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La storia del Rock -i 50s -Le origini -Elvis Presley

filippo novelli Steo 50

Rock and roll can never die

[Neil Young]

Il rock non è un genere musicale. Il rock è uno stile, una fonte e un mezzo per trasmettere ideali, libertà e affermazione della propria identità. Fin quando ci sarà uno status quo che ci andrà stretto, il rock avrà l’opportunità di esprimere le nostre idee e i nostri bisogni.
Con il rock abbiamo sudato, abbiamo sognato, ci siamo innamorati, ci siamo arrabbiati, ci siamo uniti in qualcosa che credevamo fosse giusto per noi e per la Società. La stessa nascita del rock ha i connotati rivoluzionari a livello sociale e culturale.

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Sebbene il rock’n’roll affondi le proprie robuste radici negli anni ’40, fu solo negli anni ’50 che arrivò in tutte le radio statunitensi per poi diffondersi in tutte le parti del mondo. Il rock’n’roll nasce come reinterpretazione e fusione del rythm & blues afroamericano, del gospel e del soul.
Pensa che rivoluzione: la musica dei neri e musica dei bianchi unite in un unico genere musicale in un’epoca, gli anni ’50, in cui la storia assisteva allo strazio del Ku Klux Klan e del razzismo. Vorrei poter dire che ormai è acqua passata, ma ancora di strada da farne ne abbiamo.

A renderlo un fenomeno mondiale potresti pensare che sia stato uno studente di conservatorio o un figlio d’arte. Invece no. Nella sua natura ribelle il rock’n’roll è stato conosciuto da tutti grazie ad una persona qualunque, il cui volto e la cui voce la fecero diventare il Re del Rock’n’roll nel mondo: il suo nome era Elvis Aaron Presley.

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Era un artista unico – un originale in un’area di imitatori

[Mick Jagger]

Per il piccolo Elvis, nato nel 1935 nella sperduta Tupelo, ogni occasione era buona per ascoltare musica, che fosse di fronte ad un bluesman per strada oppure intrufolandosi di
soppiatto tra le panche delle chiese gospel. Non è un caso che c’è una chiara analogia tra il predicatore con dietro il suo coro e lo stereotipo della rockstar sul palco davanti ad un palazzetto gremito.

Elvis era uno di quei tanti ragazzi, come ci sono tutt’oggi tra noi, che sanno guardare oltre l’apparenza. Quelli come lui sanno arrivare all’essenza delle cose ed hanno ben chiaro che hanno tutto ciò che gli serve per realizzare ciò che la propria creatività gli sta mostrando.

Segui quel sogno, dovunque il sogno ti possa condurre.

[Elvis Presley]

L’attrazione che la musica afroamericana aveva su Elvis lo incendiò ancor di più dopo il trasferimento con la famiglia a Memphis. Beale Street gremiva di locali dove i colori degli abiti afroamericani, le danze sudate e appassionate ed il groove di musicisti come B.B. King mandavano letteralmente in delirio il pubblico fino a notte fonda.

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Nella testa di Elvis si realizzava sempre di più la grande visione: quella musica avrebbe dovuto far ballare tutta la gente, non solo i neri. Contro il suo ideale si batteva la cultura razzista ancor più forte in stati come il Tennesse, ma come Davide contro Golia, Elvis sentiva che avrebbe dovuto inseguire il proprio sogno.

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“Se potessi trovare un bianco che canta con l’anima di un nero farei milioni di dollari”

[Sam Phillips]

Fu l’incontro con Sam Phillips ai Sun Studios di Memphis a cambiare il corso della storia e non solo quella del bel giovane dal ciuffo pomatato. Era il 6 luglio del 1954, quando Elvis, con Scotty Moore alla chitarra e Bill Black al basso diedero vita ad una versione stravolta di That’s Alright Mama, un brano blues di Arthur Crudup che agli orecchi di Sam suonò nuova e travolgente.

Sono sempre stato convinto che sono in tante le persone ad avere una visione grandiosa del mondo, ma solo in pochi riescono a realizzarla: sono quelli che scelgono di agire. Elvis e Sam erano tra questi.
Sam Phillips si rese conto sin da subito di aver davanti ciò che stava cercando: un bel giovanotto americano con l’aria strafottente, la pelle bianca e la voce di un nero. Fino ad allora tutti i grandi artisti del Rock’n’Roll, da Roy Brown a Chuck Berry, non sarebbero mai arrivati al pubblico bianco americano per via del colore della loro pelle.

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Per unire afroamericani e bianchi serviva quel cocktail che portava il nome di Elvis Presley.

Stammi a sentire, ragazzo, non andrai da nessuna parte. Dovresti rimetterti a guidare i
camion [Jim Denny]

La scossa tellurica che cambiò per sempre la storia si fece sentire il 23 marzo del 1956: Elvis Presley pubblicò il suo primo album omonimo all’età di soli 21 anni.
Da Frank Sinatra ai Rolling Stones, dai Beatles a Eric Clapton, dai Pink Floyd ad Elton John, Elvis ha ispirato generazioni e generazioni di artisti del rock e se siamo quel che siamo lo dobbiamo a questo sfrontato visionario che ebbe il coraggio di credere nel suo sogno.

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Il suo modo di suonare, i sui movimenti pelvici e la sua inconfondibile voce mandarono in delirio la giovane generazione di babyboomers, ormai stanchi di essere incatenati dalla cultura conservatrice americana ed in cerca di una propria identità. Predicatori e comitati della cosiddetta generazione silenziosa provarono a fermare il fenomeno Elvis additandolo di demoniaco, depravato e senz’anima. Ormai era troppo tardi. Da quel momento, insieme ai giradischi, ai poster ed alle radio, la musica divenne un elemento essenziale del tempo libero e non solo un elemento di svago.

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La reazione a catena era stata attivata, lo status quo era stato incrinato e niente sarebbe più tornato come prima: Elvis voleva il mondo ed il mondo stava aspettando Elvis ed il suo rock’n’roll.

“Fai qualcosa che valga la pena ricordare”
[Elvis Presley – Suspiscious Minds]

Questa è la prima puntata della STORIA DEL ROCK, io sono Steo il leone e vi accompagnerò in un viaggio nel tempo alla scoperta del Rock e dei suoi protagonisti.

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Lasciate nei  vostri commenti il nome della rockstar che ha segnato positivamente la vostra vita, potreste trovarlo nel prossimo capitolo. Ne abbiamo fatto un libro potete trovarlo su Amazon

la storia del rock di steo

Come invito all’ascolto vi lascio i miei tre brani preferiti di Elvis:

A presto, Steo e Stay Rock!.

[Stefano Pancari per DETTI E FUMETTI -Sezione Musica -Articolo del 16 Luglio 2020]

LA MUSICA torna su DETTI E FUMETTI con STEO e la sua STORIA DEL ROCK

Era da qualche mese che stavo girando attorno al desiderio di riportare su DETTI E FUMETTI la Musica.

Avevo raccontato di quanto importante sia la musica come professione del futuro insieme alla mia amica soprano YUKIKO CONDO CIOCCA, con il progetto del libro illustrato DA GRANDE.

Recentemente avevo intervistato MARTINA ROSSI affinchè ci raccontasse di come realizzare delle interessanti contaminazioni tra Fumetto e Musica; ma il mio progetto era più ambizioso. Ero alla ricerca di qualcuno che avesse la passione e la voglia di avvicinare i nostri lettori alla musica con la M maiuscola. Qualcuno che fosse dotato di un entusiasmo strabordante e coinvolgente capace di far passare il messaggio di quanto fondamentale può essere la musica nella nostra vita, specialmente nell’età di passaggio dell’adolescenza.

Recentemente ho conosciuto un maestro di musica che mi ha fatto riflettere su quanto importante sia studiare musica; mi ha detto: ” Chi studia musica acquisisce una capacità di concentrazione superiore; un metodo che altri non hanno, tanto che poi tutte le altre materie gli sembreranno semplici e di facile apprendimento. Il segreto è nel fatto che quando esegui la musica devi necessariamente focalizzarti sulla melodia che esegue la mano destra, sull’accompagnamento della sinistra, devi imparare a tenere il  giusto tempo con entrambe mentre leggi lo spartito. Per fare tutto questo contemporaneamente devi essere sempre concentrato a mille ma al tempo stesso devi rilassare i muscoli delle spalle e delle braccia per una migliore esecuzione. Devi allenarti costantemente per molte ore al giorno. Devi studiare ogni brano prima di eseguirlo, solfeggiandolo a mente e poi a voce. Capisci quanto è complesso tutto ciò? Eppure tutto questo impegno, tutto questo studio non basta a fare di te un musicista. Occorre un altro elemento (come in ogni altra branca dell’arte, aggiungerei): occorre la passione”.

La passione si acquisisce pian piano nel tempo; ma da soli è molto difficile. C’è bisogno di qualcuno che sia capace di trasmetterla.

Ho riflettuto molto sulle sue parole e su come fare per realizzare questo obiettivo.

Credo di no sbagliarmi nel dire che il mio nuovo amico Stefano Pancari ha questa capacità.

E’ per questo che sono contento di  presentarvi la sua nuova rubrica di Musica che da oggi vi terrà compagnia.

Grazie al nostro nuovo redattore STEO il leone, il suo avatar antropomorfo che simpaticamente ha accettato di interpretare, Stefano cercherà di farvi appassionare alla Quarta Arte.

LE NOVE ARTI 

Prima Arte:Architettura
Seconda Arte:Pittura
Terza Arte:Scultura
Quarta Arte: Musica
Quinta Arte: Poesia
Sesta Arte: Danza
Settima Arte: Cinema
Ottava Arte: Radio-Televisione
Nona Arte:Fumetto

Con Steo abbiamo pensato che l’approccio più accattivante fosse quello di raccontarvi la Storia del Rock, mediante aneddoti e brani di personaggi famosi, con i loro “detti” a fumetti da snocciolare in una serie di capitoli dalle origini ai giorni nostri.

Se vi piacerà fatecelo sapere, lasciateci i vostri pareri, così alla fine magari anche La Storia del Rock di STEO diventerà un libro entrando a far parte della sempre più pingue collana dei libri in uscita per DETTI E FUMETTI.

Vi lascio con un calzante: “STAY TUNED!”; ne sentirete delle belle con STEO!

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[Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI -sezione MUSICA – articolo del 12 luglio 2020]

WILLY INTERVISTA STEFANO PANCARI DI ROCK’N’SAFE

Qualche giorno fa il nostro Ambassador Mirò, alias Michele Rovida, è stato ospite di Stefano Pancari, ideatore di ROCK’N’SAFE e CEO di Sfera Ingegneria(**), a parlare della nostra operazione di sensibilizzazione a fumetti contro il COVID 19.

Sfefano su Rock’n’safe racconta come non sia possibile vivere senza l’Arte: “[…] Immaginiamo per un attimo una vita senza Arte. Facciamolo solo per un attimo altrimenti saremmo inghiottiti in una bolla di tristezza. Mentre molti di noi stanno già lavorando, mentre altro stanno facendo il conto alla rovescia, gli artisti e tutto il popolo che lavora a loro servizio sono fermi ai box senza prospettive all’orizzonte. Io desidero tornare ai concerti dal vivo, alle fiere di fumetto, desidero tornare a teatro così come al cinema.[…]

Sfefano ha deciso di mixare Rock e Safety perché ritiene che intervistare delle Safety Rockstar è importante per il grande esempio che riescono a darci quando sono sul palco

Personalmente mi piace molto il suo atteggiamento quando riflette sui momenti difficili del suo lavoro e su come si prefigge di reagire: “[…] occuparsi di sicurezza sul lavoro non è tutto rose e fiori perché ci sarà spesso chi ti schernirà, chi ti sottovaluterà, ci saranno le volte che il tuo “metodo” non funzionerà, ci saranno volte che nonostante le tue raccomandazioni qualcuno si farà male. In quei momenti in cui il morale a pezzi potrebbe farti desistere dalla tua missione, accetta un mio consiglio: metti un bel brano rock, quello che preferisci, ad alto volume, alzati in piedi (fisiologia) e scatenati come se fossi tu a suonare. Non è una formula magica certa, ma ci sono ottime possibilità che dopo tutto darai ragione a quel genio di Pete Townshend e nella tua testa (dialogo interno) tornerà a parlarti quella voce impavida che ti farà fare la differenza”.

Michele e Stefano già si conoscevano; sono entrambe Ambassador di ITALIA LOVES SICUREZZA (*).

Michele ha trovato non poche affinità elettive tra il progetto di ROCK’N’SAFE e DETTI E FUMETTI.

Ce ne ha parlato a Willy e me tanto che Willy, alias Dario Santarsiero, pieno di entusiasmo ha pensato bene di contraccambiare l’ospitalità per farvi conoscere meglio Stefano e il suo modo di coniugare Rock e Sicurezza.

Stefano ci ha regalato una bella intervista raccontandoci come l’Arte e la Cultura vadano protetti, specialmente in questo periodo di ripartenza convivendo con il virus.

Qui trovate una bella chiacchierata tra Dario e Stefano.

CONDUCE:  DARIO SANTARSIERO (WILLY IL BRADIPO)

OSPITE: STEFANO PANCARI

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[Filippo Novelli per DETTI E FUMETTI -Sezione Musica- articolo del 8 Maggio 2020]

 

(*) ITALIA LOVES SICUREZZA
E’ un progetto ideato e coordinato dalla Fondazione LHS (di Saipem), una realtà no profit che nasce con la missione di diffondere una nuova cultura di salute e sicurezza in Italia, proponendo strumenti pratici per comunicare in maniera innovativa ed emozionale queste tematiche, a partire dai luoghi di lavoro per arrivare ad ogni ambito sociale.
Fondazione LHS, in occasione della Giornata Mondiale per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro, nel 2015 lancia il primo roadshow di “Italia Loves Sicurezza”, che si sviluppa in tre tappe: Torino, Milano e Piacenza. In ogni città vengono proposte varie iniziative a titolo gratuito, destinate a diversi target, tra cui laboratori per le scuole, workshop per professionisti e spettacoli teatrali per la cittadinanza.
L’iniziativa è un grande successo e l’obiettivo che Fondazione LHS si dà per le successive edizioni, è quello di coinvolgere sempre più persone in tutta Italia per moltiplicare a livello esponenziale l’impatto generato da questo tipo di attività non convenzionali, legate alla celebrazione della Giornata Mondiale per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro, del 28 Aprile. Per fare ciò era però necessario poter contare su una rete di persone intraprendenti e motivate, che avessero a cuore questa missione e potessero mobilitarsi su tutto il territorio per raggiungere l’obiettivo comune: diffondere il virus della Salute e della Sicurezza. Così nascono gli “Ambassador” – portatori dei valori e dei messaggi di “Italia Loves Sicurezza”, che diventa il nome del movimento formato dagli stessi.
Ogni Ambassador contribuisce ogni giorno attraverso le proprie azioni, il proprio esempio, la propria influenza e la propria leadership a rendere l’Italia, un paese più sicuro in cui vivere e lavorare. L’impegno degli Ambassador culmina nel Roadshow del 28 Aprile, con la realizzazione di un evento non convenzionale nella propria città. Nel 2016, Italia loves Sicurezza ha toccato oltre 50 città con un calendario di 100 eventi nelle aziende, nelle scuole, nei teatri e nelle piazze.
Nel 2017 raddoppiano le città toccate dal Roadshow e arrivano a 300 gli eventi organizzati dagli Ambassador, tra cui: laboratori didattici, spettacoli teatrali, flashmob, sessioni di formazione interattiva, programmi radiofonici, video  installazioni e iniziative di edutainment, tutte centrate sui temi di Salute e Sicurezza. Ma è nel 2018 che Italia Loves Sicurezza raggiunge il primo eccezionale traguardo con gli oltre 700 eventi realizzati, per un totale di più di 1.100 eventi in tutta Italia nel primo triennio di vita del movimento.
Un numero simbolico – le stesso delle persone che ogni anno in Italia perdono la vita sul lavoro – che ci ricorda che la strada da percorrere è ancora lunga e in salita, ma ci conferma che un cambiamento è possibile.
Trovi i riferimenti QUI
(**) SFERA INGEGNERIA
E’ una società di consulenza e sicurezza sul lavoro. Trovi i riferimenti QUI

Intervista a Laura Allevato – La moda nella società attuale

Noi di Detti e Fumetti siamo da sempre curiosi di capire tutte le declinazioni dell’Arte. Quello della Moda era un settore rimasto  fino ad oggi inesplorato. Desideriamo colmare questa lacuna.

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Per farlo abbiamo intervistato la nostra amica Laura Allevato.

F.:Cosa è la moda calata nella società odierna?

L.: Cerco di risponderti raccontandoti un fenomeno che sta spopolando in questo periodo e la sta’ facendo da padrone nel settore. Oggigiorno la Moda e’ sempre più alla ricerca di quegli stereotipi che l’acquirente possa riconoscere facilmente come “status symbol” ed il mondo da cui sta’ attingendo a “man bassa”  sempre piu’ e’ quello della musica, in particolare dal mondo dell musica RAP/TRAP.

Personaggi come Kanye West o  Rihanna ad esempio,   oltre ad aver creato dei loro brand e collaborato con case di moda streetwear (Nike, Puma, Adidas, per dirne tre tra le principali), stanno portando avanti (soprattutto sui social) il loro clash di capi sportivi e pezzi unici di brand di alta moda (es: Gucci o Versace ).

I marchi che dominano queste nuove tendenze sono ad esempio: OFF- WHITE, SUPREME, ACOLDWALL.

Io personalmente resto fedele – malgrado debba seguire le leggi del mercato – alla progettazione, che parte da un’idea:  pura, non contaminata, non contestualizzata; il marchio guida resta sempre per me quello di  COMME DES GARCONS.

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F.: Ai nostri lettori,  della persona che intervistiamo, interessa da sempre capire quale sia stato il passaggio che lo ha portato dall’essere un appassionato di una tal arte  al divenire un professionista del settore.

L.: Sinceramente non ricordo bene quale sia stato il momento esatto in cui ho deciso che da grande “volevo fare la stilista”,  ricordo solo che gia’ durante il liceo, amavo disegnare e la moda era entrata nella mia vita. Seguivo il movimento “dark” hai presente…

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Quindi a pensarci bene è stato grazie alla musica, attraverso il modo di vestire dei suoi protagonisti, che tutto è iniziato. La musica ha ispirato da sempre le mie creazioni; con esse ho pensato che  avrei potuto comunicare agli altri quello che era il mio stato d’animo. Per questo motivo ho lasciato la facoltà di architettura per entrare in Accademia di Moda e Costume; da quel momento tutto è iniziato a scorrere in modo molto naturale.

 

F.: Hai preceduto la domanda successiva. Abbiamo dedicato molti articoli al “da grande farò l’artista” illustrando quali sono le scuole giuste da frequentare per raggiungere una preparazione di buon livello. Quali secondo te sono le migliori nella capitale e quelle nelle principali città di Italia?

L.: Io ho frequentato l’Accademia di Moda e Costume,dove sono felice di aver ricevuto una formazione culturale sopra la media rispetto a tutte le altre scuole di moda del momento e di aver studiato approfonditamente anche il costume (non a caso il direttore creativo di Gucci, Alessandro De Michele, che ha frequentato la mia stessa scuola, dimostra in modo eccellente quanto la storia del costume sia fondamentale per la nostra professione).

Oggigiorno si ha più’ scelta in Italia;  sono nate diverse buone scuole di Moda (lo IED a Roma e Milano; il Polimoda a Firenze, la Marangoni a Milano).

F.: Usciamo un po’ fuori dagli schemi: Se tu avessi la bacchetta magica quali dovrebbero essere le principali azioni da  intraprendere per valorizzare il Mondo della Moda che, come si legge dai giornali economici è quello con segno + al pari del Food & Beverage e del Turismo?

L.:  Sarebbe bello non perdessimo il contatto con le ns origini  e che queste ultime venissero tutelate dai Beni Culturali ,  intendo dire che mi piange il cuore ogni volta che marchi storici italiani (Versace,Valentino,Gucci,ecc) diventano di proprieta’ di famose holding del lusso straniere (Kering,LVMH,).

F.: Per concludere raccontaci a cosa stai lavorando ora è quali sono i tuoi progetti futuri prossimi.

L.: Al momento collaboro con la Diesel per cui già avevo lavorato anni fa in qualità di Senior Knitwear Style & Product Manager.  Sto lavorando  per il loro brand Diesel Black Gold,che sfila a Milano.

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collaboro anche con altre aziende in giro per il mondo (soprattutto Cina/Hong Kong)

e fondamentalmente mi occupo dello sviluppo creativo e tecnico della categoria maglieria.

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Ho infatti preferito nel tempo specializzarmi su una merceologia specifica al pari dei   designer che seguono il denim.

E’ un ambito estremamente tecnico, e lo preferisco a quello di chi preferisce fare il tuttologo, come la maggior parte dei miei colleghi.

Tra i progetti che tenevo nel cassetto uno l’ho realizzato gia’ 2 anni fa’,in collaborazione con l’Accademia ,progettando un master di maglieria”Creative Knitwear Design”,oggi portato avanti dall’Accademia e da Modateca. Ne devo realizzare ancora altri di sogni nel cassetto ma  lasciamo che sia il tempo a svelarli!

F.: Allora dobbiamo risentirci presto. Al prossimo sogno realizzato. Ciao Laura

L.: Ciao a tutti i lettori di DETTI E FUMETTI.

[Filippo Novelli  per DETTI E FUMETTI – sezione ARTE & MODA – articolo del 29 Ottobre 2018]

 

DA GRANDE FARO’ LA CANTANTE LIRICA

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Ho iniziato a cantare fin da piccolissima; non avevo compiuto due anni.

A sei anni ho preso le mie prime lezioni.

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Per me cantare è come respirare. Ogni mattina mi hanno insegnato a fare gli esercizi di respirazione e tutta la famiglia si adegua a questo mio rito.

 

I miei riferimenti sono stati.

I miei primi esempi sono stati i miei genitori, entrambi cantanti lirici professionisti. Da loro ho imparato ad apprezzare il Melodramma, che consiste nel mettere l’opera recitata in musica. Il Melodramma è divenuto fin da subito una vera e propria passione. Puccini è il mio più grande mito anche se apprezzo molto anche i compositori cechi Smetana  e Dvorak.

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 La scuola

Vengo dal Giappone e sono giunta in Italia grazie alla musica ed al canto. L’Italia e la Germania sono due paesi di riferimento per la lirica. Le migliori scuole italiane si trovano a Milano. Roma è famosa per l’Accademia di Santa Cecilia e per il Teatro dell’Opera dove si possono seguire molti corsi di studio e perfezionamento. A Roma ci sono anche molti bravi insegnanti privati ma il mio preferito è il Maestro Alessandro Patalini.

 Applicherò la mia passione

Applicherò la mia passione insegnando la musica, il canto, il pianoforte, ai grandi e – soprattutto – ai bambini! Farò concerti come solista e corista. Attualmente sono orgogliosa di far parte del Coro del Maestro e premio Oscar Ennio Morricone.

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Ciao da YUKY AKITA

[YUKIKO KONDO CIOCCA per Detti e Fumetti- sezione musica – articolo del 21 novembre 2017]

VIOLA e IL POTERE CONSOLATORIO DELLA MUSICA per DETTI E FUMETTI

Mia mamma,  per consolarmi dalle mie prime sofferenze d’amore mi diceva sempre: Se vuoi consolare le tue pene d’amore prenditi un paio d’ore tutte per te, qualcosa da mangiare e ascolta canzoni struggenti, alla fine ti sentirai meglio.

Ma mamma, rispondevo io, passino pure i dolci, ma la musica struggente no! Non farebbe che aumentare la sofferenza!

Sbagli mia dolce Viola, rispondeva lei, conosci la storia di Siringa e Pan? Ascolta…

C’era una volta una splendida ninfa dell’acqua di nome Siringa; un giorno il  dio Pan perse  la testa per lei ed incontrandola tra i boschi cominciò a farle complimenti … era proprio insistente, questo caprone (oggi si chiamerebbe stalker).

Per sfuggirgli Siringa scappò dalle sue sorelle che per sottrarla alle brame di Pan la trasformarono in canneto di fiume che, mosso dal vento, produceva un suono delicato e malinconico.

Pan, che in realtà si era davvero innamorato di lei, per ricordarla ed averla sempre con sé tagliò sette pezzi di canne di diversa altezza e, per consolarsi della perdita della sua amata cominciò a suonare delle meravigliose musiche strappacuore.

Insomma mamma, Le dissi, Pan si consolò con musiche tristi?

Si bambina mia, il potere consolatorio della musica era noto sin dalla notte dei tempi, e vale ancora anche per noi dopo tanti secoli, non dubitare.

[Francesca Pietrocarlo per DETTI E FUMETTI – sezione Musica- articolo del 16 novembre 2013]

WILLY intervista il compositore Mino Freda

Diventare compositore  non è cosa facile. Bisogna avere non solo la sensibilità per far “uscire” le note giuste da uno strumento, ma anche una fervida immaginazione, per trasportarti con la musica in paesi lontani. A Questo penso mentre mi fermo davanti alla
palazzina dove ha lo studio di registrazione  Mino Freda.

Mino mi accoglie sulla porta con una calorosa stretta di mano, poi mi invita ad entrare in una atmosfera decisamente “musicale”.

Nella sala di incisione dove sulle  pareti ci sono i riconoscimenti della passione di Mino per la musica,  troneggia un mixer da regia a cui si affida per creare le sue melodie.

La sua creatività, lo ha spinto a sperimentazioni sempre più mature; così è stato per la radio e la televisione. Le colonne sonore dei vari programmi, e in particolare nel cinema una su tutte il film “Le rose del deserto” del regista Mario Monicelli, hanno  lasciato un segno indelebile non solo nella sua carriera ma anche nel suo animo.

Ovviamente la cosa che mi sta più a cuore, come potete immaginare, è il suo interesse per il teatro.

Tra i vari lavori ha musicato “Allora come va!?” ( il mio ultimo lavoro andato in scena al Manhattan  di Roma, NdA)

 

[W.] A che età e cosa ha scatenato in te la passione per la musica?

 [M.] Non ci crederai, ma sembrerebbe un racconto d’altri tempi. Il mio amore per la musica è nato in una chiesa nella periferia di Roma, la mia parrocchia d’infanzia, a sei anni, quando facevo il chierichetto. In quella chiesa c’era un organo con circa 6500 canne – è uno dei più grandi d’Europa – e di certo non poteva rimanermi indifferente. L’imponenza del suono era così coinvolgente che di ritorno a casa non facevo che suonare un vecchio Bontempi simulando le parti della Messa. In seguito, nel periodo della formazione, la musica sacra antica è stata per me importante per il rigore e la ricchezza delle tecniche contrappuntistiche che sono indispensabili se vuoi comporre musica.

 [W.] Un compositore prestato al teatro, cosa hai provato, visto che vieni da esperienze cinematografiche?

 [M.] Di solito il mio contributo sonoro nel teatro nasce sempre in accordo con il regista che condivide sovente un’idea dell’”uso” del suono che ritrovi poi nel cinema. Se la musica nel teatro conserva in molti casi un impianto da “commento” o qualche volta svolge una funzione specifica per la scena, l’uso del suono e dei rumori tende invece a interagire con il testo drammaturgico e in molti casi lo amplia. Ad esempio, proprio con il regista Raffaello Sasson, (nel tuo “Allora come va”) – anche lui proveniente da esperienze cinematografiche – abbiamo usato il suono secondo le tipiche modalità cinematografiche, con un’attenzione spaziale ben precisa e non solo come apporto evocativo. Insomma, il teatro ha modo di tirarsi fuori dal testo; il suono, in qualche modo, contribuisce così a costruire uno spazio scenico più profondo e più realistico. Quello che voglio dire è che il suono non è solo un condimento, oppure un elemento cha ha una specifica funzione all’azione. Ha un corpo; una sua entità fisica alla stregua della presenza attoriale, della voce, della scenografia, delle luci, etc.

 [W.] Quale è la differenza  emotiva nel musicare un film o uno spettacolo teatrale?

 [M.] Sono due situazioni diverse. Il cinema è una grande macchina che pretende perfezione perché tutto ciò che sarà prodotto deve permanere su una pellicola il più a lungo possibile, per cui ogni elemento partecipa a rendere l’opera “eterna”. Nel teatro l’unico elemento stabile è il testo, per il resto tutto è affidato all’estemporaneità e alla precarietà del tempo … ogni riproposizione del testo è diversa, cambia la compagnia, le scene, i costumi e ogni altra cosa, compreso l’eventuale presenza di musica, di suoni etc.

In fondo se parliamo di teatro di prosa, cioè escludendo forme come le sperimentazioni multimediali o quello di carattere musicale (l’Opera, il musical, la commedia musicale etc.), l’attenzione al suono e alla musica è di solito secondaria. Il più delle volte l’opera teatrale si condisce all’ultimo con qualche intervento di musiche originali e con qualche suono di scena. E’ difficile trovare un testo impregnato di suoni o di musiche con valenze drammaturgiche. Come dire, partire dal suono, così come avrebbe fatto nel cinema uno Stanley Kubrik.  L’idea di teatro borghese, “contemporaneo”, imperniato sul solo “testo”, denota tra l’altro come esso sia lontano dalla sua origine, da quel teatro antico, dove termini come coro, orchestra, riportano a forme di esecuzioni musicali, in cui il testo era intonato e accompagnato da suoni. Questo basterebbe farci riflettere su quanto in passato siano state così vicine le due arti.

 [W.] Cosa ti senti di dire ai giovani compositori che vogliono intraprendere la tua stessa carriera?

 [M.] Il contributo da parte di noi compositori è quello di apportare il massimo di esperienze che provengono da svariate forme e stili musicali. Per questo mestiere occorre essere poliedrici e conoscere moltissimi generi e adattarsi a ogni richiesta proveniente dal regista o dalla produzione. Purtroppo, il panorama musicale odierno è caratterizzato da un’estrema classificazione di generi e pertanto il rischio è quello per cui un regista spesso è costretto ad adattarsi ad un’offerta che potrebbe essere non consona alla richiesta, con un risultato inevitabilmente mediocre. Condivido ciò che consiglia il maestro Morricone: “Il compositore di musica applicata deve conoscere le tecniche di composizione, di orchestrazione e  conoscere bene generi come la musica classica, pop, jazz, la musica popolare etc.; a questo bisogna aggiungere un’ eccellente conoscenza della computer music. Da parte mia consiglierei anche una bella dose di letture, di conoscenza del teatro, del cinema, della danza e finanche delle arti visive. Un po’ troppo? No, solo tanta curiosità per scoprire la “bellezza” nascosta pronta per essere donata agli altri!”

 [W. ]Grazie Mino, a presto!

[M.] Grazie a te Willy, Arrivederci!

“Unchained Souls – soundtracks”, ultimo cd di Mino Freda (CNI 2013)

NOTE BIOGRAFICHE

Mino Freda (Roma 1963), è compositore, sound designer, produttore e storico dell’arte. Dopo un’esperienza  decennale in orchestre sinfoniche e liriche, con cui ha compiuto tournée in Italia e all’estero si è dedicato prevalentemente all’attività di compositore, il più delle volte operando nell’ambito delle arti visuali. Che gli deriva essenzialmente dai suoi interessi di storico dell’arte e in particolare dalle ricerche che da alcuni anni conduce attorno al concetto d’interazione tra musica e arte.

Per Rai Radio Tre ha composto le musiche de “L’occhio magico. Ha collaborato  con Rai 2 per il programma Ballarò.

Scrive  per  riviste specializzate di musica contemporanea e pubblicato musiche pianistiche per l’edizione musicale “Domani Musica”.

Nel 2006  entra nel mondo del cinema, firmando  le musiche originali dell’ultimo film di Mario Monicelli Le Rose del Deserto, ed. FreeLife Company srl. Pubblicate nel cd soundtrack (CNI 2007). In seguito, faranno parte di una compilation delle colonne sonore dei film compositori del calibro di N.Rota, E. Morricone, C. Rustichelli, P. Piccioni, N. Piovani, A. Trovaioli etc.

Nel 2008, compone e produce l’intera colonna sonora, nonché sound design (ed. mus. Look Studio-CNI) del film dal titolo Totem Blue  del regista esordiente Massimo Fersini (Leucasia prod.2008). Il film ha ottenuto l’Award excellence al Indie Film Fest in california (The Indie Fest).

Nel marzo 2010, e nell’aprile dello stesso anno conquista l’Award Accolade sempre in California.  Sempre nello stesso anno, le musiche del film vengono pubblicate su iTunes (Totem Blue soundtrack) dalla CNI e compone le musiche per il film di Francesca Garcea, Il Volo di Dio (I contrari prod. 2010) e nel 2011 presenta al Festival Internazionale del Cinema di Firenze – I 50 giorni – il suo spettacolo multimediale Silent (movie) Ghost basato su un film muto di genere horror del 1927.

Nel 2012, compone le musiche originali del film-documentario “Giuseppe Di Donna. Vescovo di Andria” diretto dal regista Massimo Fersini (Leucasia prod. 2012) e una serie di produzioni per la pubblicità e spettacoli in DVD.

Il 2013 lo vede produttore con l’associazione culturale Uno.cinque, di cui è fondatore e vicepresidente, del suo ultimo cd per la CNI dal titolo Unchained Souls, una raccolta di musiche scritte per il cinema.

Si interessa di teatro Collaborando come compositore e sound designer a progetti teatrali con i registi Raffaello Sasson (Allora come va, Parenti e serpenti), Mariella Gravinese (Il venditore di attimi) e Nicola Abbatangelo (El Dante). E’ docente IED – Roma al corso di Sound Design.

(Per approfondimenti: www.minofreda.it)

 

 [Dario Santarsiero per DETTI E FUMETTI – rubrica di Teatro – articolo del 9 luglio 2013]

Le donne nella lirica

Nessuno degli altri redattori si è preoccupato di dare una giustificazione al suo nome, io si, addirittura ho deciso di farci il mio primo pezzo. Il nostro direttore ci aveva messo due piccolissimi vincoli per la scelta del personaggio: essere degli animaletti ed avere un nome che ricordasse il proprio “talento”. La prima a scegliersi il nome fu l’orsetto lavatore, ovviamente patita dell’igiene, che si chiamò Linda. Poi venne il mio turno: l’esperta di musica del giornale; non potevo che chiamarmi Viola e non solo perchè la viola e’ un bellissimo strumento musicale. Vi era dell’altro. Il mio nome fu un compromesso tra i miei genitori. Mamma è nata a Parma, quindi è melomane nel DNA, nel senso che non ha solo la passione per il “bel canto”, ma ne è così appassionata che ogni appuntamento importante della sua vita ha avuto un punto fermo nelle opere liriche in generale, verdiane in particolare, ca va sans dire.

E la mia nascita non poteva che essere uno di quegli appuntamenti, anche qui ca va sans dire ci sta bene. Ma quale madre avrebbe desiderato per la propria figlia neonata il nome di una donna “traviata”? La mia appunto, ca va sans dire, bene anche qui concedetemelo di nuovo. Per tutta la gravidanza mi ha chiamato Violetta invitandomi a libare ne’ lieti calici, a farmi amare da tal Alfredo, a dire addio al passato ed a sognare di lasciare Parigi, sempre insieme a tal Alfredo. Insomma me la spassavo davvero in quel pancione, mamma cantava bene ed io seguivo con un certo pathos le avventure amorose non solo di Violetta, ma anche di Aida, Mimì, Musetta, Carmen, Dorabella, Madama Butterfly, Gilda, Tosca, Turandot… Ci avete fatto caso? Tutte donne; nella lirica, ma non solo, gli uomini sono mera coreografia, funzionali alle vicende narrate, mentre donne della lirica, ma non solo, lasciano il segno!  Ero li, li per nascere prendendomi questo nome di dubbio rispetto, quando papà, decisamente più sobrio e misurato, intorno al mio ottavo mese e mezzo di soggiorno in pancia, sbottò: “No!  Il nome di una escort, seppur di lusso, per la mia piccolina, per la luce dei miei occhi, proprio no, parliamone!”. Ne hanno parlato nel mezzo mese rimasto ed insieme alla sottoscritta è nato anche il loro primo compromesso: Viola.

[Francesca Pietrocarlo per DETTI E FUMETTI -rubrica di musica – articolo del 10 ottobre 2010]

MUSIC FESTIVAL

Da qualche anno è boom di programmi televisivi dedicati alla musica. Prima non era cosi, forse non lo ricordate. Poi improvvisamente i talent show musicali hanno trainato anche vecchi carrozzoni svuotati come il Festival di Sanremo. E’ già Sanremo, la vetrina istituzionale della canzone italiana tanto bistrattata ma pur sempre ritenuta un appuntamento fisso per noi appassionati di musica. Inutile negarlo, anche chi dichiara di non vederlo, la domenica mattina o il sabato a notte fonda, va a cercare su un qualsiasi sito o sul televideo chi abbia vinto il Festival di Sanremo.

No, non scuotete la testa, tutti lo fanno, forse anche il Presidente della Repubblica legge curioso la prima pagina dei quotidiani per avere questa informazione. Non ho dubbi che addirittura molti intellettuali vadano a sbirciare in cerca di foto e notizie sul Festival. Dobbiamo accettarlo, in fondo alcuni tra i più grandi cantanti ed autori italiani vi hanno transitato. Quando nacque l’idea del festival della canzone Italiana, la città di Sanremo era ancora mal ridotta, con tanti problemi da affrontare e risolvere. Il Teatro comunale era andato distrutto dai bombardamenti, la guerra era finita da poco, però c’era la volontà di uscire dalle terribili memorie di guerra. Anche il festival diede il suo contributo. Era il 29 gennaio del 1951 e dal salone delle feste del casinò su trasmesso per radio il festival che come in un caldo abbraccio  arrivò nelle case di tutti gli italiani. Alcuni ancora ricordano il presentatore Nunzio Filogamo e il suo famoso saluto: “Cari Amici, vicini e lontani…”.

[Francesca Pietrocarlo per DETTI E FUMETTI – articolo del 2 aprile 2011]