Rock and roll can never die
[Neil Young]
Il rock non è un genere musicale. Il rock è uno stile, una fonte e un mezzo per trasmettere ideali, libertà e affermazione della propria identità. Fin quando ci sarà uno status quo che ci andrà stretto, il rock avrà l’opportunità di esprimere le nostre idee e i nostri bisogni.
Con il rock abbiamo sudato, abbiamo sognato, ci siamo innamorati, ci siamo arrabbiati, ci siamo uniti in qualcosa che credevamo fosse giusto per noi e per la Società. La stessa nascita del rock ha i connotati rivoluzionari a livello sociale e culturale.

Sebbene il rock’n’roll affondi le proprie robuste radici negli anni ’40, fu solo negli anni ’50 che arrivò in tutte le radio statunitensi per poi diffondersi in tutte le parti del mondo. Il rock’n’roll nasce come reinterpretazione e fusione del rythm & blues afroamericano, del gospel e del soul.
Pensa che rivoluzione: la musica dei neri e musica dei bianchi unite in un unico genere musicale in un’epoca, gli anni ’50, in cui la storia assisteva allo strazio del Ku Klux Klan e del razzismo. Vorrei poter dire che ormai è acqua passata, ma ancora di strada da farne ne abbiamo.
A renderlo un fenomeno mondiale potresti pensare che sia stato uno studente di conservatorio o un figlio d’arte. Invece no. Nella sua natura ribelle il rock’n’roll è stato conosciuto da tutti grazie ad una persona qualunque, il cui volto e la cui voce la fecero diventare il Re del Rock’n’roll nel mondo: il suo nome era Elvis Aaron Presley.

Era un artista unico – un originale in un’area di imitatori
[Mick Jagger]
Per il piccolo Elvis, nato nel 1935 nella sperduta Tupelo, ogni occasione era buona per ascoltare musica, che fosse di fronte ad un bluesman per strada oppure intrufolandosi di
soppiatto tra le panche delle chiese gospel. Non è un caso che c’è una chiara analogia tra il predicatore con dietro il suo coro e lo stereotipo della rockstar sul palco davanti ad un palazzetto gremito.
Elvis era uno di quei tanti ragazzi, come ci sono tutt’oggi tra noi, che sanno guardare oltre l’apparenza. Quelli come lui sanno arrivare all’essenza delle cose ed hanno ben chiaro che hanno tutto ciò che gli serve per realizzare ciò che la propria creatività gli sta mostrando.
Segui quel sogno, dovunque il sogno ti possa condurre.
[Elvis Presley]
L’attrazione che la musica afroamericana aveva su Elvis lo incendiò ancor di più dopo il trasferimento con la famiglia a Memphis. Beale Street gremiva di locali dove i colori degli abiti afroamericani, le danze sudate e appassionate ed il groove di musicisti come B.B. King mandavano letteralmente in delirio il pubblico fino a notte fonda.

Nella testa di Elvis si realizzava sempre di più la grande visione: quella musica avrebbe dovuto far ballare tutta la gente, non solo i neri. Contro il suo ideale si batteva la cultura razzista ancor più forte in stati come il Tennesse, ma come Davide contro Golia, Elvis sentiva che avrebbe dovuto inseguire il proprio sogno.

“Se potessi trovare un bianco che canta con l’anima di un nero farei milioni di dollari”
[Sam Phillips]
Fu l’incontro con Sam Phillips ai Sun Studios di Memphis a cambiare il corso della storia e non solo quella del bel giovane dal ciuffo pomatato. Era il 6 luglio del 1954, quando Elvis, con Scotty Moore alla chitarra e Bill Black al basso diedero vita ad una versione stravolta di That’s Alright Mama, un brano blues di Arthur Crudup che agli orecchi di Sam suonò nuova e travolgente.
Sono sempre stato convinto che sono in tante le persone ad avere una visione grandiosa del mondo, ma solo in pochi riescono a realizzarla: sono quelli che scelgono di agire. Elvis e Sam erano tra questi.
Sam Phillips si rese conto sin da subito di aver davanti ciò che stava cercando: un bel giovanotto americano con l’aria strafottente, la pelle bianca e la voce di un nero. Fino ad allora tutti i grandi artisti del Rock’n’Roll, da Roy Brown a Chuck Berry, non sarebbero mai arrivati al pubblico bianco americano per via del colore della loro pelle.

Per unire afroamericani e bianchi serviva quel cocktail che portava il nome di Elvis Presley.
Stammi a sentire, ragazzo, non andrai da nessuna parte. Dovresti rimetterti a guidare i
camion [Jim Denny]
La scossa tellurica che cambiò per sempre la storia si fece sentire il 23 marzo del 1956: Elvis Presley pubblicò il suo primo album omonimo all’età di soli 21 anni.
Da Frank Sinatra ai Rolling Stones, dai Beatles a Eric Clapton, dai Pink Floyd ad Elton John, Elvis ha ispirato generazioni e generazioni di artisti del rock e se siamo quel che siamo lo dobbiamo a questo sfrontato visionario che ebbe il coraggio di credere nel suo sogno.

Il suo modo di suonare, i sui movimenti pelvici e la sua inconfondibile voce mandarono in delirio la giovane generazione di babyboomers, ormai stanchi di essere incatenati dalla cultura conservatrice americana ed in cerca di una propria identità. Predicatori e comitati della cosiddetta generazione silenziosa provarono a fermare il fenomeno Elvis additandolo di demoniaco, depravato e senz’anima. Ormai era troppo tardi. Da quel momento, insieme ai giradischi, ai poster ed alle radio, la musica divenne un elemento essenziale del tempo libero e non solo un elemento di svago.

La reazione a catena era stata attivata, lo status quo era stato incrinato e niente sarebbe più tornato come prima: Elvis voleva il mondo ed il mondo stava aspettando Elvis ed il suo rock’n’roll.
“Fai qualcosa che valga la pena ricordare”
[Elvis Presley – Suspiscious Minds]
Questa è la prima puntata della STORIA DEL ROCK, io sono Steo il leone e vi accompagnerò in un viaggio nel tempo alla scoperta del Rock e dei suoi protagonisti.

Lasciate nei vostri commenti il nome della rockstar che ha segnato positivamente la vostra vita, potreste trovarlo nel prossimo capitolo. Ne abbiamo fatto un libro potete trovarlo su Amazon

Come invito all’ascolto vi lascio i miei tre brani preferiti di Elvis:
A presto, Steo e Stay Rock!.
[Stefano Pancari per DETTI E FUMETTI -Sezione Musica -Articolo del 16 Luglio 2020]





















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