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Sociologia e psicologia, cosa le accomuna e cosa le distingue

Cari lettrici e lettori di DETTI E FUMETTI, dal momento che e’ entrata nella nostra redazione una sociologa,  siamo stati inondati di domande da parte dei nostri lettori.

E’ per questo motivo che abbiamo sentito l’esigenza di creare una FAQ che raccolga le domande  e i motivi che hanno guidato le nostre scelte.

1.Il vostro blog e’ sempre e solo scritto da tecnici con alle spalle un curriculum di tutto rispetto. Perche’ questa scelta?

Si, la scelta di chiamare sempre dei tecnici qualificati a scrivere solo e soltanto di temi in cui hanno conseguito una specializzazione o su temi sui quali abbiamo una esperienza pluriennale, e’ uno dei caratteri distintivi del Blog, per distinguersi dalla massa e dal rischio di banalizzare alcuni ambiti se portati avanti dalla sola passione e hobbistica.

Abbiamo molti esempi in tal senso:

Il progetto MARTA, Il fumetto didattico sulla sulla salute e sicurezza e’ scritto da tecnici di altissimo livello.

Il progetto musicale della storia del rock o di Sandcastle, vede impegnati musicisti professionisti con esperienza pluriennale

Il progetto di economia Artiglio, primi passi nella lean economy e open innovation, vede tra i protagonisti professori universitari di chiara fama.

Potremmo elencarne tanti altri.

Questo rende comprensibile ancor di piu’ il fatto che la rubrica di sociologia si inserisce in questo filone in modo coerente.

2. Perche’ avete deciso di far entrare in redazione un tecnico, nella fattispecie una sociologa?

Quando nel 2009, ad oggi 17 anni fa, abbiamo aperto DETTI E FUMETTI, la sociologia era gia’ tra gli argomenti trattati insieme alla letteratura, arte, musica, cinema. Si pensi solo alla nostra prima “raccolta” OSVY, AFORISMI PER SALVARE IL MONDO

Il libro altro non e’ che un compendio di letteratura e sociologia.

Quindi realizzare una vera e propria rubrica sulla sociologia e’ stato il naturale approdo di un percorso iniziato 17 anni fa.

Il successo che sta avendo e’ merito del fatto che il focus sui temi sociologici acceso nel lontano 2009 non si e’ mai spento e che i nostri lettori sono fidelizzati e apprezzano questa idea.

3.Perche’ avete deciso di concentrare tanta attenzione (sono gia’ otto articoli consecutivi) che pubblicate su temi come: i sentimenti, le emozioni,ecc. Volete fare gli psicologi perche e’ trandy?

Parto dall’ultima parte della domanda.

Vedete concentrati tanti articoli di Chiara perche’ vorremmo raggiungere al piu’ presto un numero minimo di articoli da poter raccogliere in un libro illustrato. E’ il nostro obiettivo. Se vogliamo che sia a breve termine e’ inevitabile tenere questo ritmo. Per quel che riguara la prima parte della domanda, la risposta e’ no, non abbiamo nessuna intenzione di  aprire un sito di psicologia acchiappa like.

Attenzione a non cadere nella confusione. Bisogna fare chiarezza. Noi stiamo parlando di sociologia. Anche se e’ un po’ lungo da fare, distinguiamo bene Sociologia da Psicologia e, visto che siamo in ballo, da Psichiatria.

Sebbene sociologia, psicologia e psichiatria si occupino tutte in qualche modo dell‘uomo e del suo comportamento, differiscono nettamente per oggetto di studio, formazione professionale e approccio.

Ecco una sintesi delle differenze principali:


1. 🧑‍🤝‍🧑 Sociologia

La sociologia è una scienza sociale che studia l’uomo in relazione agli altri e all’ambiente sociale.

  • Oggetto di Studio: La società nel suo complesso, i gruppi sociali, le istituzioni, i fenomeni collettivi e le dinamiche relazionali. Si concentra sui processi sociali che influenzano i pensieri, i sentimenti e le azioni degli individui e dei gruppi (es. disuguaglianza, migrazioni, cambiamenti culturali, comportamento di folle).
  • Focus: Il livello macro e meso (società, gruppi, organizzazioni). Spiega il comportamento individuale come risultato di fattori sociali, economici e culturali.
  • Formazione: Laurea in Sociologia o Scienze Sociali. Non è una professione sanitaria e non si occupa di diagnosi o trattamento di disturbi individuali.
  • Obiettivo: Comprendere, analizzare e interpretare i fenomeni sociali per risolvere problemi sociali e prevedere i cambiamenti.

2. 🧠 Psicologia

La psicologia è la scienza che studia i processi mentali, il comportamento e le dinamiche affettive dell’individuo.

  • Oggetto di Studio: L’individuo e il suo mondo interiore: mente, comportamento, emozioni, processi cognitivi (memoria, percezione, pensiero) e sviluppo.
  • Focus: Il livello micro (l’individuo). Si occupa del benessere psicologico e relazionale, e del disagio psichico non prettamente organico.
  • Formazione: Laurea in Psicologia, seguita da tirocinio e Esame di Stato per l’abilitazione. Lo psicologo non è un medico e non può prescrivere farmaci. Se consegue una specializzazione quadriennale, diventa Psicoterapeuta e può fare terapia.
  • Obiettivo: Comprendere e spiegare il comportamento e i processi mentali, e intervenire per sostenere la crescita personale e gestire il disagio psicologico (ad esempio attraverso colloqui e psicoterapia).

La nostra collana di fumetti la trovate QUI

3. ⚕️ Psichiatria

La psichiatria è una branca della medicina che si occupa della salute mentale.

  • Oggetto di Studio: La patologia mentale dal punto di vista medico, biologico e bio-psico-sociale. Si concentra sulla diagnosi, cura e prevenzione dei disturbi mentali gravi e persistenti.
  • Focus: L’individuo con una malattia psichiatrica. Vede il disturbo mentale come un’alterazione che può avere cause biologiche, genetiche e ambientali.
  • Formazione: Laurea in Medicina e Chirurgia, seguita dalla Specializzazione in Psichiatria. Lo psichiatra è un medico e, per questo, è l’unico tra i tre a poter prescrivere farmaci (psicofarmaci) e richiedere ricoveri ospedalieri.
  • Obiettivo: Diagnosticare, trattare e riabilitare le malattie mentali, spesso utilizzando una combinazione di farmaci, psicoterapia e interventi psicosociali.

Tutti i libri della nostra collana citati nell’articolo li trovi QUI

[ La redazione di DETTI E FUMETTI- ARTICOLO DEL 14 DICEMBRE 2025]

L’importanza dei super eroi nel mondo di oggi

I supereroi, figure da tempo relegate all’immaginario dei fumetti, del cinema e della narrativa fantastica, mantengono una rilevanza straordinaria nel mondo contemporaneo. Lungi dall’essere semplici evasori dalla realtà, essi fungono da specchio culturale e da catalizzatori di ideali fondamentali. La loro importanza si manifesta su più livelli: psicologico, etico-morale e socio-culturale.

In un’epoca caratterizzata da incertezze globali, crisi ambientali, economiche e politiche, i supereroi offrono un bisogno fondamentale dell’animo umano: la speranza.

  • Fonte di Ispirazione: Essi rappresentano la possibilità che anche di fronte a minacce schiaccianti, l’individuo o un gruppo unito possa prevalere. Questo alimenta un senso di ottimismo e incoraggia la resilienza personale.
  • Gestione dell’Ansia: I loro nemici spesso incarnano le paure collettive (il caos, l’ingiustizia, il fanatismo). Vedere questi problemi affrontati e, spesso, risolti, offre un meccanismo di catarsi e aiuta a gestire l’ansia legata a problemi reali e complessi.
  • La Dualità “Eroe-Umano”: La maggior parte dei supereroi di successo (come Spider-Man o Batman) non sono solo esseri onnipotenti, ma persone che affrontano problemi quotidiani, fallimenti e dubbi. Questa umanizzazione rende i loro successi più accessibili e ispira le persone a essere “eroi” nella propria vita, anche senza superpoteri.

I supereroi sono potenti veicoli per l’esplorazione e la trasmissione di concetti etici complessi.

  • Il Concetto di Responsabilità: Il celebre mantra di Spider-Man, “Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, è diventato un principio morale cardine. Sottolinea l’obbligo etico che accompagna il talento, la posizione o l’influenza, spingendo a riflettere sull’uso responsabile delle proprie risorse.
  • Giustizia vs. Legge: Molte narrazioni supereroistiche si concentrano sulla tensione tra ciò che è strettamente legale e ciò che è moralmente giusto. Questo costringe il pubblico a confrontarsi con i limiti dei sistemi stabiliti e con l’importanza dell’azione individuale in difesa dei più deboli.
  • Inclusività e Diversità: Le nuove generazioni di supereroi riflettono una crescente attenzione alla diversità razziale, di genere e di orientamento. Essi normalizzano la presenza di eroi provenienti da tutte le estrazioni sociali e culturali, diventando potenti simboli di inclusione e accettazione in una società multiforme.

I supereroi hanno trasceso la cultura pop per diventare la mitologia moderna della nostra società.

  • Identità Collettiva: Essi forniscono un linguaggio e un insieme di archetipi condivisi. Proprio come gli antichi si identificavano con Ercole o Ulisse, noi ci identifichiamo con Superman, Wonder Woman o Black Panther. Questi personaggi rappresentano il meglio che l’umanità può aspirare a essere.
  • Commento Sociale: Le storie dei supereroi sono spesso allegorie dei problemi contemporanei. Ad esempio, gli X-Men sono una metafora potente dell’intolleranza, del razzismo e della discriminazione. Attraverso il filtro della fantasia, il pubblico può affrontare e discutere temi sociali delicati in modo indiretto e meno polarizzante.
  • Motore Economico e Creativo: L’industria dei supereroi (cinema, TV, fumetti, videogiochi) è un colosso economico che alimenta migliaia di posti di lavoro creativi e genera miliardi di dollari, dimostrando la loro massiccia e continua risonanza culturale.

L’importanza dei supereroi nel mondo di oggi non risiede nella loro capacità di volare o di lanciare raggi dagli occhi, ma nella loro funzione di fari morali e di ancore psicologiche.

E’ in questo contesto che abbiamo accolto nel gruppo Chiara il falco, sociologa. Essi ci ricordano costantemente che, anche quando i problemi sembrano insormontabili, la combinazione di coraggio, altruismo e senso di responsabilità è il vero superpotere a disposizione di ogni persona. In sintesi, i supereroi sono fondamentali perché ci ispirano a credere non tanto nei poteri sovrumani, ma nel potenziale straordinario dell’umanità.


[ La redazione di DETTI E FUMETTI- Articolo del 13 dicembre 2025]

Care lettrici e lettori di DETTI E FUMETTI, da qualche settimana vi abbiamo proposto  gli episodi della video rubrica di sociologia scritta e interpretata da Chiara Narracci.

Illustrazione dello speed painting di Filippo Novelli per il video Clip: Chiara, il sole dentro la stanza

Ma chi e’ Chiara, lo abbiamo chiesto ad un suo amico che ci ha detto che lei irradia positività e luce; e’ capace di migliorare l’umore e l’autostima di chi le sta intorno. Forte e’ il suo impatto trasformativo sulle persone, non attraverso la perfezione, ma sostenendo l’autenticità e ricordando agli altri il loro valore. Insomma c’avra’ pure i suoi difetti ma l’influenza benevola e rassicurante di Chiara si infonde tutto attorno quando entra dentro una stanza.

Non ce lo ha detto cosi’ direttamente; ci ha mandato una canzone su di lei e noi, con l’aiuto della matita di Filippo, il nostro CEO e illustratore ufficiale, ne abbiamo fatto un video Clip che potete vedere facendo click QUI

A proposito questo e’ il testo della canzone:

CHIARA PORTA IL SOLE DENTRO LA STANZA.

DETTI E FUMETTI PRODUCTION

SAMI prompt sound engineering

Video clip by Filippo Novelli

Chiara porta il sole quando entra nella stanza

Chiara sa far brillare chi si sente senza

Ogni sorriso suo ti cambia la giornata

Ti guardi allo specchio e pensi forse valgo qualcosa

Rit: Tu es tre belle, ti ru ti ru le, ti ru ti ru le,

Chiara cammina e sembra che il mondo rallenti

Non dice molto ma capisci tutto dai gesti

Ha quella luce che ti prende senza chiedere niente

Ti fa sentire meglio anche quando non lo pensi

Non parla di perfezione, parla di essere veri

Ti guarda un attimo e ti ricorda chi eri

Con lei ti piace un po’ di più la tua storia

E quel sorriso che regala te ne lascia un po’ in memoria.

[DETTI E FUMETTI- Editoriale del 13 dicembre 2025]

QUANDO E’ CHE SI DIVENTA ADULTI? primo episodio della rubrica TRA LE RIGHE di CHIARA NARRACCI alias FALCO per DETTI E FUMETTI

Bentrovate lettrici e lettori di DETTI E FUMETTI oggi apriamo la nuova rubrica di sociologia TRA LE RIGHE; io sono CHIARA NARRACCI e, come consuetudine in DETTI E FUMETTI, per entrare nella redazione da oggi sarò CHIARA IL FALCO.

Illustrazione di Filippo Novelli

QUANDO E’ CHE SI DIVENTA ADULTI?

Iniziamo questa rubrica con il cercare di rispondere ad un gran quesito. Quand’è che finalmente si diventa adulti? Vi leggo un passo molto interessante: “Persone in grado di assumersi la responsabilità delle proprie scelte e di vivere serene. Le relazioni con i genitori”. Iniziamo con il dire che molti continueranno a piangersi addosso e ad accollare il peso dei propri fallimenti ai genitori, all’infanzia subita. Altri riusciranno ad accettare che siamo solo persone e tutti fallibili, compresi i genitori, e che tutti potremmo scegliere come comportarci al di là di come ci viene istintivo.

Prosegue lo scritto: “Personalmente ci misi mesi anche solo a rendermi conto di non conoscermi affatto, al di là di come ero solita gestirmi. A livello relazionale ho avuto paura di essere una bambola rotta, vuota, perché le mie domande restavano senza risposta. Ho poi capito che non ero mai stata abituata a prendermi in considerazione in prima persona, probabilmente anche perché donna invasa dall’impronta materna.

Non sono certo l’unica ad aver fatto confusione fra il mio pensiero e quello di mia madre, fra il mio sentire ed il suo rispetto a ciò che vivevo sulla mia pelle. Confusione amplificata crescendo dal confronto costante anche con le amiche e con le altre donne incontrate, dove l’unica certezza, l’unica costante erano le reazioni istintive alle altrui sollecitazioni. Non c’era la scelta di come e se agire, era un reagire istintivamente.

Facciamo un passo indietro. Quando veniamo al mondo siamo per noi stessi fonte di disagio. Abbiamo fame, sete, ci sporchiamo e siamo completamente dipendenti dai nostri genitori per appagare i nostri bisogni.

Scatta la convinzione che noi per noi stessi siamo il male, mentre i genitori sono il bene perché ci alleviano dai disagi. Scatta anche l’automatismo di dare più importanza a loro che a noi stessi, motivo per il quale crescendo ci identifichiamo con ciò che più spesso ci diranno di essere. E saranno proprio quei due tre aggettivi il nostro biglietto da visita con il quale ci presentiamo al gruppo di pari, fino a quando non scopriremo di essere molto di più.

Crescere è spogliarsi di queste percezioni limitate ed accettare i nostri limitati e limitanti genitori. È smetterla di pretendere da loro l’approvazione su tutto o smetterla di remarci contro incarnando la pecora nera pur di confermare la loro idea di noi. Credo sia questo il lavoro da fare quando si parla di dover “uccidere” i propri genitori, abbandonare l’idea o la convinzione atavica che i genitori hanno sempre ragione, salvando però l’amore che ci lega loro.

Come farlo? Scegliendo di piacerci noi in primis, imparando a prenderci in considerazione consapevole, uscendo dagli automatismi relazionali che attivano quelli personali, quei due tre aggettivi che dicevamo prima,  aprendoci alla vita, dandoci il tempo di valutare come è meglio muoversi. Chi inizia con il  chiederti di fronte alle piccole scelte quotidiane cosa penso? cosa sento?  Mi va? è buono per me?. Questa è la via per diventare ciò che vogliamo essere, Adulti.

Il video dell’articolo lo trovi QUI

Se non impariamo a conoscerci, continueremo a non rispettarci e a soffrire per come ci vedono gli altri . TU Che ne pensi?

Al prossimo episodio.

[Chiara Narracci per DETTI E FUMETTI, Sezione Sociologia. Articolo del 10 ottobre 2025]

Storia di una canzone – Blind dei Korn, un inno crudo e onesto alla lotta contro la dipendenza e il trauma interiore.

Amic* di DETTI E FUMETTI un tour nel mondo della Musica non è completo senza fare un passaggio per il mondo METAL.

Queste sono state le parole di mia figlia per convincermi ad andare a vedere i KORN al Firenze Rock di questo anno.

Io che i Korn li avevo ascoltati trent’anni fa  e poi nulla più. Non so più se è stata grande la curiosità di capire cosa erano diventati oppure lo stupore di vedere mia figlia cantare tutte le loro canzoni a memoria.

E poi trovo sempre utile e interessante capire i propri figli attraverso la musica che ascoltano. Ecco perché ho accettato e sono partito per Firenze Rock.

Korn anni 90

Ma chi sono i Korn?

Korn (stilizzato in KoЯn) sono un’influente band nu metal statunitense formatasi a Bakersfield, California, nel 1993. Considerati pionieri e una delle formazioni più significative del genere, hanno giocato un ruolo cruciale nella definizione e nella popolarizzazione del nu metal alla fine degli anni ’90. La loro musica è caratterizzata da sonorità pesanti e dissonanti, testi spesso introspettivi e oscuri, e un approccio vocale unico.

I Membri Attuali sono:

  • Jonathan Davis (voce, cornamusa, batteria occasionale)
  • James “Munky” Shaffer (chitarra)
  • Brian “Head” Welch (chitarra, cori)
  • Reginald “Fieldy” Arvizu (basso)
  • Ray Luzier (batteria) – Si è unito ufficialmente nel 2009.

Il genere principale dei Korn è il nu metal, ma la loro musica incorpora anche elementi di:

  • Alternative Metal
  • Groove Metal
  • Industrial Metal (in alcune fasi)
  • Funk Metal (nelle prime influenze)

Sono noti per aver fuso l’aggressività dell’heavy metal con elementi hip hop, funk, e un’atmosfera spesso cupa e dissonante, tipica del metal alternativo.

Korn Firenze Rock 13.06.2025

 La band si forma nel 1993 dalle ceneri dei L.A.P.D. (precedentemente note come Creep). Jonathan Davis, proveniente dalla band Sexart, viene reclutato come cantante. Il loro sound inizia a prendere forma, con l’uso distintivo del basso a 5 corde di Fieldy e l’accordatura bassa delle chitarre.

L’Esordio (1994): Il loro album omonimo, “Korn”, viene pubblicato e segna un punto di svolta. Contiene brani come “Blind” e “Shoots and Ladders” che mostrano subito il loro stile innovativo e brutale, affrontando temi di abuso, isolamento e disagio.

Il Successo Commerciale (1996-2002):

  • “Life Is Peachy” (1996): Continua l’esplorazione di sonorità oscure e testi controversi.
  • “Follow the Leader” (1998): È l’album che li consacra a livello mondiale, debuttando al primo posto nelle classifiche di Billboard. Contiene hit come “Freak on a Leash” e “Got the Life”, che ricevono ampia rotazione su MTV e nelle radio rock. La band diventa una delle più grandi nel mondo del metal.
  • “Issues” (1999): Un altro successo commerciale, che mantiene la loro posizione di preminenza nel genere.
  • “Untouchables” (2002): Mostra un’evoluzione nel suono, con una produzione più levigata e sperimentazioni elettroniche, pur mantenendo l’aggressività caratteristica.
  • Cambiamenti e Sperimentazioni (2003-2007):
    • “Take a Look in the Mirror” (2003): Segna un ritorno a sonorità più crude e pesanti.
    • L’abbandono di Head (2005): Brian “Head” Welch lascia la band per motivi religiosi e di dipendenza. Questo evento segna un periodo di incertezza per il gruppo.
    • “See You on the Other Side” (2005): Il primo album senza Head, che vede la band sperimentare con influenze più industriali ed elettroniche.
    • “Untitled” (2007): Un altro album sperimentale, con diversi produttori e collaboratori.
  • La Nuova Era e il Ritorno di Head (2008-Presente):
    • L’arrivo di Ray Luzier (2007-2009): Ray Luzier diventa il batterista ufficiale, portando nuova energia.
    • “Korn III: Remember Who You Are” (2010): Un tentativo di tornare alle radici del loro suono iniziale.
    • “The Path of Totality” (2011): Un album fortemente influenzato dalla musica dubstep, con collaborazioni di artisti come Skrillex.
    • Il Ritorno di Head (2013): Brian “Head” Welch torna ufficialmente nella band, per la gioia dei fan. Questo porta a una rinnovata coesione e creatività.
    • “The Paradigm Shift” (2013): Il primo album con il ritorno di Head.
    • “The Serenity of Suffering” (2016): Acclamato dalla critica e dai fan come un ritorno alla forma, con un suono aggressivo e maturo.
    • “The Nothing” (2019): Un album profondamente emotivo e cupo, che riflette il dolore personale di Jonathan Davis.
    • “Requiem” (2022): L’ultimo lavoro in studio, che continua a mostrare la capacità della band di evolversi pur mantenendo la propria identità.

Stile e Influenze

  • Sonorità: Caratterizzata da chitarre a sette corde accordate molto basse (spesso in A o Drop A), bassi funky e distorti, e una batteria potente e complessa. L’uso della cornamusa da parte di Jonathan Davis è un marchio distintivo.
  • Vocalità di Jonathan Davis: Spazia da canti puliti e melodici a growl, urla, beatbox, e un caratteristico “scat” senza parole che esprime rabbia e frustrazione.
  • Testi: Spesso incentrati su temi di dolore, abuso, dipendenza, alienazione, depressione, paranoia e rabbia. Molti testi sono autobiografici, attingendo alle esperienze personali di Jonathan Davis.
  • Influenze: La band cita influenze diverse, che vanno dall’hip hop (N.W.A., Ice Cube), al funk (Red Hot Chili Peppers, Faith No More), al metal (Metallica, Pantera, Sepultura), fino a band alternative come Nine Inch Nails.
  • Eredità e Impatto

I Korn sono universalmente riconosciuti come una delle band più influenti del nu metal. Hanno ispirato innumerevoli gruppi e hanno contribuito a ridefinire il suono del metal per una nuova generazione. La loro combinazione di aggressività musicale e vulnerabilità emotiva nei testi ha risuonato con milioni di fan, creando una comunità fedele. Hanno dimostrato che il metal poteva essere sia pesante che profondamente personale, aprendo la strada a una maggiore diversità espressiva all’interno del genere.

Korn concerto di Firenze rock del 13.06.2025

Discografia Essenziale

  • Korn (1994)
  • Life Is Peachy (1996)
  • Follow the Leader (1998)
  • Issues (1999)
  • Untouchables (2002)
  • The Serenity of Suffering (2016)
  • The Nothing (2019)
  • Requiem (2022)
Korn Firenze Rock 13.06.2025

Blind

Per STORIA DI UNA CANZONE abbiamo scelto di parlare di Blind.

La canzone più nota e iconica dei Korn è senza dubbio “Blind”, il brano che apre il loro album di debutto omonimo del 1994. “Blind” non solo ha definito il sound della band, ma è anche considerata una delle canzoni fondamentali per la nascita del genere nu metal.

Ecco il testo in italiano e una spiegazione dettagliata:

Testo di “Blind” (Korn) in italiano

[Intro: Jonathan Davis] Siete pronti?!

[Strofa 1: Jonathan Davis] C’è un posto nella mia mente Un posto dove mi piace nascondermi Non conosci le possibilità E se dovessi morire? Un posto dentro il mio cervello Un altro tipo di dolore Non conosci le possibilità

[Ritornello: Jonathan Davis] Sono così cieco! Cieco, cieco

[Strofa 2: Jonathan Davis] Un altro posto che troverò Per sfuggire al dolore dentro Non conosci le possibilità E se dovessi morire? Un posto dentro il mio cervello Un altro tipo di dolore Non conosci le possibilità

[Ritornello: Jonathan Davis] Sono così cieco! Cieco, cieco

[Bridge: Jonathan Davis] Sempre più in profondità, sempre più in profondità, sempre più in profondità Mentre sogno di vivere una vita che sembra essere Una realtà perduta Che non può mai trovare un modo per raggiungere il mio L’autostima è bassa, quanto in profondità posso andare Nel terreno su cui giaccio, se non trovo un modo per Vedere attraverso il grigio che annebbia la mia mente Questa volta guardo per vedere cosa c’è tra le righe

[Pre-Coro: Jonathan Davis] Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventano cieco

[Coro: Jonathan Davis & Head] Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco (riesco a vedere che sto diventando) Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco (diventando cieco) Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco!

[Outro: Jonathan Davis] Sono cieco Sono cieco Sono cieco Sono cieco


Spiegazione e Contesto Socio-Temporale di “Blind”

“Blind” è stata pubblicata nel 1994, un periodo di transizione significativo per la musica rock e la cultura giovanile. Gli anni ’90 videro il declino dell’hair metal e del glam rock degli anni ’80 e l’emergere di nuovi generi che riflettevano un senso di alienazione e disillusione. Il grunge, con band come Nirvana e Pearl Jam, aveva già spianato la strada a un suono più crudo e a testi più introspettivi. I Korn, tuttavia, portarono questa tendenza a un livello successivo, mescolando l’aggressività del metal con elementi di hip-hop, funk e industrial, dando vita al nu metal.

Il contesto socio-temporale è fondamentale per comprendere “Blind”:

  • Disillusione post-Reagan/Bush Sr.: Dopo decenni di politiche conservatrici negli Stati Uniti e un’economia in fase di cambiamento, molti giovani si sentivano emarginati e senza prospettive. La promessa del “sogno americano” sembrava irraggiungibile per molti.
  • Aumento delle problematiche sociali: Gli anni ’90 videro una crescente consapevolezza di problemi come l’abuso di sostanze, la salute mentale, il bullismo e la violenza. Questi temi, spesso tabù, trovavano sfogo nella musica.
  • Nascita di Internet e globalizzazione: Sebbene ancora agli inizi, l’avvento di Internet stava iniziando a connettere le persone in modi nuovi, ma anche a creare un senso di isolamento paradossale per alcuni, amplificando il confronto con vite “perfette” o irreali.
  • Cultura giovanile underground: Molti giovani si sentivano incompresi o rifiutati dalla cultura mainstream. Le sottoculture, come quella metal e hip-hop, fornivano un senso di appartenenza e uno spazio per esprimere rabbia e frustrazione. I Korn, con il loro sound grezzo e le loro tematiche oscure, divennero rapidamente un punto di riferimento per questa generazione.
Korn Firenze rock 13.06.2025

La Poetica di “Blind”

La poetica di “Blind” è intrinsecamente legata all’esperienza personale di Jonathan Davis, il frontman dei Korn. La canzone è stata scritta prima che Davis si unisse ai Korn, quando era nella sua precedente band, i SexArt, e affronta apertamente i suoi problemi con la dipendenza da droghe, in particolare dalla metanfetamina.

Analizziamo i temi principali:

  • Alienazione e Isolamento: Il “posto nella mia mente, un posto dove mi piace nascondermi” rappresenta un rifugio mentale dalla dura realtà, ma anche un simbolo dell’isolamento che deriva dalla dipendenza e dalla sofferenza interiore. La sensazione di essere “cieco” non è solo fisica, ma metaforica: l’incapacità di vedere una via d’uscita, di percepire la realtà in modo lucido, o di comprendere le “possibilità” al di fuori della propria prigione mentale.
  • Dolore e Trauma: I “diversi tipi di dolore” e la domanda “E se dovessi morire?” riflettono la profondità della sofferenza di Davis e la sua lotta con pensieri autodistruttivi. La musica dei Korn, e “Blind” in particolare, è nota per la sua capacità di veicolare il dolore in modo viscerale, spesso attraverso le vocalizzazioni gutturali, i sussurri e le grida di Davis, che riproducono la sofferenza emotiva e fisica.
  • Perdita di Speranza e Disillusione: Il bridge è particolarmente potente: “Sempre più in profondità… sogno di vivere una vita che sembra essere una realtà perduta”. Questo esprime una profonda disillusione e una lotta per aggrapparsi a qualsiasi parvenza di normalità o felicità. L’autostima “bassa” è un tema ricorrente nei testi dei Korn, che spesso esplorano le ferite emotive e psicologiche.
  • La Lotta per la Consapevolezza: Il ripetuto “Riesco a vedere, riesco a vedere che sto diventando cieco” è un paradosso struggente. Indica la consapevolezza della propria condizione di degrado e dipendenza, pur essendo intrappolati in essa. È la disperata presa di coscienza di una progressiva perdita di controllo e di lucidità, una forma di cecità autoimposta o indotta dalle circostanze. “Guardare per vedere cosa c’è tra le righe” suggerisce un tentativo, seppur debole, di trovare un significato o una verità nascosta nella propria sofferenza.
  • Catarsi e Aggressione Sonora: La poetica dei Korn non è solo nei testi, ma anche nel loro sound. Le chitarre a 7 corde pesanti e dissonanti, il basso slappato di Fieldy e la batteria complessa e tribale di David Silveria creano un muro di suono che amplifica il senso di oppressione e frustrazione. L’esplosione finale di “Blind” con il growl di Davis è una liberazione catartica di tutta la rabbia e il dolore accumulati, un urlo primordiale che ha risuonato con milioni di fan in tutto il mondo che si sentivano allo stesso modo.
Korn Firenze rock 13.06.2025

In sintesi, “Blind” è un inno crudo e onesto alla lotta contro la dipendenza e il trauma interiore. È una canzone che ha dato voce a una generazione di giovani che si sentivano inascoltati e incompresi, offrendo loro un senso di riconoscimento e, per molti, una forma di catarsi attraverso l’espressione di un dolore condiviso.

Vi lascio con l’intro del concerto di Firenze Rock del 13.06.2025

INTRO CONCERTO

Ci sentiamo presto con un’altra puntata di STORIA DI UNA CANZONE.

Il programma del festival del 13.06.2025

[FILIPPO NOVELLI PER DETTI E FUMETTI – SEZIONE MUSICA – ARTICOLO DEL 14.06.2025]

EVA GIOVANNINI -L’ULTIMO PARTIGIANO

Cari Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti oggi faremo due chiacchiere con la giornalista scrittrice Eva Giovannini.

Allora Eva, sei nata a Livorno nel 1980. Sei inviata e conduttrice Rai. Autrice dei podcast La Scelta di Eva (2024) e AstroPolitica (2022), hai co-condotto per la Rai Petrolio, Popolo Sovrano e due edizioni del Premio Strega. Autrice anche del saggio Europa Anno Zero (Marsilio ed.) e della graphic novel Oriana Fallaci: il Vietnam, l’America, e l’anno che cambiò la Storia (Round Robin. 2021), vincitrice del Premio Giornalistico Altiero Spinelli per gli Studi Europei e membro della Commissione di Saggi sull’Europa istituita dalla presidenza della Camera (2017).

Nel 2024 esce il Graphic Novel “L’ultimo Partigiano”. La storia raccontata a fumetti di Lanciotto Gherardi

D. Perché hai deciso di fare la giornalista?

Ho deciso di fare la giornalista, perchè sono sempre stata fin da piccola, una bambina molto curiosa di cose molto diverse tra loro. Inoltre ero una bambina incline alla noia, e quindi ho pensato che fare questo mestiere fosse un antidodo meraviglioso alla noia, perché effettivamente non c’è mai un giorno uguale ad un altro. Fare il giornalista significa fare l’opposto di un lavoro ripetitivo, anche se per anni si segue un filone come la politica, ogni giorno ci si immerge in nuove notizie, nuove spigolature, persone nuove e punti di vista 

D. Chi avresti voluto come guida, quando hai iniziato la tua carriera? 

Molte guide diverse, mio padre leggeva le interviste di Enzo Biagi, e di lui ricordo il grande rigore. Poi da adolescente mi piaceva il tipo di giornalista stile  Lili Gruber. Della Gruber  ho ambito di avere il talento e la chiarezza espressiva ed espositiva. Mi piaceva anche Oriana Fallaci; ho sempre letto i suoi libri fin da adolescente, e mi hanno ispirata per il loro coraggio, per la loro profondità; per questa penna sempre tagliente, però anche ironica.

D. Dicevamo nel 2024 esce il tuo Graphic Novel “L’ultimo Partigiano”. La storia raccontata a fumetti di Lanciotto Gherardi. Perché hai scelto proprio il Graphic Novel come mezzo di comunicazione?

E.  Per il primo graphic novel ,il Vietnam, l’America, e l’anno che cambiò la Storia (Round Robin. 2021), che scrissi, mi sembrava un bel modo per far conoscere Oriana Fallaci anche alle nuove generazioni, non solo quindi attraverso i suoi libri, i suoi articoli ma con un mezzo più fruibile per le giovanissime  e i giovanissimi che altrimenti si sarebbero persi un personaggio cosi grandioso. Questo secondo  graphic novel, l’ultimo partigiano,  e’ nato dal fatto che mi sono trovata in mano del materiale di questo partigiano Lanciotto Gherardi, episodi di vita vissuta che avevano una tale portata ironica, non dico sovversiva, però essere un antifascista, era una persona di grande spirito e ironia e allora il graphic novel mi è sembrato un modo, tra virgolette giocoso per narrare una vicenda in verità serissima, perché quest’uomo ha dato la vita per questa causa.

D. Che sensazioni si provano nel vedere un proprio racconto trasformarsi in un fumetto?

E’ una sensazione molto bella, perché hai come l’impressione che diventino eterne certe storie; il graphic novel consegna ad un pubblico vastissimo certe testimonianze: dai bambini di nove anni ai nonni di novanta, perché è uno strumento capace di arrivare a chiunque, facile ma non banale. E quindi è molto attraente e lo dimostrano i numeri di Lucca comics di questi giorni molto amato da un pubblico trasversale.

D. Torniamo per un attimo al primo Graphic novel. Oltre ad aver sceneggiato il graphic novel su Oriana Fallaci, l’hai anche intervistata; come la definiresti?

Purtroppo, non ho mai conosciuto di persona Oriana Fallaci, ho intervistato sua sorella Paola, dopo la morte di Oriana, quindi non posso dire che donna è stata a livello epidermico; purtroppo non ho avuto il piacere di sedermi di fronte a lei.Dai suoi scritti  la definirei una donna assoluta, cioè incapace di mezze misure, di sfumature; o meglio, intellettualmente capacissima ma con un animo radicale. Era una donna che viveva di assoluti, capace di manifestare  nella stessa situazione una enorme plateale fragilità e al contempo un essere completamente indomito e coraggiosissimo. E’  stata una persona che ha inciso di più non solo nelle vite di chi si è trovata di fronte, chiunque sia stato intervistato da lei è rimasto ipnotizzato, nel bene e nel male. Da chi se ne innamorato a chi l’ha odiata per il resto dei suoi giorni, come Kissinger, che si è pentito amaramente di averle rilasciato un’intervista. Comunque  Oriana Fallaci lasciava sicuramente un segno.

D. Ma torniamo al tuo ultimo graphic novel.“L’ultimo Partigiano” storia di Lanciotto Gherardi  ce ne vuoi parlare?

Lanciotto Gherardi, è la storia di un partigiano, di un uomo, morto purtroppo il giorno stesso della liberazione della città di Livorno, che lui aveva contribuito a liberare in maniera diretta, perché era a capo della brigata Oberdan Chiesa,che ha liberato la città il 19 luglio 1944. Morì lo stesso giorno entrando in città da liberatore e per beffa del destino ucciso da fuoco amico, per un errore di un soldato americano. Questa storia è nota in tutte le cronache della resistenza Toscana. A Lanciotto Gherardi è intitolata una via in città. E’  nella lapide dei caduti ma nessuno conosce chi era l’uomo Lanciotto Gherardi; ho avuto la fortuna, attraverso la mia famiglia, di aver conosciuto suo figlio, morto di covid novantenne pochi anni fa. Figlio che quando Lanciotto morì aveva già diciassette anni, quindi aveva un ricordo nitido, adulto del padre. Ho raccolto nel 2019 tutte le testimonianze  di Lanciotto da suo figlio Alfredo, ed è stata una fortuna perché nel 2020 il covid se l’è portato via. A me sono rimasti i suoi  aneddoti, i suoi racconti del padre, un antifascista vero, che però aveva sempre saputo distinguere  tra gli esseri umani e le ideologie. Lui [Lanciotto Gherardi N.d.A.] salvava sempre l’uomo; i suoi nemici erano uomini  prima di essere fascisti, erano delle persone. Lui valutava di caso in caso, non odiava a 360 gradi, non combatteva chiunque; e questo lo rendeva molto umano, molto più complesso della figurina che era emersa dai libri di storia;  ho avuto il privilegio di intervistare Alfredo, di raccogliere le sue testimonianze e di raccontare la fine di un partigiano ma anche la sua vita.

D. Cosa ti ha lasciato il sodalizio con il fumettista-illustratore Tommaso Eppesteingher?

Il sodalizio con Tommaso Eppesteingher, mi ha lasciato moltissimo, mi ha lasciato un senso enorme di fiducia, perché io mi sono affidata alla sapienza di Tommaso, raccontando aneddoto per aneddoto, facendo la sinossi ma poi è stato lui a tradurre in immagini quello che io avevo ricevuto come  suggestione dai racconti di Alfredo. Questo per me è sempre qualcosa di miracoloso, quando avviene questa conversione dalla parola al disegno e soprattutto perché avviene secondo me, questa bellezza espressiva che Tommaso è riuscito a restituire a Lanciotto, l’ha tolto dal bianco e nero di questa lapide di marmo,  l’ha vestito e l’ha colorato, rendendolo un essere vivente. Questo è stato un regalo grandissimo.

D. Davanti ad una platea di studenti che si apprestano a diventare giornalisti, qual è la prima cosa che diresti?

Direi loro che se sono fruitori di notizie, di verificare sempre le fonti, se sono loro stessi a dare le notizie, di verificare anche in questo caso le fonti, e soprattutto di non risparmiarsi. Questo è un mestiere in cui  negli anni ti devi affermare, ti devi far conoscere, non deve essere un lavoro d’ufficio; deve essere un lavoro di passione non comune e quindi serve una dose di sana abnegazione; che non vuol dire farsi sfruttare e non riconoscere i propri diritti, ci mancherebbe ; ma non risparmiatevi.

D. Il tuo sogno nel cassetto?

Ne ho molti, ne sto per realizzare uno, tra poco diventerò mamma. E quindi spero che le cose che ho imparato fin qui, di poterle raccontare e di avere un testimone nel mondo, quando anche io non ci sarò più. Devo dire che mi reputo una persona fortunata, perché ne ho realizzati molti di sogni, a partire da quello di fare la giornalista, che era il mio più grande sogno da sempre.

D. Bene cara Eva, grazie per questa bella chiacchierata; ma soprattutto, siamo felici con te per questa stupenda notizia! Tanti auguri da tutta la redazione e dalle Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti! 

[DARIO SANTARSIERO PER DETTI E FUMETTI – SEZIONE FUMETTO- ARTICOLO DEL 4 NOVEMBRE 2024]

Intervista di Dario Santarsiero a Leli Baldissera Fotografa per DETTI E FUMETTI

Vincitrice Menzione Opera più votata da Terna

Amici di DETTI E FUMETTI oggi siamo con Leli Baldissera “Premio Driving Energy 2024 – Fotografia Contemporanea” e Vincitrice Menzione Opera più votata da Terna.

LELI di Filippo Novelli

Allora Leli, sei nata nel 1990 in Brasile, vivi e lavori a Roma. Sei artista, fotografa e ricercatrice. Consegui una laurea e il master in Arti Visive e un dottorato in Antropologia Sociale, e hai svolto delle ricerche sulle donne artiste. Come fotografa hai 15 anni di esperienza, durante i quali hai lavorato in studi fotografici e come freelance nella città di Porto Alegre.

D. Cosa o chi ti ha indirizzato verso la fotografia?

L. Sono sempre stata coinvolta nel mondo dell’arte, disegnavo e dipingevo, e quando avevo 15 anni mia madre mi regalò la mia prima macchina fotografica e ho iniziato a concentrarmi maggiormente sulla fotografia. Ho studiato Arti Visive e lì all’università ho dovuto scegliere un ambito in cui approfondire e ho scelto anche la fotografia perché ho visto che potevo avere più scelte nel costruire una professione.

D. Che responsabilità ha una fotografa nei confronti nella società?

L. La mia visione è sempre focalizzata sul lato politico e antropologico, penso che la produzione di immagini non sarà mai slegata da questi soggetti. Ma sono scelte personali il modo in cui ogni persona prenderà la produzione della propria arte. Oggi viviamo in un mondo pieno di immagini e tutti hanno accesso a migliaia di immagini tutto il giorno, l’educazione visiva e il rispetto per ciò che viene fotografato e pubblicato sono essenziali.

D. Nel tuo paese, il Brasile, la fotografia ha un ruolo rilevante nel denunciare lo sfruttamento ambitale? 

L. Sì, ma non solo denunciando lo sfruttamento ambientale ma anche denunciando ogni tipo di sfruttamento e problema sociale. Abbiamo grandi fotografe e fotografi documentaristi e artisti che producono immagini di grande impatto sulla nostra cultura e anche sui nostri problemi. Più recentemente anche in chiave decoloniale e con una visione del mondo meno eurocentrica, in cui i soggetti stessi producono immagini su se stessi e sul loro territorio, come gli indigeni, i quilombolas e i senzatetto che producono materiale audiovisivo sulla loro situazione.

D. Perché prediligi il colore anziché il bianco e nero?

L. La mia attenzione sui colori che si trovano nel mondo reale e’ dovuta al fatto che  i colori possono parlare di sentimenti e trasmettere sensazioni; tuttavia apprezzo anche le luci e le ombre enfatizzate dall’uso del bianco e del nero.

D. Nei tuoi lavori emerge prepotentemente il corpo femminile, ce ne vuoi parlare?

L. Come donna e artista, penso che sia importante trasformare lo storico “sguardo maschile” sul corpo femminile in donne che rappresentano se stesse e le altre. Disconnettere il corpo femminile da uno sguardo sessualizzato, approfondendo la dimensione dei suoi significati.

D. “Ocupação” è l’opera vincitrice del premio Terna 2024, perché la scelta di fotografare la facciata di un palazzo?

L. Non è solo la foto di un palazzo, ma di un palazzo che è un’occupazione nel centro della città dove vivevo, in un viale vicino a casa mia. Per me questa foto rappresenta un ritratto delle persone che vivono lì, ma senza mostrare i loro volti. I volti si mostrano nel modo in cui hanno occupato quel posto vuoto e lo hanno trasformato nella loro casa con il loro tocco personale. Non avere una casa e non avere diritto alla casa è una questione che mi tocca personalmente e politicamente.

D. Il tuo sogno nel cassetto?

L. Ritornare a disegnare e dedicare maggiormente la mia arte a questa tecnica che ad un certo punto della mia vita era stata abbandonata.

D. Bene cara Leli grazie anche a nome delle Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti per questa bella chiacchierata

L. Grazie a lei, apprezzo l’interesse per il mio lavoro e lo spazio fornito per parlare un po’ di quello che faccio. Grazie mille.

[Dario Santarsiero per Detti e Fumetti -sezione Arte – articolo del 15 ottobre 2024]

Willy intervista la regista Angelita Puliafito in occasione dell’uscita di LAPIDE PRE MORTEM

Care Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti, una nostra vecchia conoscenza, la regista Angelita Puliafito che già in passato e più recentemente,  ha dato prova di grande spessore teatrale, vedi: https://dettiefumetti.com/2019/09/16/piaceri-nascosti-di-dario-santarsiero/ https://dettiefumetti.com/2024/05/21/il-teatro-che-passione/. Sabato 28 e domenica 29 settembre, con la compagnia “C’era un’Altra Volta” porta in scena, al Teatro Petrolini, la commedia brillante “Pre-Mortem”.  

D. Prima però raccontaci un po’ di te

A. Ho studiato al DAMS indirizzo spettacolo e poi un corso di regia alla casa dello spettacolo che mi ha dato le giuste competenze. Già da bambina facevo muovere le bambole costruendo sempre delle storie dove la regista ero io.  Il mio primo spettacolo da regista, perché tu non lo sai ma io ho fatto anche l’attrice, e sono tutt’ora una cantante, dicevo il mio primo spettacolo da regista è stato Peter Pan il musical, a ripensarci oggi, mi vengono i brividi.

D. Allora Angelita, raccontaci la trama, ovviamente senza svelarci nulla 

A. Come hai preannunciato sono la regista dello spettacolo “Lapide Pre-Mortem”, che andrà in scena il 28 e 29 settembre al teatro Petrolini. Tengo molto a questo spettacolo perché la compagnia “C’Era Un’Altra Volta” vuole rendersi utile aiutando la ricerca, con una raccolta fondi, da destinare alla Associazione Italiana AIL [contro le leucemie linfonomi e mieloma]. Tornado alla trama: La situazione è molto equivoca, il personaggio principale si ritrova a pensare di essere arrivato alla fine dei suoi giorni, prima di trapassare, vuole in qualche modo chiudere il cerchio e mettere ordine a tutte le situazioni famigliari e amichevoli. È una commedia molto divertente. La compagnia è ormai stabile e da diversi anni, portiamo in scena commedie tendenzialmente brillanti; perché, come in questo caso, attraverso la risata si vuole sfatare la concezione della morte, che viene vista come qualche cosa di atroce. Che dire ancora? Che sono, dopo tanti anni, felice di fare teatro, soprattutto con questa compagnia amatoriale, che non è da meno dei professionisti, se non per il fatto che non è il loro mestiere principale. A questo punto vi aspetto tutti al Teatro Petrolini il 28 e 29 settembre 

D. E sono sicuro che le nostre Lettrici e Lettori verranno sicuramente ad applaudirvi!

Info:

Teatro Petrolini Via Rubattino 5 [Zona Testaccio]

www.teatropetrolini.it

info@teatropetrolini.it

t.+39 065757488

[Dario Santarsiero per Detti e Fumetti 26-09-2024 sezione Teatro]

Willy intervista il regista Federico Sisti per DETTI E FUMETTI

Cari Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti, sono in compagnia del mio caro amico e regista Federico Sisti.

Federico nasce a Roma il 13/05/1985. Da 15 anni lavora come regista e documentarista, è corrispondente per programmi di cronaca, ha realizzato documentari sia in modo indipendente che per reti nazionali e internazionali. Il suo ultimo docufilm è ‘Una vita sul ring-la vita di Nino La Rocca’ Una produzione Rai documentari.

Il documentario racconta l’ascesa, le sfide, la caduta e le rivincite di Cheid Tijani Sidibe, in arte Nino La Rocca, campione europeo dei pesi Welter nel 1989. Nino è figlio di un malese e di una siciliana, La Rocca passa una vita a lottare per i suoi diritti e per ottenere la cittadinanza italiana. La sua esistenza passa dal Marocco dove nasce, alla vita di strada a Parigi, a quella delle stelle.  

D. Cosa o chi ti ha spinto verso la strada della regia?

F. Inizio con il dire che non mi reputo un regista. L’ appellativo regista, rimanda molto al mondo della fiction, e non c’è niente di più lontano da quello che faccio. 

D.  Ci puoi dire perché preferisci girare un documentario anziché un film?

F. Mi sono avvicinato al mondo del documentario perché è la pura realtà, non c’è finzione, è lo studio della società per antonomasia, ed io ho sempre avuto un approccio sociologico. Quindi tutti questi lavori che ti riportano ad una realtà, spesso molto cruda, non sono stati casuali.

D. Ho visto il docufilm sulla piattaforma RaiPlay   ‘Una vita sul ring-la vita di Nino La Rocca’ per la produzione Rai documentari. L’ho trovato emozionante e allo stesso tempo ti dà una forte spinta a non mollare mai. Ce ne vuoi parlare?

F. In un’epoca dove tutti avevamo negli occhi le grandi star sia dello sport che dello spettacolo la storia di Nino, quella di un ragazzo venuto dal Mali che trova il suo riscatto in Italia, diventa l’emblema dell’uomo che si è fatto da solo.

 La storia di Nino La Rocca divenne potentissima, capace di catalizzare le folle, e penso che abbia avuto un ruolo chiave, nella creazione della sua popolarità. Poi gli anni 70-80 finiscono, un’epoca si chiude, la società cambia e con lei la tendenza a quel genere di narrazioni. 

Quella società che un tempo lo aveva acclamato innalzandolo ad eroe, inizia pesantemente a criticarlo, lo tratta come un fenomeno da baraccone, viene dimenticato, i suoi successi quasi rinnegati, le sue capacità sportive denigrate e lui si rifugia in sé stesso vivendo isolato tra preghiere ed insegnamento, lontano da quei riflettori che ad un certo punto della sua vita, si sono fatti ormai troppo ingombranti.

D. Perché hai scelto proprio Nino La Rocca?

F. Penso di avere scelto Nino la Rocca perché c’erano tutti i presupposti per una storia interessante: il personaggio che sale in vetta e poi ricade, tutta la sua introspezione, una critica al divismo di quegli anni che ci dovrebbe far riflettere anche sulla nostra epoca.

D. Dopo l’ultimo ciak di ‘Una vita sul ring-la vita di Nino La Rocca’ che cosa hai provato?

F. Diciamo che è stata la fine di un’agonia [Ride N.D.S.] stavamo lavorando in condizioni estreme.

D. Bene caro Federico, grazie anche a nome delle Lettici e Lettori di Detti e Fumetti per questa bella chiacchierata; ci salutiamo con la promessa di rivederci presto per presentare un tuo nuovo lavoro.

F. Grazie a te caro Dario, e un saluto alle lettrici e Lettori di Detti e Fumetti 

[DARIO SANTARSIERO PER DETTI E FUMETTI – SEZIONE CINEMA- ARTICOLO DELL 11 SETTEMBRE 2024]

A STAR BENE SI IMPARA. DARIO SANTARSIERO intervista l’autrice, la sociologa Chiara Narracci per DETTI E FUMETTI

A star bene si impara!

“In un mondo che viaggia fin troppo velocemente si dimentica spesso di prendersi in considerazione in prima persona e nel presente.”

Ritratto di Chiara di Filippo Novelli

Care Lettrici e Lettori di Detti e Fumetti vorrei presentarvi Chiara Narracci, sociologa; con lei parleremo del suo libro “A star bene si impara!” Edizioni G.A.Z.. Prima però, due righe di presentazione. Nata a Roma l’08/04/76, ti sei laureata in Sociologia a La Sapienza, hai due master in Consulenza e in Mediazione Familiare, collabori con: il consultorio Centro la Famiglia al Vicariato da 20 anni e con diversi avvocati matrimonialisti. Sei responsabile di diversi sportelli d’ascolto nelle scuole. Docente di Sociologia della famiglia nelle varie sedi italiane della Sicof [Scuola Italiana Consulenti della Coppia e della Famiglia].

Autrice dei seguenti libri: la grande abbuffata, pubblicato con la Regione Sicilia; le favole di Pietro, edizioni progetto cultura; le favole di Bruno, edizioni progetto cultura; le favole di Elena, edizioni progetto cultura.

Il libro di Chiara Narracci “A star bene si impara!” suggerisce come gestire le nostre emozioni e tentare di risolvere al meglio le proprie insicurezze e paure in tutti i campi della nostra vita, che minano il nostro equilibrio sia psichico che fisico. Nella seconda parte del libro, Chiara indica, tramite le favole, dedicate ai propri figli, come i miti e le leggende, ci aiutano ad accogliere e normalizzare le resistenze e le credenze cognitive.

D. Allora Chiara, come mai hai sentito l’esigenza di scrivere “A star bene si impara!”?

C. Per sfatare diversi pregiudizi che ci bloccano nella crescita personale, portandoci a vivere trascinando i piedi…

troppe volte sento affermazioni tipo: le persone non cambiano, al massimo peggiorano! O anche: sono fatto così! 

Di qui l’idea della copertina, dove la pecora Rosa è colei che ha imparato a conoscersi e a volersi bene pertanto sceglie consapevolmente come gestirsi nelle varie situazioni.

D. Perché Conoscere la propria storia di vita e le relative dinamiche relazionali è fondamentale?

C. Ognuno di noi costruisce la propria peculiare storia di vita, in base a come viene più spesso definito dalle figure di riferimento… conoscere come ci siamo strutturati; comprendere come funzioniamo nelle dinamiche interne e relazionali; perdonare le mancanze ricevute ed imparare a compensare da soli

È la strada per la libertà di scegliere quali condizionamenti ricevuti fare propri, perché buoni per noi e quali lasciare andare.

È l’ignorare che ci porta a subire noi stessi e a farci sentire vittime degli altri e degli eventi… possiamo però imparare a gestire il nostro mondo emotivo.

D. Nella tua lunga esperienza come consulente e mediatore familiare, affermi che ciò che ci destabilizza ad ogni età è il mondo emotivo; ce ne vuoi parlare?

C. Grazie all’analisi transazionale di Berne compresi che il mondo emotivo è fermo all’infanzia e che l’imprinting emotivo ha effetti anche sui comportamenti associati alle varie emozioni che adottiamo nel presente. 

Esser consapevoli che gli eventi di oggi sono tanto destabilizzanti perché a percepire la realtà è il bambino che eravamo e non l’adulto che siamo diventati aiuta a ricentrarsi velocemente. Come? Leggi il libro! [Sorride N.D.S.]

D. Quanto la comunicazione influisce sul nostro vissuto?

C. Moltissimo perché le parole deformano, definiscono e limitano la percezione della realtà esterna e interna, se un bambino viene spesso definito pigro si convincerà di esserlo e metterà in scena atteggiamenti in linea con questa etichetta pur di sentirsi considerato. 

Pertanto, conoscere le proprie etichette, comprenderne il peso avuto e scegliere di non metterle in scena è liberatorio.  

D. Nel libro indichi quali sono le regole di base della comunicazione e quali sono gli errori da evitare; ce ne puoi anticipare qualcuno?

C. Penso agli out-out! A tutte le volte che esasperati dall’atteggiamento disturbante di qualcuno gli intimiamo di cambiare pena il perderci… non funzionano! Nella migliore delle ipotesi producono un cambiamento momentaneo dettato dalla paura non dall’amore.

Sono convinta che l’unica leva che funzioni sia l’amore: il mettere in evidenza ciò che amiamo dell’altro, ci aiuta ad esempio ad avere maggior tolleranza verso ciò che ci piace di meno, portandoci ad ingentilire le etichette: un conto è dire ad un figlio, spesso e volentieri, che è un bugiardo, un conto è rimandargli che ha molta fantasia!

D. perché le favole hanno un significato socio pedagogico?

C. Le favole come i miti e le leggende si rivolgono direttamente al mondo emotivo, che come ho accennato e’ fermo all’infanzia pertanto ci livellano tutti ad un comune sentire bypassando le resistenze cognitive e culturali.

Con le favole si esplora il mondo emotivo e lo si normalizza consentendoci di accettarlo come parte di noi e della nostra storia.

Solitamente da adulti quando siamo in preda a forti emozioni ci giudichiamo come inadeguati portandoci a sentirci ancor più destabilizzati, la chiave invece è nel guardare al bambino che eravamo con tenerezza e tranquillizzarlo… per poi godere delle nostre risorse da adulti per gestirci al meglio nel presente.

D. Bene. Cara Chiara, sicuramente hai stimolato i nostri lettori a leggere il tuo libro “A star bene si impara!” G.A.Z. edizioni. Ed approfondire così il tema dell’emotività interiore.

C. Un saluto a te e alle lettrici e lettori di Detti e Fumetti

[WILLY ALIAS DARIO SANTARSIERO PER DETTI E FUMETTI- SEZIONE LETTERATURA- ARTICOLO DEL 4 SETTEMBRE 2024]