha portato lontano:

nel municipio XIV è stato inaugurata il 14 giugno un parco lineare lungo cinque chilometri, attraversato da una pista ciclopedonale che collega Monte Ciocci con la stazione Monte Mario, vicino al complesso del Santa Maria della Pietà.

Il percorso è accessibile da dieci accessi integrati con le strade di mobilità tradizionale, incrocia quattro stazioni (Appiano, Balduina, Gemelli e Monte Mario), con la possibilità di raggiungere l’ospedale dalla Balduina in 10 minuti a piedi.

Sono stati istallati tornelli fra una strada e l’altra, per evitare l’ingresso alle auto, ma anche ai motorini. Nella pista, realizzata sul vecchio tracciato della linea metropolitana Roma-Viterbo, ci sarà spazio anche per i bambini, che avranno a disposizione tre aree giochi e una pista di pattinaggio. E poi ancora, dieci fontanelle e oltre cento panchine per chi vorrà riposarsi lungo il tragitto, che ha una pendenza media dell’un per cento, quindi facilmente accessibile anche a chi non usa la bici o non è solito fare passeggiate tutti i giorni, per un totale di sei ettari di superficie.

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L’obiettivo dell’amministrazione comunale era di creare all’interno del quartiere un percorso per i piccoli spostamenti che oggi si fanno con il mezzo privato: dal Santa Maria della Pietà a Torrevecchia, dal Gemelli a Balduina e da lì a Monte Ciocci, sono stati collegati i lati diversi dei quartieri. Ad oggi la pista ciclabile inaugurata per congiungersi con un’altra ciclabile deve raggiungere Largo Trionfale. E’ necessario quindi un collegamento con la dorsale di viale Angelico, visto che a Largo Trionfale c’è già la diramazione pronta e quindi andrebbe fatto solo il tratto su via Andrea Doria e via Anastasio II.

 

La pista è completamente illuminata da 96 punti luce con tecnologia led, a basso consumo energetico e alto livello di resa, anche se al momento il percorso è aperto dall’alba al tramonto, ma l’obiettivo è di tenere la pista aperta 24 ore su 24.

Per quanto riguarda la sicurezza il Municipio ha ottenuto la rimozione di tutti gli insediamenti abusivi del parco dell’Inferno dalla parte che costeggia i condomini di Balduina, ma la ricetta del comune è che l’utilizzo da parte dei cittadini che percorrono la pista per recarsi al lavoro, per fare la passeggiata con il cane o andare in bici, creino uno stato di sicurezza con la loro stessa presenza.

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Ciao dalla vostra CLO!

[Maria Clotilde Massari per DETTI E FUMETTI – sezione architettura e design – articolo del 27 luglio 2014]

 

 

Clo e la Roma della Street Art

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[Agostino Iacurci-San Basilio-Roma]

 

Negli ultimi anni, volando sopra i tetti di Roma, ho scoperto un nuovo fenomeno che sta cambiando il “volto” degli edifici: la street art, ovvero Arte di strada o arte urbana (in inglese street art) è il nome dato dai mezzi di comunicazione di massa a quelle forme di arte che si manifestano in luoghi pubblici, spesso illegalmente, nelle tecniche più disparate: spray, sticker art, stencil, proiezioni video, sculture ecc. La sostanziale differenza tra la street art e i graffiti si riscontra nella tecnica non per forza vincolati all’uso di vernice spray mentre il punto di incontro che spesso fa omologare le due discipline rimane il luogo e alle volte alcune modalità di esecuzione, oltre all’origine mass-mediatica della terminologia (originariamente semplicemente Writing).

A San Basilio, quartiere della periferia Nord Est di Roma, è sorta l’iniziativa: “ SanBa, progetto artistico audiovisivo rivolto a San Basilio”.

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Ormai arrivato alla sua seconda fase. Dopo il coinvolgimento delle scuole nella realizzazione di opere di design urbano per rigenerare aree in disuso del quartiere restituendole ai suoi abitanti, due degli street artist più rinomati e apprezzati in tutto il mondo, lo spagnolo Liqen e l’italiano Agostino Iacurci hanno dipinto quattro facciate degli edifici messi a disposizione dall’Ater in via Fabriano e in via Recanati. I residenti sono stati coinvolti nella scelta dei soggetti delle opere dei due artisti con riunioni di condominio e speech di avvicinamento e sensibilizzazione all’arte contemporanea. Liqen sulla facciata di un palazzo in via Fabriano ha dipinto “El Renacer”, un enorme rastrello che ara la città ed estirpa tutti i resti dell’era industriale mostrando la terra al di sotto di essi. Una terra che in questo modo riprende a respirare con le piante che germogliano in un atto di rinascimento non solo urbano, ma anche sociale e naturale

Immagine1- San Basilio

Un’altra iniziativa è sorta a Garbatella: “Roma Street Art Festival 2014”. Partito il 31 marzo – Con l’opera dello street artist tedesco Clemens Behr,  realizzata sull’edificio Atac – Dco Garbatella, ha inaugurato Avanguardie Urbane Roma Street Art Festival 2014, ideato e promosso dalle associazioni 999Contemporary e Roam e curato da Stefano S. Antonelli. L’opera di Clemens Behr, ha come supporto l’intero edificio Atac, accanto alla fermata Metro Garbatella.

Si colloca nello scenario visivo che include il nuovo ponte che collega il quartiere Ostiense e Garbatella e il gazometro, simbolo della Roma “moderna”. Realizzata come un flusso continuo di astrazione geometrica dal respiro monumentale, mette in opera un concetto che sta a cuore a questo festival: l’emancipazione e la trasposizione della street art dal “muro” all’intera architettura urbana.

street-art2jpegImmagine 2-Edificio Atac a Garbatellajpg

Avanguardie Urbane Roma Street Art Festival 2014 porterà a Roma, da marzo a luglio, oltre 30 tra i migliori street artist internazionali e italiani e promuoverà Roma a capitale europea della street art. Gli interventi degli artisti sul contesto urbano riqualificheranno alcuni quartieri e diversi centri nodali e storici della vita cittadina.  Il Festival culminerà con due grandi eventi realizzati in collaborazione con Roma Capitale e Macro – museo d’arte contemporanea di Roma: una conferenza internazionale sul futuro panorama visivo delle città, presso la sede museale di via Nizza, e una grande mostra ad ingresso libero al Macro Future di Testaccio, che da giugno ad agosto vedrà protagonisti i più importanti artisti francesi e italiani in un percorso comparato tra i linguaggi della street art di nuova generazione.

A Roma la street art torna al suo significato originario: quello di colorare il grigio, il colore dominante di ogni nostra città. Ed è così che anche i muri del sottopasso di via Ostiense a Roma si animano grazie alla mano di questi artisti contemporanei che fanno del cemento la loro tela. «Un vero dream team composto da sette street artist di fama internazionale – Moneyless, Martina Merlini, Andreco, 2501, Ozmo, Tellas e Gaia – ha realizzato una grande opera pubblica collettiva per la capitale a due passi dalla Piramide Cestia e dal Gazometro. Grazie al loro intervento il sottopasso è stato riqualificato dotando la città di una grande opera di arte contemporanea urbana a diretto contatto con i cittadini» spiegano dall’associazione Culturale 999Contemporary, promotrice dell’opera. «Bisogna distinguere tra recupero urbano e arte per non fare confusione – precisa Ozmo alias Gionata Gesi – perché qui non ci si limita al recupero, ma si instaura un dialogo tra sette artisti in continua evoluzione, che ha anche la funzione di recuperare un’area urbana. Il tutto grazie a sponsor tecnici e privati che hanno reso possibile l’iniziativa».

E i cittadini sembrano apprezzare l’intervento. Non solo i più giovani si sono detti contenti di una mano di colore che dia un po’ di vita, gratificando l’occhio e rendendo più gradevole anche una semplice passeggiata.

Immagine 3- sottopasso di via Osiense

Per sapere di più:

http://roma.repubblica.it/cronaca/2014/05/16/foto/arte_e_periferie_liqen_e_iacurci_street_artist_per_san_basilio-86313722/1/#1

http://www.comune.roma.it/wps/portal/pcr?contentId=NEW612087&jp_pagecode=newsview.wp&ahew=contentId:jp_pagecode

http://www.darsmagazine.it/a-roma-la-street-art-colora-via-ostiense/#sthash.2rzEf8mB.dpuf

http://www.repubblica.it/speciali/arte/gallerie/2014/05/28/foto/street_art_estrema_i_murales_iperealistici_di_patrick_commecy-87478672/1/?ref=fbpr#8

 

Ciao dalla vostra CLO!

[Maria Clotilde Massari per DETTI E FUMETTI – sezione architettura e design – articolo del 18 giugno 2014]

Clo e i grattacieli di Roma

Ciao amici, continuo la mia ricerca sui cambiamenti dello skyline di Roma, questa volta osservando le “altezze”.

La Basilica di San Pietro è stata fino a pochi anni fa,con i suoi 136 metri di altezza, l’edificio più alto di Roma; gli edifici abitabili della città non superavano i 120 metri di altezza.

Ormai questo primato è stato superato dalla Torre Eurosky, alta 120 metri (ma che raggiunge i 155m se si conta anche l’antenna di 35 m (non abitabile)); la torreè  sita al Torrino (EUR), è stata progettata dall’architetto Purini ed è affiancata dalla Torre Europarco anche essa alta 120 metri e progettata dallo studio Transit Design.

Nel vicino quartiere dell’EUR, si trovano il resto dei grattacieli romani:

il palazzo ENI (chiamato anche Palazzo di vetro dell’ENI o Grattacielo ENI), alto 80,5m;

il palazzo INAIL, già grattacielo Alitalia, alto 72 m;

il grattacielo Italia, progettato da Luigi Mattioni e alto 71 m ;

le Torri delle finanze, di circa 70 metri, progettate da Cesare Ligini

la sede centrale di Poste italiane alta 73 m.

La torre Eurosky rientra nell’ambito di un più ampio intervento che prevede la realizzazione di un complesso di edifici ad uso abitativo, commerciale e pubblico, organizzato in due tipologie morfologiche differenti: la torre e la piastra urbana. L’intero complesso è realizzato nel contesto dell’Europarco Castellaccio, a ridosso dell’EUR, ed è una delle diciotto nuove “centralità metropolitane” previste nel Piano Regolatore Generale di Roma vigente dal 14 marzo 2008. Purini ha messo a punto il masterplan dell’intera area più il progetto di una delle due torri previste; la seconda, a destinazione direzionale, porta la firma dello studio Transit. La piastra è costituita dal centro commerciale Euroma e da edifici privati e pubblici per uffici.

Il grattacielo sorge nella zona di viale Oceano Pacifico, e si sviluppa su 28 piani residenziali (i primi tre adibiti ad uso ufficio) oltre a 3 piani tecnici e 2 livelli interrati destinati a garage e cantine. Sono inoltre previsti spazi di comune utilizzo con la realizzazione di una palestra panoramica, una lavanderia e una sala riunioni.

[La torre Eurosky]

La struttura è articolata in due prismi verticali di cemento armato e acciaio, rivestiti in granito e collegati da due piani aerei orizzontali.Il progetto, spiega Purini, si ispira alle torri medievali che caratterizzano il centro storico di Roma: “Prima delle cupole Roma aveva le torri, e questo grattacielo riprende quella presenza verticale, aggiungendo un messaggio comunicativo moderno, di rispetto per l’ambiente e risparmio energetico. Un approccio destinato a portare un po’ di futuro nel presente”.

La Torre Europarco (chiamata anche Torre Transit), progettata dallo Studio Transit, si trova accanto alla Torre Eurosky. La torre, destinata ad ospitare uffici, è costituita da un prisma, rivestito in cristallo ed alto 120 m, suddivisi in 35 piani. Il prospetto del piano terra è del tipo a montanti e traversi, mentre quello dei rimanenti piani è del tipo a cellule strutturali. Il rivestimento a “copertura palpebra” è in lamiera di alluminio, con elementi frangisole verticali in alluminio e cellule spandrel con profilo decorativo esterno.

[Torre Europarco (chiamata anche Torre Transit)]

Continuando a parlare dell’EUR e dei suoi grattacieli. Altro destino hanno subito  le Torri delle finanze: il 13 maggio 2009 il consiglio comunale di Roma ha dato l’ok alla demolizione delle ex torri del ministero delle Finanze, nel cuore dell’Eur. I due grattacieli dovevano lasciare lo spazio a “Roma EUR Viale Europa 242”, un lussuoso complesso residenziale meglio conosciuto come le “case di vetro” dell’Eur che portava la firma di Renzo Piano. Ma La capitale ha dovuto dire addio al progetto di Renzo Piano, che insieme alla vicina «Nuvola» di Fuksas avrebbe dovuto rappresentare il “nuovo” dell’urbanistica contemporanea della capitale: salta il consorzio pubblico-privato che avrebbe dovuto realizzarlo, perché: «Il progetto è troppo oneroso». Si pensa ora di tornare alle vecchie Torri di Ligini che dovrebbero essere ristrutturate.Ci auguriamo di vedere presto l’inizio dei lavori di rifacimento di questi due enormi scheletri, che insieme al cantiere ancora in corso della Nuvola , hanno creato un ”brutto vedere” tra via Cristoforo Colombo e viale Europa.

[ Le Torri della finanze -EUR]

 

[ Le Torri della finanze -EUR dopo la parziale demolizione]

[il progetto abbandonato delle residenze di Renzo Piano]

 

Per sapere di più:

http://roma.corriere.it/notizie/cronaca/14_marzo_18/torri-eur-cantiere-potrebbe-ripartire-costruttori-pronti-cedere-fintecna-92fdb0f2-aeb0-11e3-a415-108350ae7b5e.shtml

http://www.archiportale.com/news/2010/05/architettura/roma-gi%C3%B9-le-torri-dell-eur-e-nuovi-passi-per-la-nuvola_18878_3.html

http://www.edilportale.com/news/2010/05/architettura/roma-presentata-la-torre-eurosky-di-franco-purini_18865_3.html

Ciao a tutti da CLO!

[Maria Clotilde Massari per DETTI E FUMETTI sezione architettura – articolo del 17 maggio 2014]

CLO e …una nuvola sui tetti di Roma

Nel mio ultimo volo sui tetti di Roma ho scoperto una novità: è sorta una “nuvola”, nel cuore della città storica che è per intero patrimonio mondiale dell’Umanità (Unesco) ed è tutelato dal PRG approvato nel 2003.

Un intervento “nascosto” tra le strade del centro tra via Tomacelli e via del Corso. Lo noti solo se lo sai, se ci fai caso, se ti posizioni nella corretta angolazione, nell’unico pezzettino di marciapiede che ti permette di vedere la bizzarra escrescenza organica spuntare dal tetto. Anche perché proprio non te l’aspetti che a venti metri da San Carlo e a dieci da Palazzo Ruspoli, l’intero edificio storico dell’Unione Militare (mole d’inizio Novecento a metà strada tra Piazza Navona e l’Ara Pacis) ha subito un totale sventramento e che il tetto del palazzo offra un così radicale cambiamento dell’immutabile skyline capitolino.

L’intervento ha la firma di Massimiliano Fuksas , architetto romano famoso in tutto il mondo, attualmente impegnato in Italia per la progettazione e realizzazione della nuova Fiera di Milano a Rho e per la realizzazione del centro congressi all’Eur, conosciuto come la “Nuvola”; quest’ultima però ancora non è conclusa e forse aprirà nel 2015. L’intervento di via Tomacelli, forse perché il committente è privato (inizialmente il gruppo Benetton, è stata poi venduta al marchio H&M che la utilizzerà come un grande megastore), è stato concluso nei tempi previsti.

Lo storico edificio seicentesco è stato oggetto di una complessa opera di rinforzo strutturale e riqualificazione funzionale. Dovendo operare in un delicato contesto urbano come quello del centro storico di Roma a due passi da Piazza di Spagna, l’architetto ha adottato un innovativo sistema di intervento per la realizzazione degli elementi strutturali: gli esistenti elementi strutturali interni all’edificio sono stati infatti demoliti e ricostruiti procedendo dall’alto verso il basso con la tecnica denominata “top down”; in questo modo si è evitato di indebolire l’involucro dell’edificio durante le operazioni di svuotamento interno necessarie alla realizzazione delle nuove strutture portanti. La tecnica top down ha consentito inoltre di contenere le invasive opere provvisionali esterne all’edificio e necessarie al mantenimento degli antichi paramenti murari che sono stati oggetto di consolidamento e restauro sotto la supervisione della Sovraintendenza ai Beni Architettonici di Roma. Anche le antiche fondazioni dell’edificio e della nuova struttura in carpenteria metallica sono state rinforzate mediante sottofondazioni realizzate con pali infissi in profondità e collegati da una platea in calcestruzzo armato. L’elemento dominante del progetto è costituito dalla “lanterna” di acciaio e vetro che, con circa 3.200 mq di superficie, attraversa tutti i solai dell’edificio per affiorare in copertura dando luogo ad una volta trasparente alta fino a 7,5 metri sotto la quale trova ora posto l’area ristorante con una vista a 360° sulla città di Roma.

Per sapere di più:

http://www.artribune.com/2012/10

http://www.artribune.com/2013/07

http://inbiciperoma.blogspot.it/2013_02_01_archive.html

(Il progetto)

(Il cantiere)

(Viste dell’interno)

Saluti da Clo, alla prossima!

[Maria Clotilde Massari per DETIT E FUMETTI – sezione architettura – articolo del 8 aprile 2014]