SEI MIA, IL NUOVO EPISODIO DELLA RUBRICA TRA LE RIGHE DI CHIARA NARRACCI PER DETTI E FUMETTI

Care amiche e amici di Detti e Fumetti oggi vi parleremo di Possesso nella coppia.

Partiamo da una semplice riflessione:

Il Falco

una cosa è direi “Sei mia”  in un momento di passione e sì ci piace da morire … ancora oggi e già ci portiamo dietro il fatto di essere fondamentalmente degli animali istintivi e passionali e ci portiamo dietro anche una memoria genetica della notte dei tempi che inevitabilmente nel momento in cui il nostro uomo ci fa sentire l’unica ci si scioglie qualcosa nelle viscere … e questo va benissimo;   altra cosa è assumere tutti questi atteggiamenti  di controllo: dalla geolocalizzazione allo scrollo dei social dell’altro, al in qualche modo coltivare un atteggiamento di possesso dell’altra persona. Ricordiamocelo che dare fiducia a qualcuno è una scelta razionale.  Scelgo di darti fiducia perché scelgo la mia serenità e comunque si può tradire in ogni momento del giorno e della notte di conseguenza tutto questo controllo tutto questo possesso dell’altra persona non fa che portarci a perdere l’altra persona alla lunga perché non piace a nessuno non sentirsi libero, di vivere; e allora prendiamoci il bello anche di queste espressioni così passionali, così travolgenti, così potenti; però diamoci anche il permesso di metterci da subito nelle condizioni di rispettarci; come? intanto conoscendoci e conoscendo anche il peso della memoria genetica che in qualche modo a noi donne – soprattutto –  ci porta a prenderci un po’ poco in considerazione anche dal punto di vista dell’amore; non è un caso se ancora oggi le cucciole cercano qualcuno che si prenda cura di loro quando in realtà ad oggi saremmo liberissime di prenderci cura da sole di noi stesse; ebbene allora cerchiamo qualcuno che goda della persona che siamo. Per farlo bisogna intanto imparare a conoscerci e a rispettarci e nella relazione con l’altro diamoci il tempo di condividere qualche esperienza. Credo che sia fondamentale perché nella condivisione ci rendiamo conto di tante cose; cosa che nel mondo virtuale ovviamente è molto più difficile. Quindi apriamoci ad una conoscenza diretta dell’altra persona, dandoci il tempo di capire se anche a noi piace l’altro perché è bellissimo sentirsi scelte, sentirsi desiderate, sentirsi apprezzate, ma da chi tante volte manco lo sappiamo. Ci basta quello e allora anche no, non può bastare conoscerci per rispettarci e conoscere l’altra persona per rispettarla. Diamoci tempo

Il video di Chiara il falco lo potete vedere QUI

[ Chiara Narracci, il falco per DETTI E FUMETTI – Sezione sociologia – articolo del  3 novembre 2025]

QUANDO E’ CHE SI DIVENTA ADULTI? primo episodio della rubrica TRA LE RIGHE di CHIARA NARRACCI alias FALCO per DETTI E FUMETTI

Bentrovate lettrici e lettori di DETTI E FUMETTI oggi apriamo la nuova rubrica di sociologia TRA LE RIGHE; io sono CHIARA NARRACCI e, come consuetudine in DETTI E FUMETTI, per entrare nella redazione da oggi sarò CHIARA IL FALCO.

Illustrazione di Filippo Novelli

QUANDO E’ CHE SI DIVENTA ADULTI?

Iniziamo questa rubrica con il cercare di rispondere ad un gran quesito. Quand’è che finalmente si diventa adulti? Vi leggo un passo molto interessante: “Persone in grado di assumersi la responsabilità delle proprie scelte e di vivere serene. Le relazioni con i genitori”. Iniziamo con il dire che molti continueranno a piangersi addosso e ad accollare il peso dei propri fallimenti ai genitori, all’infanzia subita. Altri riusciranno ad accettare che siamo solo persone e tutti fallibili, compresi i genitori, e che tutti potremmo scegliere come comportarci al di là di come ci viene istintivo.

Prosegue lo scritto: “Personalmente ci misi mesi anche solo a rendermi conto di non conoscermi affatto, al di là di come ero solita gestirmi. A livello relazionale ho avuto paura di essere una bambola rotta, vuota, perché le mie domande restavano senza risposta. Ho poi capito che non ero mai stata abituata a prendermi in considerazione in prima persona, probabilmente anche perché donna invasa dall’impronta materna.

Non sono certo l’unica ad aver fatto confusione fra il mio pensiero e quello di mia madre, fra il mio sentire ed il suo rispetto a ciò che vivevo sulla mia pelle. Confusione amplificata crescendo dal confronto costante anche con le amiche e con le altre donne incontrate, dove l’unica certezza, l’unica costante erano le reazioni istintive alle altrui sollecitazioni. Non c’era la scelta di come e se agire, era un reagire istintivamente.

Facciamo un passo indietro. Quando veniamo al mondo siamo per noi stessi fonte di disagio. Abbiamo fame, sete, ci sporchiamo e siamo completamente dipendenti dai nostri genitori per appagare i nostri bisogni.

Scatta la convinzione che noi per noi stessi siamo il male, mentre i genitori sono il bene perché ci alleviano dai disagi. Scatta anche l’automatismo di dare più importanza a loro che a noi stessi, motivo per il quale crescendo ci identifichiamo con ciò che più spesso ci diranno di essere. E saranno proprio quei due tre aggettivi il nostro biglietto da visita con il quale ci presentiamo al gruppo di pari, fino a quando non scopriremo di essere molto di più.

Crescere è spogliarsi di queste percezioni limitate ed accettare i nostri limitati e limitanti genitori. È smetterla di pretendere da loro l’approvazione su tutto o smetterla di remarci contro incarnando la pecora nera pur di confermare la loro idea di noi. Credo sia questo il lavoro da fare quando si parla di dover “uccidere” i propri genitori, abbandonare l’idea o la convinzione atavica che i genitori hanno sempre ragione, salvando però l’amore che ci lega loro.

Come farlo? Scegliendo di piacerci noi in primis, imparando a prenderci in considerazione consapevole, uscendo dagli automatismi relazionali che attivano quelli personali, quei due tre aggettivi che dicevamo prima,  aprendoci alla vita, dandoci il tempo di valutare come è meglio muoversi. Chi inizia con il  chiederti di fronte alle piccole scelte quotidiane cosa penso? cosa sento?  Mi va? è buono per me?. Questa è la via per diventare ciò che vogliamo essere, Adulti.

Il video dell’articolo lo trovi QUI

Se non impariamo a conoscerci, continueremo a non rispettarci e a soffrire per come ci vedono gli altri . TU Che ne pensi?

Al prossimo episodio.

[Chiara Narracci per DETTI E FUMETTI, Sezione Sociologia. Articolo del 10 ottobre 2025]

TRA LE RIGHE, La nuova rubrica di sociologia di Chiara Narracci per DETTI E FUMETTI

Amiche e amici di DETTI E FUMETTI oggi siamo felici di annunciarvi l’apertura di un nuova rubrica  dedicata a un tema fondamentale per tutti noi: le relazioni interpersonali e familiari. Si chiamerà TRA LE RIGHE; a guidarla una nuova voce, pronta a guidarci in un viaggio fatto di riflessioni e spunti preziosi riguardanti la sociologa,Chiara Narracci.

Chiara ha un’esperienza ventennale in consulenza e mediazione familiare, si è formata all’Università La Sapienza di Roma e ha arricchito il suo percorso con due master in Consulenza e Mediazione Familiare. Collabora con il consultorio Centro Famiglia al Vicariato, affianca diversi avvocati matrimonialisti ed è responsabile di sportelli d’ascolto nelle scuole. È inoltre docente di Sociologia della famiglia per la SICOF [Scuola Italiana Consulenti della Coppia e della Famiglia]. Chiara ci aiuterà ad esplorare le dinamiche che rendono uniche le nostre famiglie e le nostre vite.

Ma lasciamo a lei la parola. Guarda il video di presentazione facendo click QUI

[La redazione – articolo del 2 ottobre 2025]

GEN Festival 2025: due giorni tra fumetti, creatività, musica e cultura pop ai Giardini Luzzati-Il 28 e il 29 giugno 2025

AMIC* di DETTI E FUMETTI al via la seconda edizione di GEN promosso da ARF.

La seconda edizione di GEN – dalla parte del Fumetto, il festival che sabato 28 e domenica 29 giugno trasformerà i Giardini Luzzati nel cuore pulsante della scena fumettistica italiana. Dopo il successo dello scorso anno, GEN torna con un programma ancora più ricco, accessibile e gratuito, pronto ad accogliere appassionati, famiglie, artisti e curiosi tra incontri, laboratori, performance e mostre.

Prodotto da CDM Lab con la direzione artistica di ARF! Festival, in collaborazione con i Giardini Luzzati – Spazio Comune e con il patrocinio di Regione Liguria, GEN si conferma come un punto di riferimento, nel suo genere, all’interno del panorama culturale della città. Il festival offre un’esperienza immersiva nel mondo del fumetto, tra linguaggi visivi e riflessioni contemporanee.

La seconda edizione di GEN non è solo un’esplosione di incontri, workshop e mostre: è un’occasione unica per incontrare autori che lavorano per le principali realtà del fumetto mondiale.

Tra i nomi di punta di quest’anno spiccano Giada Belviso e Luca Enoch. Belviso è una disegnatrice attivissima per Marvel, nota in particolare per la serie Laura Kinney: Wolverine e altri progetti recenti. Enoch, co‑autore di Dragonero per Sergio Bonelli Editore, è una delle penne più solide del fantasy italiano. Un altro protagonista è Stefano Zanchi, illustratore e disegnatore che collabora stabilmente con Disney e Panini Comics, noto per le sue illustrazioni emozionanti e delicate.

Accanto a loro, l’acclamato Manuele Fior – vincitore del Premio Fauve d’or di Angoulême e autore di opere come Cinquemila chilometri al secondo, L’intervista e Celestia – che porta al festival un tocco di graphic novel di alto profilo internazionale, oltre a firmare il manifesto ufficiale del festival. Da non perdere anche Ivo Milazzo, maestro europeo del western e creatore di Ken Parker: una lunga esperienza per Sergio Bonelli Editore e collaborazioni con Disney (tra cui storie di Paperino e Zio Paperone), Milazzo porta la sua esperienza cinquantennale al festival.

Da non perdere anche la giovane rivelazione SantaMatita (nome d’arte di Serena Ferrero), vincitrice del Premio Bartoli 2024 e in mostra sia a Roma sia a Genova. Si presenta come autrice completa (testi, disegno e colore) con pubblicazioni per Bao Publishing e attiva come colorista per importanti case editrici.

Per i più giovani torna l’Area Kids con laboratori dai 4 anni in su curati da grandi nomi dell’editoria per l’infanzia, mentre per gli aspiranti fumettisti ci saranno workshop, portfolio review e incontri dedicati alla creazione di storie e personaggi.

L’Area Self – raddoppiata rispetto alla precedente edizione – ospita oltre 25 realtà indipendenti dell’autoproduzione fumettistica italiana, tra cui: Mammaiuto, BlekBord, Inuit Editions, Lök Zine, Ragdoll, Subseri e molti altri. Un’occasione unica per scoprire progetti editoriali fuori dai circuiti tradizionali, incontrare gli autori e acquistare fumetti rari e originali.

Grande attesa anche dal punto di vista musicale per il concerto gratuito di Piotta, in programma sabato sera alle 21, che chiuderà in musica la prima giornata del festival.

IL PROGRAMMA COMPLETO GEN FESTIVAL 2025

TALK E INCONTRI

Sabato 28 giugno

  • 15:30 – Eroine di ieri oggi e domani – con Giada Belviso, Luca Enoch – conduce Chiara Guida e Mauro Uzzeo
  • 17:00 – Sante Vibrazioni – con Chiara Onofri, SantaMatita – conduce Francesca Protopapa e Mauro Uzzeo
  • 18:30 – S’innamorava di tutto: Fabrizio De André e la sua Genova – con Sergio Badino, Ivo Milazzo, Federico Traversa – conduce Mauro Uzzeo
  • 21:00 – Concerto gratuito di Piotta

Domenica 29 giugno

  • 15:00 – La danza degli opposti: l’arte di Manuele Fior – conduce Mauro Uzzeo
  • 16:30 – Forza, ironia, eleganza: la magia Disney di Stefano Zanchi – conduce Mauro Uzzeo
  • 18:00 – Il fumetto come oggetto di espressione totale – con BlekBord, Inuit Editions, Ragdoll – conducono Francesca Protopapa e Mauro Uzzeo

WORKSHOP E PORTFOLIO REVIEW

Sabato 28 giugno

  • 11:00 – Come nasce un supereroe – con Giada Belviso
  • 17:00-19:00 – Portfolio review – con Davide Costa e Giulia Masia

Domenica 29 giugno

  • 11:00 – La ricerca di un universo – con Manuele Fior
  • 17:00-19:00 – Portfolio review – con Davide Costa e Giulia Masia

AREA KIDS (laboratori creativi 4-12 anni)

Sabato 28 giugno

  • 12:00 – Ma che facce mi fai? – con Chiara Onofri (7+)
  • 14:30 – Oltre gli ultimi alberi del bosco – con Marco Paschetta (6-10)
  • 16:00 – Poteri schifosi per supereroi meravigliosi – con Enrico Macchiavello (7+)
  • 17:30 – All’avventura con Lyon – con Emanuele Virzì (6-12)

Domenica 29 giugno

  • 12:00 – La più grande cena mai vista – con Dario Pomodoro (4-7)
  • 14:30 – Impara l’inglese disegnando fumetti – con SantaMatita (6-10)
  • 16:00 – Un amico in più – con Francesco Pelosi e Sara Vincenzi (7-10)
  • 17:30 – Guarda il cielo e sogna una storia – con Simona Binni e Matteo Fortuna (9+)

Tutti i laboratori sono gratuiti con prenotazione obbligatoria su genfestival.it. Per ulteriori info:
Matteo Agnoletto
📞 333 7442364

[FILIPPO NOVELLI per DETTI E FUMETTI – SEZIONE FUMETTO – ARTICOLO DEL 26 giugno 2025]

“Il Muro nella mente – La nascita di The Wall”- STORIA DI UNA CANZONE

Amic* di DETTI E FUMETTI per STORIA DI UNA CANZONE oggi vogliamo parlarvi di ANOTHER BRICK IN THE WALL dei PINK FLOYD.

Immaginate di essere su un palco. Davanti a voi, migliaia di volti urlanti, luci accecanti, energia pura. Ma dentro… il vuoto.

È il 6 luglio 1977. Roger Waters, bassista e mente creativa dei Pink Floyd, guarda il pubblico dello Stadio Olimpico di Montréal con crescente frustrazione. Qualcosa si è spezzato. Il contatto umano è svanito. Quel che resta è un’enorme distanza tra artista e spettatore. E poi, il gesto estremo: Waters sputa su uno spettatore. È il punto di non ritorno.

Ma da quel momento oscuro nasce un’idea destinata a cambiare per sempre la storia della musica: un muro. Non di mattoni, ma di emozioni. Un muro psicologico costruito da traumi, perdite, repressioni. Il protagonista? Un alter ego immaginario: Pink, una rockstar alla deriva.

Waters porta questa visione al produttore canadese Bob Ezrin, il quale prende una lunga, cruda demo e ne fa qualcosa di più. Ne fa una storia, con un inizio, uno sviluppo, una fine. Pink diventa il simbolo di una generazione ferita, e ogni brano diventa un mattone: la scuola, la madre, la guerra, la droga, l’isolamento.

E mentre Waters costruisce la narrazione, David Gilmour scolpisce l’anima musicale del disco. La tensione tra i due è palpabile, eppure genera meraviglie: su tutte, l’immortale “Comfortably Numb”, nata tra litigi, riscritture e due visioni inconciliabili che si fondono in un capolavoro.

Il tour del 1980–81 è uno spettacolo mai visto prima: un vero muro di polistirolo cresce davanti agli occhi del pubblico, isolando la band sul palco. E alla fine? Il crollo, fragoroso, catartico. Il muro cade. E resta il silenzio.

Nel 1982 il regista Alan Parker porta tutto sul grande schermo: nasce il film Pink Floyd – The Wall, con Bob Geldof nel ruolo di Pink. È un’opera psichedelica, cupa e potentemente emotiva.

The Wall non è solo un concept album. È un viaggio nell’inconscio. È la confessione di un uomo sull’orlo della rottura. È il tentativo disperato di comunicare, anche quando tutto sembra perduto.

Ha venduto oltre 30 milioni di copie, ispirato artisti, cineasti, registi teatrali. Ma soprattutto, ci ha lasciato un messaggio: i muri si costruiscono per paura. Ma prima o poi, vanno abbattuti.

Così nacque The Wall: da uno sputo a una sinfonia. Da un trauma personale a un’epopea collettiva. Un’opera che ha osato porre una domanda scomoda: cosa succede quando siamo troppo fragili per restare in contatto col mondo?

La risposta è lì. Tra i mattoni.

TESTO

Dark sarcasm in the classroom
Teachers leave them kids alone
Hey! Teachers! Leave them kids alone!
All in all it’s just another brick in the wall
All in all you’re just another brick in the wall.

We don’t need no education
We don’t need no thought control
No dark sarcasm in the classroom
Teachers leave them kids alone
Hey! Teachers! Leave them kids alone!
All in all it’s just another brick in the wall
All in all you’re just another brick in the wall.

“Wrong! Do it again!”
“Wrong! Do it again!”
“If you don’t eat your meat, you can’t have any pudding.
How can you have any pudding if you don’t eat your meat?”
“You! Yes, you behind the bikesheds, stand still laddy!”

traduzione

Non abbiamo bisogno di alcuna educazione
Non abbiamo bisogno di alcun controllo del pensiero
Nessun oscuro sarcasmo in classe
Insegnanti, lasciate stare i bambini
Ehi! Insegnanti! Lasciate stare i bambini!
Tutto sommato è solo un altro mattone nel muro.
Tutto sommato siete solo un altro mattone nel muro.

Non abbiamo bisogno di alcuna educazione
Non abbiamo bisogno di alcun controllo del pensiero
Nessun oscuro sarcasmo in classe
Insegnanti lasciate stare i bambini
Ehi! Insegnanti! Lasciate da soli i bambini!
Tutto sommato è solo un altro mattone nel muro.
Tutto sommato siete solo un altro mattone nel muro.

“Sbagliato! Fallo di nuovo!”
“Sbagliato! Fallo di nuovo!”
“Se non mangi la carne, non potrai mangiare il dolce.
Come puoi mangiare il dolce se non mangi la carne?”
“Tu! Sì, tu dietro i portabiciclette, fermo lì giovanotto!”

BIO

OLTRE ad essere  il bassista dei gruppi MARDI GRAS, Re QUEEN – tribute band dei Queen e Back to the Spice

Ritratto di Carlo di Tore Tosti tratto dal fumetto SANDCASTLE

Sono  il bassista degli IMPULSE- tribute band dei Pink Floyd, quando si dice parlare con cognizione di causa.

Ringrazio Filippo che mi ha coinvolto in questo bellissimo progetto Storia di una canzone e che è l’autore del fumetto che mi vede coprotagonista SANDCASTLE.

A presto alla prossima puntata!

[Carlo di Tore Tosti per DETTI E FUMETTI- Sezione MUSICA – Articolo del 19 giugno 2025]

Storia di una canzone – Blind dei Korn, un inno crudo e onesto alla lotta contro la dipendenza e il trauma interiore.

Amic* di DETTI E FUMETTI un tour nel mondo della Musica non è completo senza fare un passaggio per il mondo METAL.

Queste sono state le parole di mia figlia per convincermi ad andare a vedere i KORN al Firenze Rock di questo anno.

Io che i Korn li avevo ascoltati trent’anni fa  e poi nulla più. Non so più se è stata grande la curiosità di capire cosa erano diventati oppure lo stupore di vedere mia figlia cantare tutte le loro canzoni a memoria.

E poi trovo sempre utile e interessante capire i propri figli attraverso la musica che ascoltano. Ecco perché ho accettato e sono partito per Firenze Rock.

Korn anni 90

Ma chi sono i Korn?

Korn (stilizzato in KoЯn) sono un’influente band nu metal statunitense formatasi a Bakersfield, California, nel 1993. Considerati pionieri e una delle formazioni più significative del genere, hanno giocato un ruolo cruciale nella definizione e nella popolarizzazione del nu metal alla fine degli anni ’90. La loro musica è caratterizzata da sonorità pesanti e dissonanti, testi spesso introspettivi e oscuri, e un approccio vocale unico.

I Membri Attuali sono:

  • Jonathan Davis (voce, cornamusa, batteria occasionale)
  • James “Munky” Shaffer (chitarra)
  • Brian “Head” Welch (chitarra, cori)
  • Reginald “Fieldy” Arvizu (basso)
  • Ray Luzier (batteria) – Si è unito ufficialmente nel 2009.

Il genere principale dei Korn è il nu metal, ma la loro musica incorpora anche elementi di:

  • Alternative Metal
  • Groove Metal
  • Industrial Metal (in alcune fasi)
  • Funk Metal (nelle prime influenze)

Sono noti per aver fuso l’aggressività dell’heavy metal con elementi hip hop, funk, e un’atmosfera spesso cupa e dissonante, tipica del metal alternativo.

Korn Firenze Rock 13.06.2025

 La band si forma nel 1993 dalle ceneri dei L.A.P.D. (precedentemente note come Creep). Jonathan Davis, proveniente dalla band Sexart, viene reclutato come cantante. Il loro sound inizia a prendere forma, con l’uso distintivo del basso a 5 corde di Fieldy e l’accordatura bassa delle chitarre.

L’Esordio (1994): Il loro album omonimo, “Korn”, viene pubblicato e segna un punto di svolta. Contiene brani come “Blind” e “Shoots and Ladders” che mostrano subito il loro stile innovativo e brutale, affrontando temi di abuso, isolamento e disagio.

Il Successo Commerciale (1996-2002):

  • “Life Is Peachy” (1996): Continua l’esplorazione di sonorità oscure e testi controversi.
  • “Follow the Leader” (1998): È l’album che li consacra a livello mondiale, debuttando al primo posto nelle classifiche di Billboard. Contiene hit come “Freak on a Leash” e “Got the Life”, che ricevono ampia rotazione su MTV e nelle radio rock. La band diventa una delle più grandi nel mondo del metal.
  • “Issues” (1999): Un altro successo commerciale, che mantiene la loro posizione di preminenza nel genere.
  • “Untouchables” (2002): Mostra un’evoluzione nel suono, con una produzione più levigata e sperimentazioni elettroniche, pur mantenendo l’aggressività caratteristica.
  • Cambiamenti e Sperimentazioni (2003-2007):
    • “Take a Look in the Mirror” (2003): Segna un ritorno a sonorità più crude e pesanti.
    • L’abbandono di Head (2005): Brian “Head” Welch lascia la band per motivi religiosi e di dipendenza. Questo evento segna un periodo di incertezza per il gruppo.
    • “See You on the Other Side” (2005): Il primo album senza Head, che vede la band sperimentare con influenze più industriali ed elettroniche.
    • “Untitled” (2007): Un altro album sperimentale, con diversi produttori e collaboratori.
  • La Nuova Era e il Ritorno di Head (2008-Presente):
    • L’arrivo di Ray Luzier (2007-2009): Ray Luzier diventa il batterista ufficiale, portando nuova energia.
    • “Korn III: Remember Who You Are” (2010): Un tentativo di tornare alle radici del loro suono iniziale.
    • “The Path of Totality” (2011): Un album fortemente influenzato dalla musica dubstep, con collaborazioni di artisti come Skrillex.
    • Il Ritorno di Head (2013): Brian “Head” Welch torna ufficialmente nella band, per la gioia dei fan. Questo porta a una rinnovata coesione e creatività.
    • “The Paradigm Shift” (2013): Il primo album con il ritorno di Head.
    • “The Serenity of Suffering” (2016): Acclamato dalla critica e dai fan come un ritorno alla forma, con un suono aggressivo e maturo.
    • “The Nothing” (2019): Un album profondamente emotivo e cupo, che riflette il dolore personale di Jonathan Davis.
    • “Requiem” (2022): L’ultimo lavoro in studio, che continua a mostrare la capacità della band di evolversi pur mantenendo la propria identità.

Stile e Influenze

  • Sonorità: Caratterizzata da chitarre a sette corde accordate molto basse (spesso in A o Drop A), bassi funky e distorti, e una batteria potente e complessa. L’uso della cornamusa da parte di Jonathan Davis è un marchio distintivo.
  • Vocalità di Jonathan Davis: Spazia da canti puliti e melodici a growl, urla, beatbox, e un caratteristico “scat” senza parole che esprime rabbia e frustrazione.
  • Testi: Spesso incentrati su temi di dolore, abuso, dipendenza, alienazione, depressione, paranoia e rabbia. Molti testi sono autobiografici, attingendo alle esperienze personali di Jonathan Davis.
  • Influenze: La band cita influenze diverse, che vanno dall’hip hop (N.W.A., Ice Cube), al funk (Red Hot Chili Peppers, Faith No More), al metal (Metallica, Pantera, Sepultura), fino a band alternative come Nine Inch Nails.
  • Eredità e Impatto

I Korn sono universalmente riconosciuti come una delle band più influenti del nu metal. Hanno ispirato innumerevoli gruppi e hanno contribuito a ridefinire il suono del metal per una nuova generazione. La loro combinazione di aggressività musicale e vulnerabilità emotiva nei testi ha risuonato con milioni di fan, creando una comunità fedele. Hanno dimostrato che il metal poteva essere sia pesante che profondamente personale, aprendo la strada a una maggiore diversità espressiva all’interno del genere.

Korn concerto di Firenze rock del 13.06.2025

Discografia Essenziale

  • Korn (1994)
  • Life Is Peachy (1996)
  • Follow the Leader (1998)
  • Issues (1999)
  • Untouchables (2002)
  • The Serenity of Suffering (2016)
  • The Nothing (2019)
  • Requiem (2022)
Korn Firenze Rock 13.06.2025

Blind

Per STORIA DI UNA CANZONE abbiamo scelto di parlare di Blind.

La canzone più nota e iconica dei Korn è senza dubbio “Blind”, il brano che apre il loro album di debutto omonimo del 1994. “Blind” non solo ha definito il sound della band, ma è anche considerata una delle canzoni fondamentali per la nascita del genere nu metal.

Ecco il testo in italiano e una spiegazione dettagliata:

Testo di “Blind” (Korn) in italiano

[Intro: Jonathan Davis] Siete pronti?!

[Strofa 1: Jonathan Davis] C’è un posto nella mia mente Un posto dove mi piace nascondermi Non conosci le possibilità E se dovessi morire? Un posto dentro il mio cervello Un altro tipo di dolore Non conosci le possibilità

[Ritornello: Jonathan Davis] Sono così cieco! Cieco, cieco

[Strofa 2: Jonathan Davis] Un altro posto che troverò Per sfuggire al dolore dentro Non conosci le possibilità E se dovessi morire? Un posto dentro il mio cervello Un altro tipo di dolore Non conosci le possibilità

[Ritornello: Jonathan Davis] Sono così cieco! Cieco, cieco

[Bridge: Jonathan Davis] Sempre più in profondità, sempre più in profondità, sempre più in profondità Mentre sogno di vivere una vita che sembra essere Una realtà perduta Che non può mai trovare un modo per raggiungere il mio L’autostima è bassa, quanto in profondità posso andare Nel terreno su cui giaccio, se non trovo un modo per Vedere attraverso il grigio che annebbia la mia mente Questa volta guardo per vedere cosa c’è tra le righe

[Pre-Coro: Jonathan Davis] Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventano cieco

[Coro: Jonathan Davis & Head] Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco (riesco a vedere che sto diventando) Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco (diventando cieco) Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco!

[Outro: Jonathan Davis] Sono cieco Sono cieco Sono cieco Sono cieco


Spiegazione e Contesto Socio-Temporale di “Blind”

“Blind” è stata pubblicata nel 1994, un periodo di transizione significativo per la musica rock e la cultura giovanile. Gli anni ’90 videro il declino dell’hair metal e del glam rock degli anni ’80 e l’emergere di nuovi generi che riflettevano un senso di alienazione e disillusione. Il grunge, con band come Nirvana e Pearl Jam, aveva già spianato la strada a un suono più crudo e a testi più introspettivi. I Korn, tuttavia, portarono questa tendenza a un livello successivo, mescolando l’aggressività del metal con elementi di hip-hop, funk e industrial, dando vita al nu metal.

Il contesto socio-temporale è fondamentale per comprendere “Blind”:

  • Disillusione post-Reagan/Bush Sr.: Dopo decenni di politiche conservatrici negli Stati Uniti e un’economia in fase di cambiamento, molti giovani si sentivano emarginati e senza prospettive. La promessa del “sogno americano” sembrava irraggiungibile per molti.
  • Aumento delle problematiche sociali: Gli anni ’90 videro una crescente consapevolezza di problemi come l’abuso di sostanze, la salute mentale, il bullismo e la violenza. Questi temi, spesso tabù, trovavano sfogo nella musica.
  • Nascita di Internet e globalizzazione: Sebbene ancora agli inizi, l’avvento di Internet stava iniziando a connettere le persone in modi nuovi, ma anche a creare un senso di isolamento paradossale per alcuni, amplificando il confronto con vite “perfette” o irreali.
  • Cultura giovanile underground: Molti giovani si sentivano incompresi o rifiutati dalla cultura mainstream. Le sottoculture, come quella metal e hip-hop, fornivano un senso di appartenenza e uno spazio per esprimere rabbia e frustrazione. I Korn, con il loro sound grezzo e le loro tematiche oscure, divennero rapidamente un punto di riferimento per questa generazione.
Korn Firenze rock 13.06.2025

La Poetica di “Blind”

La poetica di “Blind” è intrinsecamente legata all’esperienza personale di Jonathan Davis, il frontman dei Korn. La canzone è stata scritta prima che Davis si unisse ai Korn, quando era nella sua precedente band, i SexArt, e affronta apertamente i suoi problemi con la dipendenza da droghe, in particolare dalla metanfetamina.

Analizziamo i temi principali:

  • Alienazione e Isolamento: Il “posto nella mia mente, un posto dove mi piace nascondermi” rappresenta un rifugio mentale dalla dura realtà, ma anche un simbolo dell’isolamento che deriva dalla dipendenza e dalla sofferenza interiore. La sensazione di essere “cieco” non è solo fisica, ma metaforica: l’incapacità di vedere una via d’uscita, di percepire la realtà in modo lucido, o di comprendere le “possibilità” al di fuori della propria prigione mentale.
  • Dolore e Trauma: I “diversi tipi di dolore” e la domanda “E se dovessi morire?” riflettono la profondità della sofferenza di Davis e la sua lotta con pensieri autodistruttivi. La musica dei Korn, e “Blind” in particolare, è nota per la sua capacità di veicolare il dolore in modo viscerale, spesso attraverso le vocalizzazioni gutturali, i sussurri e le grida di Davis, che riproducono la sofferenza emotiva e fisica.
  • Perdita di Speranza e Disillusione: Il bridge è particolarmente potente: “Sempre più in profondità… sogno di vivere una vita che sembra essere una realtà perduta”. Questo esprime una profonda disillusione e una lotta per aggrapparsi a qualsiasi parvenza di normalità o felicità. L’autostima “bassa” è un tema ricorrente nei testi dei Korn, che spesso esplorano le ferite emotive e psicologiche.
  • La Lotta per la Consapevolezza: Il ripetuto “Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco” è un paradosso struggente. Indica la consapevolezza della propria condizione di degrado e dipendenza, pur essendo intrappolati in essa. È la disperata presa di coscienza di una progressiva perdita di controllo e di lucidità, una forma di cecità autoimposta o indotta dalle circostanze. “Guardare per vedere cosa c’è tra le righe” suggerisce un tentativo, seppur debole, di trovare un significato o una verità nascosta nella propria sofferenza.
  • Catarsi e Aggressione Sonora: La poetica dei Korn non è solo nei testi, ma anche nel loro sound. Le chitarre a 7 corde pesanti e dissonanti, il basso slappato di Fieldy e la batteria complessa e tribale di David Silveria creano un muro di suono che amplifica il senso di oppressione e frustrazione. L’esplosione finale di “Blind” con il growl di Davis è una liberazione catartica di tutta la rabbia e il dolore accumulati, un urlo primordiale che ha risuonato con milioni di fan in tutto il mondo che si sentivano allo stesso modo.
Korn Firenze rock 13.06.2025

In sintesi, “Blind” è un inno crudo e onesto alla lotta contro la dipendenza e il trauma interiore. È una canzone che ha dato voce a una generazione di giovani che si sentivano inascoltati e incompresi, offrendo loro un senso di riconoscimento e, per molti, una forma di catarsi attraverso l’espressione di un dolore condiviso.

Vi lascio con l’intro del concerto di Firenze Rock del 13.06.2025

INTRO CONCERTO

Ci sentiamo presto con un’altra puntata di STORIA DI UNA CANZONE.

Il programma del festival del 13.06.2025

[FILIPPO NOVELLI PER DETTI E FUMETTI – SEZIONE MUSICA – ARTICOLO DEL 14.06.2025]

STORIA DI UNA CANZONE – JEAN MICHEL JARRE – MAGNETIC FIELDS

Amic* di DETTI E FUMETTI benvenuti nel nostro tour del mondo della musica.

Innanzitutto grazie per i feedback positivi e le tante visite che mettendo in testa alle nostre visualizzazioni proprio gli articoli che parlano di musica, fanno ben sperare sugli esiti positivi del progetto che stiamo portando avanti: il fumetto STORIA DI UNA CANZONE.

Prima di pubblicare il fumetto ci aspettano ancora almeno quattro puntate che stiamo scrivendo i miei amici ed io su quattro pietre miliari della musica.

  • i pink flyoid
  • il musical
  • la musica elettronica
  • il nu metal

Delle vere e proprie bombe! Non so in che ordine usciranno ma saranno degli articoli molto interessanti che vi consiglio di non perdere.

Come dice il titolo partiamo dalla musica elettronica.

Ho iniziato ad appassionarmi alla musica grazie a mia zia che un giorno mi regalò la musicassetta MAGNETIC FIELDS di JEAN MICHEL JARRE del 1981. Le date sono importanti.

Ritrovai nelle sonorità dei brani molte assonanze con la musica elettronica di un italiano, GIORGIO MORODER, che mio padre faceva suonare per casa H24 da una decina d’anni. Avete presente la DANCE MUSIC di DONNA SUMMER. Era scritta da Moroder (1974).

Mio padre aveva suonato la batteria da adolescente e aveva un suo gruppo; quando giocavamo assieme costruivamo tamburi con i mezzi piu’ disparati. Soprattutto i fustini del DIXAN di varie dimensioni a cui modificavamo il fondo e che rivestivamo con la corda delle navi.

Dalla passione per le percussioni a quella per le tastiere elettroniche il passo per me fu breve e la scintilla fu proprio Jean Michel Jarre. Da li avanti per me è iniziato un viaggio quasi simbiotico sebbene inconsapevole al tempo che solo ora riesco a cogliere riascoltando le vecchie registrazioni dei miei brani di musica ambient.

Ma chi era JMJ? Non molti lo sanno ma JMJ da grande voleva fare il pittore. L’ho scoperto solo di recente …ma ci si poteva arrivare. I suoi quadri sperimentali altro non sono che la trasposizione in segni e colore di quella che poi fu la sua poetica musicale. Un epigono di Kandinsky potremmo dire. Trovate un interessante approfondimento di Kandinsky- MUSICA E PITTURA in un recente articolo a questo link QUI.

Non ci dilungheremo nella sua biografica perche’ ce ne sono mille in rete. Quello che mi interessa farvi conoscere sono gli inizi della sua carriera di pioniere, il contesto in cui si muoveva e come nascevano le sue composizioni.

Jean-Michel Jarre, originario di Lione, fin da bambino mostrava un profondo fascino per le orchestre circensi e gli assoli del jazzista Chet Baker. Nonostante la sua infanzia non facesse presagire il suo futuro come figura di spicco del synth-pop, egli era anche un giovane pittore e chitarrista in band rock liceali.

La sua vita non seguì il percorso tipico del “figlio d’arte” predestinato a seguire le orme paterne, poiché suo padre, Maurice Jarre, lo abbandonò all’età di cinque anni per intraprendere la carriera di compositore di colonne sonore a Hollywood. Questa assenza paterna fu cruciale, poiché gli permise di non assimilare passivamente l’influenza artistica del padre, lasciandolo libero di esplorare le avanguardie musicali, molto distanti dal sinfonismo classico del genitore (le cui opere includevano colonne sonore per film come “Lawrence d’Arabia” e “Il Dottor Zivago”). Questa assenza contribuì anche ad alimentare una vena malinconica e introspettiva che sarebbe diventata dominante nella sua opera matura4.

La sua passione per la musica nacque dal rifiuto della notazione accademica classica. Jarre era insofferente alle lezioni di pianoforte classico che gli venivano impartite. Invece, imparò l’espressione emotiva e visiva della musica assistendo, insieme a sua madre, alle performance di sassofonisti jazz come Harchie Sheep e John Coltrane nel club parigino “Le Chat-qui-Peche”. Da queste esperienze comprese come la musica potesse tradurre stati emotivi e suggestioni visive senza la necessità di tecnicismi o testi cantati5.

Jarre trovò un primo spazio di libertà creativa nella pittura. Espose quadri ispirati all’astrattismo di Pierre Soulages e al surrealismo di Joan Miró e Yves Tanguy in una galleria di Lione chiamata “L’Oeil Ecoute” (“l’Occhio ascolta”), una definizione che ben si addiceva al suo futuro stile “jarriano”. Parallelamente, esplorò la musica rock negli anni ’60, suonando la chitarra nei gruppi Mystère IV e The Dustbins.

La simultaneità di queste due pulsioni creative – pittura e musica – lo spinse a cercare una metodologia espressiva che risolvesse la loro apparente inconciliabilità sotto il segno di una nuova forma di sinestesia ancora da inventare6. Sulla scia di artisti come Eric Satie, John Cage e Terry Riley, Jarre iniziò a sperimentare con nastri riprodotti al contrario e mescolando i suoni della chitarra con flauti, pianoforti preparati, percussioni ed effetti rumoristici, per poi passare all’uso di radio e rudimentali dispositivi elettronici6.

Questa sua ostinazione a esplorare oltre i confini della musica tradizionale lo condusse, nel 1969, al “Groupe de Recherches Musicales (GRM)” di Parigi, fondato da Pierre Schaeffer, il “guru” della “musica concreta”. Schaeffer divenne una sorta di figura paterna artistica per Jarre, che nello stesso anno pubblicò il suo primo 45 giri di musica “concreta”, intitolato “La Cage” e “Eros Machine”78. Questo singolo, e il successivo album Deserted Palace del 1972, sebbene vendessero poche copie, furono un preludio alla sua inclinazione sistematica a creare paesaggi atmosferici attraverso ingegnosi puzzle di effetti, anticipando la “noise music”.

Il processo compositivo di JEAN

L’assistere in gioventu’ alle performance di sassofonisti jazz come Harchie Sheep e John Coltrane, gli insegnò come la musica potesse tradurre stati emotivi e suggestioni visive senza la necessità di tecnicismi o testi cantati, in contrasto con la notazione accademica classica verso cui nutriva insofferenza.

Il suo stile, che avrebbe raggiunto la maturità con Oxygene, si disvela in una “fluttuante stratificazione verticale dei suoni vaporosi”. In Oxygene, Jarre utilizza “risorse pittoriche di effetti ambientali” per perseguire uno “spirito di allusione visiva”. L’intero telaio armonico e tonale dell’album è configurato come una “sorvegliata trasposizione degli accostamenti tra bande di colore e campiture di diversa tonalità, trattati come frequenze cromatiche capaci di suscitare l’idea del ‘mare’, dell”aria’, della ‘terra’, del ‘cielo'”. La copertina stessa dell’album, un globo terrestre scuoiato a rivelare un teschio umano, funge da “contenitore grafico” e “amplificazione plastica al portato visionario dell’album, fornendo una traccia di lettura simbolica”.

Concetti e Temi Ricorrenti: Jarre spesso struttura le sue opere attorno a concetti specifici. Ad esempio, Equinoxe è concepito per riflettere “il passaggio delle ventiquattro ore del giorno”, con ogni parte che rappresenta diversi momenti del giorno e della notte. L’artista desiderava che l’ascoltatore usasse l’album nelle varie fasi della sua giornata o dei suoi stati emotivi12. In Zoolook, il suo processo creativo si è aperto a collaborazioni più ampie e all’uso innovativo della voce umana. Ha manipolato voci registrate in giro per il mondo da un etnologo, trattandole come veri e propri strumenti per riprodurre bassi, fiati, archi e arpeggi, evocando un’orchestra fonetico-multietnica.

L’uso della Tecnologia e l’Integrazione tra Arte e Suono: Jarre ha sempre abbracciato la tecnologia. È stato tra i primi possessori del Fairlight, il primo sintetizzatore-campionatore digitale. Più recentemente, in Amazonia, ha utilizzato un algoritmo codificato per un’app (“Eon”) preposta alla ricombinazione virtualmente infinita di groove, pattern percussivi, effetti e temi melodici. Questo gli ha permesso di creare una “visione fantasmatica” dell’Amazzonia, sentita ed evocata attraverso l’emozione fotografica, mescolando suoni d’archivio e atmosfere naturali.

Omaggio e Auto-riflessione: In Oxymore, Jarre rende omaggio a Pierre Henry, pioniere della musica concreta, scegliendo un titolo che riflette la natura “ancipite” del suo stile, anfibio tra avanguardia e classicismo. La suite è descritta come una “fibrillante mantecatura digitale” di campioni tratti da un archivio analogico di Henry, con l’ambizione di svincolare l’esperienza sonora dal suo corollario visivo, pur essendone il fondamento. Jarre assembla il suo “film” con effetti sonori, musiche e rumori, come auspicato da Henry, superando i confini della “musica musicata”.

Il processo creativo di Jarre è quindi una fusione di sperimentazione sonora, una forte componente visiva (spesso sinestetica), l’integrazione di tecnologie innovative e una costante ricerca di nuove forme espressive che trascendono i generi tradizionali.

MAGNETIC FIELDS

Magnetic Fields (o “Les Chants Magnétiques” in francese) è un album iconico di Jean-Michel Jarre, pubblicato nel 1981. Rappresenta un punto di svolta nella sua discografia, essendo il primo lavoro in cui Jarre ha iniziato a integrare strumentazione digitale, pur mantenendo il suo inconfondibile stile elettronico e atmosferico.

L’album è spesso considerato un’evoluzione dei suoi predecessori, “Oxygène” ed “Équinoxe”, mantenendo la loro melodicità e l’uso innovativo dei sequencer, ma introducendo anche elementi più ritmici e un suono più “secco”. La traccia principale, “Magnetic Fields, Pt. 1”, è un capolavoro sinfonico di quasi 18 minuti, con molteplici linee di synth che si intrecciano in un crescendo emozionante. “Magnetic Fields, Pt. 2” è invece un brano più orientato al singolo, ritmato e accattivante. Il titolo francese, “Les Chants Magnétiques”, è un gioco di parole (un omofono) che non si traduce direttamente in inglese, dove è noto come “Magnetic Fields”. L’album ha avuto un buon successo commerciale e critico, consolidando la reputazione di Jarre come pioniere della musica elettronica.

Discografia

•La Cage” / “Eros Machine” (45 giri di musica “concreta”): 1969

•Deserted Palace (primo album solista): 1972

•olonna sonora del film “Le Granges Brulees”: 1972 (o poco dopo, nello stesso solco di Deserted Palace)

Oxygene: 1976

Equinoxe6: 1978

•Magnetic Fields7: inizio 1981

•Concerts In China (doppio album, in parte “studio album”): 1982

•Music For Supermakets (disco a tiratura unica il cui master è stato bruciato; composto per una mostra d’arte contemporanea): pubblicato prima di Zoolook, la fonte non specifica l’anno esatto ma è anteriore al 1984.

•Zoolook: la fonte lo indica come “l’ultimo suo lavoro significativo” prima del periodo dei mega-live (iniziati nel 1986), pubblicato successivamente a Music For Supermakets.

•Rendez-Vous: 1986

•Revolutions: la fonte non indica l’anno preciso, ma è menzionato in relazione al concerto di Londra del 1988, suggerendo una pubblicazione nello stesso anno.

•Waiting For Cousteau: la fonte non indica l’anno preciso, ma è menzionato come successivo a Revolutions e precedente a Chronologie, e in relazione al concerto di Parigi La Defense del 1990, suggerendo una pubblicazione nello stesso anno.

•Chronologie: 1993

•Oxygene 7: 1997

•Metamorphoses: 2000

•Geometry Of Love: 2003

•Interior Music: (stesso periodo di Geometry Of Love)

•Session 2000: (stesso periodo di Geometry Of Love)

•AERO (antologia di brani ripescati e rielaborati): 2004

•Teo & Tea: 2007

•Electronica: The Time Machine (anche chiamato Electronica 1): 2015

•In The Heart Of Noise (anche chiamato Electronica 2): 2016 (pubblicato sette mesi dopo The Time Machine)

•Oxygene 3: dicembre 2016

•Planet Jarre (compilation): settembre 2018

•Equinoxe Infinity: 2018 (dopo Planet Jarre)

•Amazonia: 2021

Il concerto di Jean-Michel Jarre tenutosi in realtà virtuale a Capodanno 2020, con l’avatar di Jarre che si esibiva all’interno di una Notre-Dame ricostruita digitalmente, è stato pubblicato come album live con il titolo “Welcome To The Other Side (Live In Notre-Dame VR)” nel 2021

•Oxymore: 2022

•Oxymoreworks (raccolta di remix/rilavorazioni): 2023

BIBLIO: si ringrazia Antonini di Onda Rock per gli spunti.

[Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI – SEZIONE MUSICA – ARTICOLO DEL 19 giugno 2025]

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ARTE E MUSICA in Kandinskij

E’ il giugno del 2022; si chiude un ciclo di studi e per la prima volta faccio un speech in pubblico per parlare delle mie due/tre grandi passioni: l’ARTE e la MUSICA. della terza ne parleremo in chiusura.

Perchè proprio di ARTE E MUSICA? Suonare in inglese si dice PLAY; e infatti cosi’ è stato per me: la musica e il disegnare erano i giochi che facevo con mio padre da quando avevo smesso di gattonare. Cosi, dopo un corso di mandolino, uno di canto e percussioni, passai a studiare il pianoforte e a suonare in una orchestra giovanile. Nel frattempo disegnavo in continuazione, riempendo album e tele come se non ci fosse un domani; è tutto documentato dal mio biografo (mio padre); trovate tutti i miei disegni di allora QUI. i brani suonati li trovate QUI

Ma veniamo al nostro Kandinskij.

K. nasce a Mosca nel 1866, fin da bambino cresce in lui la passione del disegno;   durante una visita ad un museo, viene affascinato da un dipinto di Monet che modificherà il suo approccio all’arte. Il dipinto del maestro impressionista rappresentava i covoni di grano; quel quadro visto da lontano appare agli occhi di Vasilij come una macchia gialla, informe, capace però di trasmettere una forte emozione.

Kandinskij iniziò a dipingere e lavorò molto su questa intuizione fino a pubblicare l’opera intitolata “Lo spirituale nell’arte”; nel testo teorizza come la combinazione tra forme e colori sia alla base di ogni opera d’arte.

Astrattismo – blaue reitre

Nel 1911 Kandinskij fonda il gruppo avanguardista chiamato Blaue Reiter (il cavaliere Azzurro) con l’amico Franz Marc e riunisce i principali esponenti dell’espressionismo tedesco con l’obiettivo di rinnovare L’arte,  Questo gruppo, simile a quello dei  Fauves francesi in seguito si evolve grazie a Kandisnkij verso una nuova corrente di avanguardia pittorica.

E’ in questa periodo infatti che realizza il suo primo acquerello astratto fondando l’omonima corrente: L’ASTRATTISMO.

L’Astrattismo è un movimento artistico non figurativo, il termine indica infatti quelle opere pittoriche e plastiche che esulano dalla rappresentazione di oggetti reali.

Il linguaggio  astratto è visuale fatto di forme, colori e linee al fine di  negare la rappresentazione della realtà per esaltare i propri sentimenti.

Secondo gli astrattisti il colore può avere due possibili effetti sullo spettatore: un “effetto fisico”, superficiale e basato su sensazioni momentanee, determinato dalla registrazione da parte della retina di un colore piuttosto che di un altro ed un “effetto psichico” dovuto alla vibrazione spirituale attraverso cui il colore raggiunge l’anima.

Kandinskij lo esprimeva appunto attraverso una metafora musicale (i suoi piu’ famosi quadri prendono il nome da composizione musicali: intermezzo, improvvisazione, composizione): il colore è il tasto, l’occhio è il martelletto e l’anima è un pianoforte con molte corde.

Colori e suoni:

Il colore può essere caldo o freddo, chiaro o scuro e questi quattro “suoni” principali possono essere combinati tra loro, descriverà inoltre i colori in base alle sensazioni e alle emozioni che suscitano nello spettatore, paragonandoli a strumenti musicali, tra questi abbiamo ad esempio: Il rosso – un colore caldo, vivace e vitale, paragonato al suono di una tuba L’arancione – che esprime energia e movimento può essere associato ad una campana Il giallo-dotato di una follia vitale, di un irrazionalità cieca, viene paragonato ad una tromba Il verde – associato al violino, indica immobilità, noia, che appena vira verso il giallo diventa giocoso mentre se verso il blu diventa pensieroso Il blu- che quando intenso suggerisce quiete mentre se affiancato al nero è fortemente drammatico, viene associato al violoncello Il viola- come l’arancione è instabile, paragonabile al fagotto Il marrone- invece viene visto come ottuso e poco dinamico Il bianco- viene percepito come un “non-suono” e può essere paragonato ad una pausa che precede altri suoni Il nero- spento e macabre, viene visto come la fine di un’esecuzione musicale, ma a differenza del bianco, esso fa risaltare gli altri colori

Kandinskij approfondisce anche l’uso di punto, linea e superficie e vi scrive uno dei suoi saggi piu’ famosi.

Il punto è il primo nucleo del significato di una composizione, nasce quando il pittore tocca la tela; è statico.

La linea è la traccia lasciata dal punto in movimento, per questo è dinamica essa può’ inoltre essere orizzontale, verticale, diagonale, può essere spezzata, curva o mista.

Bene e con questo è tutto.

Ah vi avevo promesso di dirvi la mia terza passione. Vi ci faccio arrivare con questa riflessione che condiziona la vita di alcuni pittori.

Sapete cosa è discromatopsia piu’ noto come daltonismo?

Il daltonismo è un difetto di natura prevalentemente genetica, che consiste nell’incapacità – totale o parziale – di distinguere i colori a causa, principalmente, di un’alterazione delle strutture fotosensibili a livello della retina. Il termine “daltonismo” deriva dal chimico John Dalton che per primo stese un articolo in cui esponeva il problema derivato dalla sua cecità cromatica. Essa è dovuta ad un allele recessivo, posizionato sul cromosoma X. Questo allele codifica per una proteina prodotta dalle cellule della retina dell’occhio che consente di distinguere i colori. Dato che gli individui di sesso femminile hanno due copie del cromosoma X, l’allele presente sul secondo cromosoma può sopperire alla mancanza della proteina. la malattia, infatti, colpisce soprattutto i maschi (XY) e meno le femmine (XX).Nonostante quanto detto, è possibile che il daltonismo possa manifestarsi anche dopo la nascita: le patologie che colpiscono occhi, retina, cervello, nervo ottico e alcune componenti chimiche, potrebbero causare forme di cecità cromatica più o meno gravi. La forma più comune di daltonismo è la cecità rosso-verde: i soggetti affetti non sono in grado di distinguere i due colori perché le loro lunghezze d’onda, sono percepite come identiche. Riguardo alle cure non sono ancora noti dei rimedi per tutte le forme di discromatopsia, ma è stato elaborato un software apposito dedicato a coloro che ne soffrono. Alcuni tipi sono suscettibili a miglioramento mediante operazioni chirurgiche.

un saluto a tutti i lettori di DETTI E FUMETTI e grazie per l’ospitalità, magari ci rivediamo.

(Estratto da TESI ANNA NOVELLI -RESPIGHI-ROMA)

[Anna Novelli – sezione ARTE e MUSICA – articolo del 16 giugno 2022]

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