Amici di DETTI E FUMETTI, la nostra grande Young Orchestra è stata selezionata per suonare alla Notte Bianca di Roma edizione Scuole Aperte il 7 giugno 2023 ore 20 e 15. Partecipate numerosi. Ingresso gratuito presso il teatro della scuola O. RESPIGHI DI Roma via R. GIGLIOZZI 35 00128 ROMA.
Bio
Progetto della PRO
La Pursue Respighi Orchestra, la PRO, è la Young Orchestra autogestita e fondata dagli ex alunni della scuola media della sezione musicale Respighi di Roma.
Nasce dalla volontà delle ragazze e dei ragazzi di mantenere in vita la loro Orchestra (da cui la parola nel nome Pursue=Proseguire), oltre la sua naturale scadenza, ossia il ciclo del triennio delle scuole medie. L’obiettivo fondante è quello di non disperdere quel senso di appartenenza, di amicizia e quel legame che solo la passione per la Musica riesce a creare. La PRO è un esperimento di aggregazione socio-culturale di quartiere che vede mettere in atto una proficua sinergia con le scuole di musica e le associazioni culturali di zona
Cari lettori di DETTI E FUMETTI, non potevamo cavarcela così con i Beatles e dedicargli solo un capitolo (MY GUITAR GENTLY SWEEP). La loro grandezza meritava un BIS come nei migliori concerti.
Abbiamo chiesto al nostro amico Carlo Di Tore Tosti, bravissimo bassista dei Mardi Gras, nonchè beatlessiano della prima ora, di raccontarci la storia di una altra loro HIT, entrata con merito nell’olimpo delle canzoni piu’ ascoltate di sempre: Eleanor Rigby.
Quando i Beatles iniziano a suonare nel 1962 non c’è nessuno come loro. Provarono ad imitare il rock di Elvis ma gli venne talmente male che dovettero creare qualcosa di nuovo: aprire nuove porte a quel fenomeno noto come BEAT.
Creatori di arrangiamenti e melodie (specie dopo l’incontro del 64 con Dylan) vennero da tutti , Rolling Stones compresi, come i veri creatori del BEAT. In realtà è grazie al cortocircuito con Dylan che i Beatles introducono testi piu’ densi e pregnanti, iniziano ad usare l’ elettronica e a mixare vari generi tra cui il rock, il folk e il blues. .
ELEONOR RIGBY, appartenente all’album Revolver (nel 45 giri con Yellow Submarine -1966), è stata scritta nel ’65 da Paul Mccartney (infatuato da Vivaldi) in occasione crediamo di un refuso mentale.
Paul stava andando a Bristol e lungo la strada trovò un negozio dal nome RIGBY che gli rimase impresso nella mente. Aveva appena terminato il film HELP dove recitava la bellissima attrice Eleanor Bron. Paul uni’ i due nomi Rigby con Eleonor e ne fece il titolo della canzone. Ma c’è di piu’, Paul scrive questa canzone incentrata sul tema della povertà, sulla solitudine senza redenzione, ambientata nella Inghilterra post bellica degli anni 40-50, che furono gli anni della sua gioventù trascorsa a Liverpool.
In quegli anni lungo la strada per andare a casa il piccolo Paul passava in un cimitero (che come sappiamo in Inghilterra spuntano tra le case e dove gli inglesi sono soliti passeggiare, sostare a prendere il sole senza farsi troppi problemi).
Ebbene in quel cimitero, Paul tornò a passeggiare dopo qualche tempo quando la sua E. R. era divenuta una canzone da hit parade e vi trovò la tomba di una certa Eleonor Rigby. Eleonor era sempre stata li e il giovane Paul aveva letto mille volte il suo nome sulla lapide ma lo aveva rimosso. Immaginate che strana causalità.
George Martin, il produttore dei Beatles, definito da molti il quinto Beatles, chiese a Paul di arrangiare Eleanor Rigby alla stregua di Yesterday ( 1965- sempre di Paul – prima canzone arrangiata con un quartetto di archi-cosa rivoluzionaria per l’epoca) mediante un doppio quartetto di archi… e quella fu la fortuna della canzone che la rese immortale. Fu la prima canzone che Paul compose e arrangiò tutto da solo scrivendo e cantando la parte delle voci tanto che George nel 1966, anno del loro ultimo concerto, intervistato dai media rivelò questo segreto alla domanda se i Beatles avessero o meno dei progetti da solisti. La dichiarazione fu: si Paul sicuramente, se pensate che mentre componeva Eleanor gli altri Beatles non c’erano e si erano andati a prendere un the.
il CONCEPT BOOK -mix di fumetto, partiture musicali per orchestra e narrazione dei brani del repertorio del concerto, STORIA DI UNA CANZONE conterrà questo brano di cui vogliamo anticiparvi alcuni passi.
Al prossimo concerto sarà disponibile insieme alla T-shirt realizzata da Filippo Novelli. Per gli appassionati e per chi volesse averli per primo, si puo’ fare il preorder scrivendo a filipponovelli.911i@gmail.com .
Alle prossima puntata! Rimanete connessi.
MARDI GRAS & Carlo Tore Tosti BIO
Carlo di Tore Tosti – bassista dei MARDI GRAS è già stato nostro ospite quando ci ha raccontato come un suono puo’ trasformarsi in disegno. Se volete approfondire potete andare (QUI)
Liina Rätsep MARDI GRAS . foto di Roberta Gioberti — presso Kill Joy. Tutti i diritti sono riservatiLA BAND MARDI GRAS – foto gentilmente concesse da MARDI GRAS- tutti i diritti sono riservati
[Carlo Di Tore Tosti per DETTI E FUMETTI -sezione MUSICA – articolo del 2 agosto 2022]
Amici di DETTI E FUMETTI oggi parliamo di un gruppo mitico, i BEATLES sui quali torneremo in seguito.
Specificatamente di una delle loro canzoni piu’ belle a nostro parere: While My Guitar Gently Weeps
Illustrazione di Filippo Novelli -(ALL RIGHT RESERVED)
Canzone dei Beatles, composta da George Harrison e pubblicata nell’album “The Beatles” del 1968 (anche noto come “White Album”).
La fonte d’ispirazione del brano venne a Harrison dalla lettura dell’I Ching, il libro dei mutamenti cinese: “In Oriente ogni cosa è connessa con ogni altra cosa, mentre in Occidente è solo una coincidenza”. Con questa idea in testa Harrison cominciò a scrivere la canzone partendo dalle prime parole della pagina di un libro qualsiasi aperto a caso dove lesse: “Gently Weeps” (piange dolcemente).
La canzone While My Guitar Gently Weeps cambiò significativamente dai provini iniziali alla versione ufficiale pubblicata.
Nel brano i Beatles ospitarono contributi di musicisti famosi: la chitarra solista appartiene ad Eric Clapton, amico di Harrison e futuro marito della prima moglie di costui, Pattie Boyd.
PH da ULTIMATE CLASSICI ROCK
Eric Clapton, pur intimorito dall’idea di suonare con i Beatles (a nessun membro esterno alla band era mai stato concesso fino a quel momento questo privilegio), fornì una delle migliori prove in assoluto della sua carriera. Chiese tuttavia di non essere accreditato e di far alterare il suono della sua chitarra per renderlo “traballante” e conferire alla canzone proprio quell’effetto “piagnucolante” desiderato dal suo autore.
La presenza di Clapton nello studio contribuì inoltre a stemperare le ormai crescenti tensioni tra i quattro Beatles, stimolandoli ad impegnarsi ed esibirsi al meglio delle loro potenzialità (un esperimento che la band avrebbe replicato con successo sia con Brian Jones per la registrazione di “You know my name” sia con Billy Preston per le sessioni di “Let it be”).
Alla sua pubblicazione, While My Guitar Gently Weeps venne incensata dalla critica, e da allora è ritenuta uno dei migliori brani in assoluto di George Harrison, esempio riconosciuto della sua maturità come autore.
Il contributo chitarristico di Clapton al pezzo è stato definito “monumentale” dalla critica.
While My Guitar Gently Weeps fa parte del repertorio del prossimo concerto della young orchestra PRO oltre che ovviamente del concept book, mix di fumetto narrativa e partiture musicali per orchestra, STORIA DI UNA CANZONE.
Vi diamo un assaggio dello spartito del brano che troverete nel libro.
Le T-shirt della canzone saranno disponibili ai concerti. Per promozioni/anticipazioni e pre order contattare l’organizzazione alla mail: filipponovelli.911i@gmail.com
BIO
Alessandro Ciocca, chitarrista e cantante, è attivo su piu’ fronti in ambito musicale e nel sociale per quel che riguarda la promozione e diffusione della cultura musicale; è presidente della associazione culturale NUOVE ARMONIE.
Fa parte infatti del gruppo i “I Briganti di Friolo e del coro polifonico Ladislao in … canto diretto dal bravissimo soprano Yukiko Kondo Ciocca scrittrice tra l’altro del fumetto di DETTI E FUMETTI: Da Grande farò l’artista, disponibile al link QUI.
LADISLAO –IN CANTO
I BRIGANTI
I BRIGANTI DI FRIOLO,: sono un gruppo di musica popolare. Spazia nella vasta tradizione dei paesi del mediterraneo (dalla penisola alle grandi isole) oltre a proporre propri brani nel rispetto dei canoni linguistici e musicali originari. Un ritorno alle origini nel vortice dell’arte più semplice e genuina: le percussioni ed il tamburello, la chitarra ritmica, la fisarmonica ed altri strumenti “poveri”, i canti in dialetto a più voci e le travolgenti danze di pizziche e tarantelle.
[Alessandro Ciocca per DETTI E FUMETTI -sezione Musica -Articolo del 17 agosto 2022]
“Lentu lassame ‘mpaccire (vento lascia che io impazzisca) Iddhra prima o poi a turnare (lei prima o poi dovrà tornare) Lassame suffrire sula (lasciami soffrire sola) Lassame cu scerru ‘mprima (lascia che io dimentichi al più presto) Sula sula aggiu restare (sola sola devo restare) Lassa cu ddenta nu sule (lascia che esca il sole) Iou allu scuru a’ rimanire (io nell’oscurità devo restare) ‘Ola tie nu te fermare”. (tu vola e non ti fermare)
L’amore come nuvole arriva con il vento, e con il vento se ne va. Quel vento caldo che in Salento non manca mai, così come nuvole bianche che accarezzano il sole per donare un po’ di ombra e sollievo, così come quell’amore che fa “‘mpaccire” (impazzire).
Illustrazione di Filippo Novelli
“Nuvole bianche”, nella versione cantata da Alessia Tondo, ci mette a pieno confronto con la nostra anima, rendendoci più consapevoli della nostra pena non senza però quella speranza che, come nuvole al vento, passeggia tra i tasti bianchi e i tasti neri del pianoforte di Einaudi.
Alessia Tondo ritratto di Filippo Novelli
Maestro Concertatore del festival della “Notte della Taranta” di Melpignano, nel 2010 e 2011, Ludovico Einaudi si innamora della cultura salentina, ma soprattutto della sua violenta e dolce musica, incidendo l’album Taranta Project nel 2015. Un progetto che coinvolge vari artisti di origine diversa; quindi un progetto di unione e fratellanza, un progetto firmato Italia, Mali, Gambia, Gran Bretagna, Francia, Turchia e Salento. Le origini, le culture sono diverse ma le passioni umane, il bisogno di liberare il proprio canto o il proprio urlo, perché morsi dalla taranta o imprigionati da una storia d’amore finita male, sono le stesse nuvole che il vento della musica sa portare via.
Nuvole Bianche di Einaudi fa parte del nuovo concept book di DETTI E FUMETTI, un mix di storia delle canzoni, fumetto e partiture musicali per orchestra, la PRO, una YOUNG ORCHESTRA autogestita di Roma che il prossimo anno inserirà nel repertorio del suo primo concerto il brano di Einaudi.
Ecco una anticipazione di NUVOLE BIANCHE, il resto nel libro.
Restate connessi per scoprire gli altri brani.
Sono in pre ordine il libro STORIA DI UNA CANZONE e le t-shirt dei brani, scrivendo all’indirizzo e-mail: filipponovelli.911i@gmail.com.
[Cesare Secli’ per DETTI E FUMETTI – sezione MUSICA – Articolo del 11 agosto 2022
Cari lettori di DETTI E FUMETTI iniziamo oggi il racconto dell’avventura della PRO, Pursue Respighi Orchestra, la Young Orchestra autogestita e fondata dagli alunni della scuola media sezione musicale Respighi di Roma.
Giorno dopo giorno vi racconteremo del loro entusiasmante progetto di mantenere viva la loro Orchestra, al di la della sua naturale scadenza del ciclo del triennio delle medie e della loro volontà di organizzare un concerto nell’arco di un anno dalla loro fondazione.
Grazie a questo blog vi sarà anche un momento di approfondimento tecnico. Scriveremo infatti di come organizzeranno le prove, le registrazioni e di come prepareranno il grande concerto finale. Ma non solo: capiremo insieme come e perchè sceglieranno i brani del repertorio, come scriveranno le partiture, come effettueranno – cosa interessantissima – la Instrumental Rotation (l’alternanza nell’imparare e suonare nuovi strumenti); sarà interessante osservare anche come avverrà l’integrazione di nuovi elementi nell’orchestra stessa. L’orchestra parte infatti dalla aggregazione di quattro sezioni: pianoforti, flauti, chitarre e violini.
Sarà molto interessante vedere come si innesteranno altri nuovi strumenti a partire dalla sezione “elettrificata” di batteria elettronica, basso, chitarra elettrica e sintetizzatori.
RESPIGHI OFF
Ogni Orchestra ha bisogno di grandi spazi per le prove, per le registrazioni e per i concerti. la PRO ha tre “residenze”, i RESPIGHI OFF (OFF perchè sono una sorta di spin off della Residenza Madre che è la loro ex scuola RESPIGHI).
Esempio di SALA PROVE per la MUSICA d’Orchestra
Ogni Residenza ha uno scopo diverso:
RESPIGHI OFF-SALA 1: per effettuare le prove della intera orchestra e i concerti.
RESPIGHI OFF – SALA 2: per effettuare le prove delle varie sezioni ( fiati, archi, chitarre e sezioni ritmica)
RESPIGHI OFF – SALA 3: per effettuare le registrazioni.
Al momento sono state già definite 2 su 3 nel quartiere d’origine della Residenza Madre ( la Scuola):
L’orchestra vivendo le Residenze – RESPIGHI OFF diventa un vero e proprio Esperimento Sociale Culturale di Quartiere, creando una sinergia con le scuole ed i teatri di zona, oltre che per l’indotto – i negozi specializzati come LIBRERIE E NEGOZI DI MUSICA inclusi- con i luoghi culturali della zona.
Nelle Respighi-off la nostra Young Orchestra (sebbene ha nelle sue premesse fondative l’autogestione) avrà anche la possibilità di essere affiancata da maestri di musica che aiuteranno le ragazze/i nel progresso della loro tecnica musicale, nella registrazione dei brani ed infine alla preparazione dei concerti.
L’orchestra, si è prefissa anche l’obiettivo di crescere in numero; a tal fine effettuerà delle vere e proprie Audition ogni settembre per far entrare sempre nuovi elementi.
IL SIGNIFICATO DEL NOME E DELL’ ACRONIMO
La PURSUE RESPIGHI ORCHESTRA ha nel nome la sua mission, vale a dire la volontà di proseguire (PURSUE significa CHE PROSEGUE) a vivere e suonare oltre il suo naturale fine ciclo, per non cadere nell’errore delle precedenti classi di disperdere le competenze ottenute in tre anni di studio; L’obiettivo fondante è al tempo stesso quello di non disperdere quel senso di appartenenza, di amicizia e legame che la passione per la musica ha creato in questi tre anni vissuti insieme.
Da qui il grande valore sociale e culturale insito nel progetto della nostra young che la rende un esperimento unico ed originale nel quartiere ( mai in passato la Respighi aveva generato un gruppo che le desse continuità).
PURSUE RESPIGHI ORCHESTRA ha deciso di chiamrsi così anche perchè PRO è un acronimo che, nella sua semplicità e brevità funziona bene e significa molto per le ragazze/i dell’orchestra. Vi raccontiamo perchè:
–PRO che posto davanti ad un verbo significa ESTENDERE, PROSEGUIRE NEL TEMPO E NELLO SPAZIO (progredire, proseguire, promuovere)
–PRO del “buon pro ti faccia, che ti giovi, che ti sia utile” perchè questa esperienza sia utile alle ragazze/i per il loro futuro.
–PRO del “quid pro quo”, cioè in un altro luogo, perchè l’orchestra è stata rifondata in un luogo diverso da quello della sua origine , cioè la scuola.
–PRO del prosit, atto del brindisi nato nella antica Grecia come usanza di riunirsi per declamare discorsi o canzoni o musiche in forma improvvisata.
–PRO dall’inglese professional come locuzione da affiancare ad una attività per indicare professionale, con esperienza, in quanto è una orchestra che, se pur giovane, ha già tre anni di studio alle spalle.
LA PROGETTAZIONE DEL LOGO E DELLE DIVISE DELL’ORCHESTRA
La YOung Orchestra ha studiato ogni particolare della sua costituzione. Non poteva mancare il logo. Si è voluti partire dal logo originario della ORCHESTRA RESPIGHI a cui le ragazze/i erano tanto legati (in cui compaiono giustapposti i 4 strumenti dell’orchestra originaria)
LOGO ORCHESTRA RESPIGHI
La costruzione del nuovo logo si è ottenuta aggiungendo tridimensionalità e l’acronimo PRO e mantenendo i 4 strumenti fondativi: Piano, Violino, Flauto e Chitarra. Inoltre si è cercato un simbolo che rappresentasse l’unione del gruppo.
L’abbiamo trovata studiando Le dieci calligrafie di Norio Nagayama: L’immagine del cerchio rappresenta la prima delle stazioni che l’uomo deve percorrere per diventare unità.
Il cerchio è la O di Orchestra che si ripete e moltiplica per diventare il cerchio della P PURSUE e della R di RESPIGHI cosi’ da formare l’acronimo PRO.
Dalle lettere partono le scie dei 4 strumenti che disegnano il logo della nostra Young Orchestra PURSUE RESPIGHI ORCHESTRA.
LOGO PRO REALIZZATO DA FILIPPO NOVELLI (WHITE VERSION)
LOGO PRO REALIZZATO DA FILIPPO NOVELLI (BLACK VERSION)
L’AVVENTURA DELLA PURSUE RESPIGHI ORCHESTRAE LO STORYTELLING DI DETTI E FUMETTI
Il format che creeremo per seguire l’avventura della Orchestra PRO avrà un taglio nuovo anche per chi ci leggerà; fin dal primo incontro della YOUNG ORCHESTRA PRO infatti pubblicheremo delle schede di approfondimento alla nostra maniera, ossia arricchendole con un fumetto.
Racconteranno sia il brano del repertorio dell’orchestra, sia la vita e il contesto storico in cui ha vissuto l’autore del brano. Questo racconto farà da introduzione alla trascrizione e distribuzione delle partiture della orchestra che vi metteremo a disposizione in fondo all’articolo. il progetto si chiama: LA STORIA DI UNA CANZONE
Riuniremo tutti gli articoli prodotti in un libro concept fatto da fumetto + scheda di approfondimento + spartiti, interessante per gli appassionati di musica ma anche per tutti i curiosi.
Non vi resta che entrare a far parte del nostro gruppo di lettori rimanendo in attesa della prima puntata delle avventure delle PRO e della STORIA DI UNA CANZONE.
Buon … ascolto!
[FILIPPO NOVELLI per DETTI E FUMETTI – Sezione Musica – articolo del 10 giugno 2022]
Non posso cambiare il mondo, ma posso cambiare il mondo dentro di me
[Bono Vox]
Il cambiamento è alla base dell’evoluzione, a volte è una necessità.
Quale forza dovrebbe spingerci a cambiare? Se, qualunque fosse il nostro status, ci imponessimo sempre di cambiare diventerebbe un’ossessione, ma tante volte rompere le catene delle abitudini è un atto di responsabilità verso noi e gli altri.
A volte, nell’ecosistema di abitudini, comportamenti automatici e situazioni che fanno parte del nostro quotidiano, ci sono cose che inconsapevolmente accettiamo, ma che tanto bene non ci fanno. Possiamo pensare ai nostri vizi, fumare per esempio, oppure chi di noi è facilmente irascibile e, ancora, chi ha grandi potenziali ma rimane lì dov’è perché in qualche modo “ha paura” a fare quel passo che permetterebbe di esprimerli.
Il rock ha rappresentato e rappresenta un simbolo della rottura dello status quo ed esso stesso si è reinventato nel corso dei decenni.
Siamo partiti nel viaggio con il rock’n’roll di Elvis Presley per arrivare al blues rock psichedelico dei The Doors un decennio dopo, stravolto a sua volta dal punk dei Ramones negli anni ’70.
Il rock non ha subito una metamorfosi solo sulla base del periodo storico e grazie al gruppo emergente di turno. Esistono alcune rock band che sono riuscite e riescono a rimanere sulla cresta dell’onda nonostante abbiano a curriculum 44 anni di carriera…e tutto questo lo devono sì alla loro vena artistica, ma adattata e adattabile al cambiamento.
Prendi per esempio U2. Chiamiamoli “come si deve”: YOU TOO (anche voi) e non U-DUE. Iniziarono nel 1976, proprio sull’onda emotiva dei concerti di personaggi come i Ramones ed in un solo decennio, gli anni ’80, sono diventati il gruppo più importante nel panorama mondiale del rock.
Gli U2 erano già una band ancor prima di essere in grado di suonare
[Bono Vox]
Nel 1980 esordiscono con BOY, cavalcando l’ondata della new wave e del post punk, con I will follow e le loro tensioni di adolescenti della periferia dublinese, per arrivare sulla vetta del mondo nel 1987 con JOSHUA TREE. Sì avete letto bene: l’album che da solo contiene Where The streets have no name, With or without you, I still haven’t found what I’m looking for e una scaletta che da sola è una compilation di grandi hits.
In mezzo un decennio a colpi di collaborazioni con Brian Eno, brani che hanno con coraggio parlato di Martin Luther King e delle guerriglie civili irlandesi, consacrandosi con una performance che solo i Queen riuscirono ad oscurare nel Live Aid.
Conquistarono la copertina di Time Magazine, come solo The Beatles e The Who erano riusciti a fare, oltre 5 milioni di dischi venduti nel mondo ed un filotto di sold out nel loro tour mondiale The Joshua Tree Tour.
Quando sei a quelle altitudini l’aria è rarefatta ed il rischio di avere la mente annebbiata dal successo è dietro l’angolo.
I quattro piccoli ragazzi irlandesi avevano di diritto preso lo scettro di rockstar e non avevano nemmeno 30 anni.
All’album del decennio seguì Rattle & Hum che raccontò, sia con note che con pellicola cinematografica, il loro tour americano, con tanto di dediche e devozione a Bob Dylan, Jimi Hendrix e Billie Holiday. I dischi di platino, il successo e l’americanizzazione li avevano allontanati dalla tanto amata quanto odiata periferia di Dublino e dalla loro identità stessa.
Penso che la cosa più importante della musica sia il senso di fuga
[Thom Yorke]
Bono Vox e gli amici di una vita The Edge, Larry Mullen Jr e Adam Clayton avrebbero potuto essere la cover di sé stessi per il resto della loro vita facendo soldi a palate, ma l’anima rock non la puoi accendere o spegnere a tuo piacimento e loro erano LE rockstar di quegli anni, nessuno sapeva cosa avrebbero tirato fuori dal cilindro.
Si rifugiarono a fine degli anni ’80 in una Berlino in pieno fermento tra la libertà della caduta di Berlino e l’incertezza del domani.
Dovevano sentire dentro di loro cosa li aveva portati fin lì e dove sarebbe andati da quel giorno in poi.
Un dilemma non da poco, tanto che la loro gloriosa galoppata era in procinto di arrestarsi.
Tante, troppe volte la fama ha inghiottito talenti del rock, ma quegli irlandesi avevano la pelle dura: non certo dei santi (scagli la prima pietra chi è senza peccato!), ma persone con sani principi. Come dichiarato da Bono “ai tempi di Berlino non avevamo idea di cosa saremmo voluti diventare, ma eravamo sicuri di ciò che non volevamo essere”.
Fu con questo atteggiamento che successe l’imponderabile: nel tempio degli Hansas Studios di Berlino, dove avevano già registrato mostri sacri come Lou Reed, David Bowie ed Iggy Pop, a The Edge venne fuori il giro di accordi della vita.
Quella sequenza di note erano il primo gemito di una neonata One (secondo MTV la miglior canzone degli anni ’90 e trentaseiesima migliore canzone del mondo secondo la classifica di Rolling Stone) e dell’album Acthung Baby, che ha sconvolto radicalmente le logiche musicali degli U2 e dell’intero mondo del rock.
L’album, anch’esso in posizione altissima nella classifica dei migliori album di tutti i tempi secondo Rolling Stone, uscì il 18 novembre del 1991 e 6 giorni dopo un’altra leggenda del rock salutò il mondo, Freddy Mercury: dopo il Live Aid, in cui scettro e corona se li portò a casa come il calciatore con il pallone quando segna una tripletta, fu come un passaggio di testimone tra miti per continuare a dar vita ed onorare il rock.
Se devi fare una cosa, falla con stile. [Freddy Mercury]
Elettronica e distorsioni miscelate con le melodie e le chitarre di un rock più classico andarono a mettere il segno in una generazione di musicisti che di lì a breve furono ispirati a dar seguito ad una nuova lettura del genere: dai Radiohead ai Muse, dai Placebo ai Coldplay.
Questo è solo un pezzo della storia di quattro semplici ragazzi che erano partiti con scarse doti tecniche nella musica, ma con tanta passione e gesta epiche hanno fatto della lettura dei tempi che cambiavano e del cambiamento stesso il loro status, marcando un segno indelebile nella storia del rock che tutt’oggi stanno scrivendo.
Gli U2 sono la dimostrazione che cambiare è possibile per tutti, anche quando tutto sembra perso o anche quando pensi di aver conquistato tutto. Viviamo in un mondo dove cambiare certi atteggiamenti nei confronti di noi stessi, degli altri e dell’ambiente è una necessità se vogliamo dare alle future generazioni una cultura di amore e rispetto reciproco.
Basta mettersi alla prova e avventurarsi where the streets have no name.
Io sono STEO e questa è la mia Storia del Rock. Se vi è piaciuto l’articolo regalate ai vostri amici il mio libro.
Lasciatemi i vostri feedback, ditemi chi sono stati i vostri miti del rock e chissà potrete trovarli nel prossimo volume. Ed ora vi lascio come di consueto tre brani che vi faranno conoscere meglio gli U2 e il loro camaleontismo.
Non sono gli anni della tua vita che contano, ma la vita nei tuoi anni.
[Abraham Lincoln]
Gli anni ’60. I rivoluzionari anni ’60. I babyboomers sono cresciuti, così come le loro consapevolezze ed i loro capelli sempre più lunghi. La Società, la cultura e la musica in quegli anni andavano spediti verso una nuova identità sotto il nome dell’amore e dell’unione. Ci farebbe bene una buona dose di quei valori oggi che siamo rintanati nel nostro Facebook (ndr).
Un’identità caratterizzata dalla rottura dello status quo, quello status forgiato da una società conservatrice e bacchettona, dalla sua politica della guerra, da una cultura antisemita. Non è un caso che il rock sia stato la colonna sonora per eccellenza di quel periodo. Non c’erano più solo Chuck Berry, Elvis Presley e Little Richard: una nuova generazione stava facendo passi da gigante ed ogni orma lasciata è rimasta tutt’oggi impressa nel pianeta della musica e della società civile.
Alcuni artisti hanno un modo di vivere ed un modo di fare arte, per me ne esiste uno solo.
[Janis Joplin]
Difficile, per non dire impossibile, eleggere il porta bandiera del rock targato 60’s: se parlassi dei The Beatles farei un torto ai The Rolling Stones. Così come potrei scrivere dell’immensa Janis Joplin, di Syd Barret e dei primi Pink Floyd. E ancora Jimi Hendrix, The Who, Santana, Joe Cocker…la lista di mostri sacri è veramente senza fine. Ma i The Doors con Jim Morrison avevano qualcosa che gli altri non avevano.
James Douglas Morrison, con il suo background di colto poeta, esperto cinematografo, di bambino speciale (racconta che da piccolo, vedendo dei nativi americani morti sull’asfalto per un incidente, ricevette lo spirito dello sciamano), insieme alla sua allucinata vita priva di limiti, aveva dato avvio ad un’espressione ribelle e rivoluzionaria, tanto da spaventare e inimicarsi le Autorità ed addirittura la politica. In soltanto 5 anni è stato capace di mettere il suo volto tra gli Dei del rock e tutt’oggi la sua tomba a Père Lachaise è venerata da migliaia di fan. I suoi concerti erano rituali sciamani e psichedelici e lui, come lo definì il compagno di musica Ray Manzarek, sul palco era la reincarnazione del Dio greco Dioniso. La sua figura è tutt’oggi così pesante che si è scomodato anche un certo Oliver Stone per portare la sua vita in pellicola, non un regista qualsiasi.
Quando le porte della percezione saranno purificate, all’uomo apparirà come realmente è: infinito.
[William Blake]
Il giovanissimo Jim lasciò casa e famiglia per mettere tenda a Venice Beach dove studiava cinema. Erano anni di forte emancipazione in cui l’uso di droghe, specialmente allucinogene, erano all’ordine del giorno: si pensava che aiutassero ad aprire le porte della percezione, come del resto aveva intitolato Huxley il suo libro. Jim era in prima linea in questa sperimentazione e furono proprio “quelle porte” a dare il nome al suo gruppo formato con l’amico di studi Ray Manzarek ed insieme a John Densmore e Robby Krieger. Negli anni ’60 non si pubblicavano i propri esperimenti artistici su YouTube e nemmeno si misurava la propria celebrità a suon di like e migliaia di follower. Così come per la quasi totalità degli artisti di quei tempi, The Doors cominciarono a suonare in piccoli e fumosi locali dove il pubblico poteva essere composto da 20 o 30 corpi danzanti. La voce dell’esistenza di un gruppo pseudo intellettuale che suonava rock, blues e interessanti contaminazioni jazz si sparse rapidamente e, in men che non si dica, si trovarono sul palco del mitico locale Whisky a Go Go su Sunset Boulevard della West Hollywood, a fianco di personaggi del calibro di Frank Zappa e Van Morrison. Ipnotizzarono il pubblico il cui corpo cominciò a muoversi sinuosamente mosso come chioma al vento (novità rispetto alle danze impostate degli anni precedenti). Sarebbe stato un successo se l’organizzatore, un giorno del 1966, non fosse andato in bestia di fronte ai versi della canzone The End. Erano troppo: riferite al complesso di Edipo in versione freudiana, ma che tanto sapevano di incesto, furono il motivo per cui prese a calci buttandoli fuori. Poco male visto che, grazie a quell’esibizione, furono notati dalla Elektra Records che gli offrì un contratto ed in sei giorni registrarono il primo loro album omonimo. Era il 4 gennaio 1967 ed il Re Lucertola, uno dei suoi tanti soprannomi, si stava per impossessare dell’attenzione mediatica e del pubblico statunitense prima e del mondo poi.
Non vivere con la paura di morire, ma muori con la gioia di aver vissuto.
[Jim Morrison]
Jim Morrison aveva un “piccolo” problema, non sapeva stare alle regole. Già con il primo album finirono all’Ed Sullivan Show, un’istituzione per quei tempi e l’occasione per avere l’attenzione nazionale in TV. C’erano già stati Elvis Presley, The Beatles e The Rolling Stone. Mick Jagger e compagni dovettero accontentare Ed cambiando una parola nel testo Let’s spend the night togheter per farlo risultare più decente. Quella “decenza” che era la massima rappresentazione del puritanesimo. Il burbero Sullivan, ci era riuscito con Jagger, ma ci aveva già provato con Elvis ed il suo movimento pelvico, andandogli male: così come con Jim e soci. in Light my fire avrebbero dovuto cambiare la parola “higher” nella frase Girl, we couldn’t get much higher. La parola scelta dai produttori del programma TV era “better”. Questo perché il verso sotto accusa ammiccava all’uso di droghe e non potevano andare in diretta nazionale con un messaggio del genere. Forse non avrebbero potuto in tanti, ma non Mr. Morrison che, in barba al tentativo di “restaurazione culturale” della vecchia guardia, non fece alcuna variazione al testo facendo imbestialire il conduttore televisivo. Non fu il solo caso di ribellione e sfida alle Autorità: nei loro 200 concerti The Doors erano soliti alle provocazioni, quando del pubblico, quando delle forze dell’ordine. Provocazioni che gli costarono care come nel Live al New Haven nel 1968 in cui attaccò verbalmente la polizia, dopo che aveva avuto un diverbio con uno di loro nel backstage interrompendo il suo momento di intimità con una ragazza. Ci fu una vera sommossa e ancora nessuno sapeva che, tra il pubblico in preda al delirio, c’era un certo James Ostenberg che di lì a poco sarebbe diventato Iggy Pop formando i The Stooges e ispirandosi proprio alla sua icona Jim.
Questi giovanotti conoscono alla perfezione gli spartiti, ma non sanno neppure cosa significhi vomitare
[Iggy Pop]
Questo è stato Jim Morrison nel suo breve passaggio sulla Terra: un’icona immortale. Vuoi per l’alcol, per le droghe o per la sua personalità eccentrica era come se si stesse rapidamente dissolvendo. Mentre la lancetta del tempo scorreva lui rapidamente lasciava la polvere di sé disperdersi nell’aria, diventando presto un’aurea che avrebbe raggiunto il mondo per l’eternità. Tormentato dal peso della celebrità e dei suoi demoni la stella di Jim cominciò ad affievolire la sua luce ed il processo, seguito all’ennesima provocazione al concerto di Miami (ancora oggi non si hanno prove che veramente lui aveva mostrato gli attributi come secondo il capo d’accusa), fu la condanna per colui che si dichiarò vittima del puritanesimo, proprio come uno dei suoi poeti preferiti, Oscar Wilde. Jim Morrison ed The Doors erano considerati così “socialmente pericolosi” che non furono nemmeno invitati al celeberrimo Festival di Woodstock (sacrilegio!).
Nessuno ha mai progettato di essere.
[Jim Morrison]
Preso dai problemi giudiziari e da una forma fisica in fase degenerativa, lasciò The Doors con l’ultimo album L.A. Woman, uscito poi nell’aprile del 1971. Album che contiene l’epica Riders on the Storm, in cui i tuoni ed il suono della pioggia sembravano presagire un futuro nefasto. Pochi mesi dopo, durante la sua permanenza a Parigi, il Dio del rock raggiunse gli altri Dei sul monte Olimpo per guardarci divertito da lassù. Ha raggiunto Robert Johnson, Brian Jones, Janies Joplin e Jimi Hendrix; avevano tutti soltanto 27 anni e con i successivi Kurt Cobain ed Amy Winehouse, oggi formano quel mazzo di fiori sfioriti troppo precocemente a causa delle loro esagerazioni e follie: il Club 27. Della sua presenza terrena resta la grandezza dei suoi testi, della sua musica e della sua rappresentatività della generazione di Babyboomers che con i propri ideali ha cambiato i connotati al mondo. Mi piace ricordarlo non per le sue follie, ma per ciò che ha rappresentato e rappresenta tutt’ora. Di lui ci resta la forza sovrannaturale di cui è dotato l’uomo comune come noi, quella forza che può farci determinare il cambiamento ed esserne voce in poco tempo. Lui ci è riuscito in una manciata di anni. Tutto ciò fa di Jim Morrison, il Poeta maledetto, una delle più grandi leggende del rock.
This is the end, my only friend…the end
[Jim Morrison]
Io sono Steo e questa è la mia Storia del Rock illustrata da Filippo Novelli su DETTI E FUMETTI.
Come di consueto al termine della storia vi consiglio l’ascolto di tre brani:
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